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Aleotti ad Avvenire: su lavoro e crescita necessaria una visione ampia

 
Dal punto di vista economico l'Italia “tiene botta”. Tuttavia “non dobbiamo accontentarci di uno zero virgola in più di altri, ma cambiare la prospettiva con cui guardiamo alle questioni” così la vice presidente per il Centro Studi, Lucia Aleotti, in un’intervista ad Avvenire. “Nel dopo pandemia il nostro sistema ha dato prova di grande capacità di reazione. Ma il mondo continua ad accelerare e ha bisogno di risposte rapide: non è un caso se come Confindustria sosteniamo il più possibile il sistema di formazione di terzo livello degli Its, e sempre di qui nasce anche l'esigenza di lavoratori qualificati provenienti dall'estero che, tengo a sottolineare, non hanno nulla a che vedere con l'immigrazione illegale. E aggiungo anche quanto sia importante la capacità di lavorare con donne e di accettare una leadership che sia anche al femminile, altrimenti per cercare un'integrazione finiamo per perderne un'altra”.

Aleotti sul tema formazione dei lavoratori stranieri ha citato alcune iniziative esemplari: “come quella condotta da Confindustria Alto Adriatico con i Salesiani in Ghana. Il valore aggiunto è nell'organizzazione di tutto il processo, che può essere governato al meglio là dove mira a formare persone su competenze specifiche che, solo una volta acquisite, si farebbero spostare”.

In ogni caso “quella del lavoro è solo una faccia del problema: se non cresceremo come Paese e come Europa, non solo non avremo bisogno della risorsa degli immigrati ma dovremo anche gestire crisi gigantesche, nelle nostre industrie e sul sistema di welfare. Manca una visione europea che non viva per regolare la sfida tra Italia, Germania o Francia. Questa è una visione riduttiva e anacronistica, perché la vera competizione per le aziende europee è verso quelle cinesi o americane. L'Italia, a partire dalle sue imprese, ormai è responsabile solo marginalmente dei suoi successi o dei suoi ritardi”.

“Come italiani – ha ribadito la vice presidente - dobbiamo imparare a ragionare, e possibilmente a incidere, in ottica europea, perché è qui che si prendono le decisioni. La mia impressione è che ci ricordiamo dell'Europa solo nei momenti sbagliati, o quando vogliamo farcene scudo per assumere decisioni impopolari. E intanto subiamo l'introduzione di alcune norme che ci stanno uccidendo”. Come nell’auto: “mentre noi siamo qui a chiederci come sta l'Italia, se chiuderà a +0,6 o a +0,8% il Pil 2024, c'è un intero settore che a livello continentale sta precipitando: se da noi a giugno la produzione è crollata del 30%, in Germania c'è Volkswagen che intende chiudere tre stabilimenti. E la responsabilità è di quelle regole a cui accennavo prima, che stanno distruggendo non solo le aziende e l'occupazione ma anche la fiducia dei consumatori che non vogliono l'elettrico, e in attesa di capire se qualcosa cambierà si tengono le loro vecchie auto”.

Parlando di Green Deal ha spiegato: “nessuno nega l'emergenza ambientale, anzi. E voglio essere chiara su questo: Confindustria condivide totalmente gli obiettivi, quello che non ci trova d'accordo sono i modi e i tempi per realizzare la transizione ecologica. La politica ambientale europea sta rendendo la vita economicamente insostenibile a tutti: non solo alle aziende, ma anche alle famiglie, alle amministrazioni locali e agli Stati stessi. Non a caso, siamo gli unici ad aver introdotto un quadro normativo così stringente e questo è ancora più incomprensibile se consideriamo che l'Europa emette solo il 7% di CO2 a livello globale”.

“E’ fondamentale – ha sottolineato Aleotti -  avere una visione che consideri l'impatto sulla vita delle persone, invece di chiudersi in se stessa. Perché oggi la competizione si gioca tra aree geografiche e non tra singoli stati. Chi pensa di giocare questa partita da solo, non ce la farà. È la premessa del rapporto di Mario Draghi: se l'Europa non cambia se stessa è destinata a sparire. Dobbiamo capire che quando si parla di competitività non si parla solo di economia o di industria, ma del benessere, in tutti i sensi, che una società è in grado di offrire e delle risorse su cui può contare”.

E sul Pnrr la vice presidente ha concluso: “cominciamo a guardare non solo il posizionamento dell'Italia, peraltro molto buono, nella realizzazione del piano rispetto agli altri partner europei. Altrimenti perdiamo di vista che le scadenze adeguate agli obiettivi, valgono per tutti. L'importante è che tutti i paesi investano tutto il possibile: l'Europa deve essere lucida e oggettiva nel valutare cosa è bene e cosa è male superando vecchie logiche e pregiudizi. Non ce le possiamo più permettere”.
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