Cultura

A Castel Gandolfo il cinema si fa linguaggio di pace con il primo Hallelujah Film Festival

di Redazione
 
A Castel Gandolfo il cinema si fa linguaggio di pace con il primo Hallelujah Film Festival
La pace non nasce da una dichiarazione solenne, né da una data impressa nei calendari. È un orizzonte possibile - e complicato - che va costruito giorno per giorno, intrecciando linguaggi capaci di superare barriere culturali, politiche, religiose. Non bastano i buoni sentimenti: serve un luogo dove l’immaginazione diventa azione, dove l’arte non resta confinata nell’estetica ma si assume la responsabilità di parlare ai conflitti del presente. Ed è proprio a questa ambizione che risponde il primo Hallelujah Film Festival - Simposio Internazionale della Pace, che in questi giorni ha trasformato Castel Gandolfo in un laboratorio culturale globale, un intreccio di cinema, musica, spiritualità e dialogo. L’idea nasce dall’associazione no profit The Artists Club Italia, che vanta esperienza pluriennale tra Italia e Stati Uniti, insieme alla nascente Hallelujah Arts and Sciences Academy. L’obiettivo dichiarato non ha la timidezza dei compromessi: unire arte, cinema e parola in un evento internazionale che “ispiri consapevolezza, dialogo e impegno concreto”. Non un festival autoreferenziale, ma uno spazio aperto a cittadini, studenti, istituzioni, artisti, pensatori. Perché se esiste un linguaggio capace di parlare a tutti, quello è il cinema. Castel Gandolfo, con i suoi luoghi simbolici - il Centro Mariapoli, il Borgo Laudato Si’, la Scuola Paolo VI, le chiese del territorio - fa così da scenario a una settimana di proiezioni, incontri e testimonianze. E la selezione ufficiale degli oltre 300 titoli accreditati su FilmFreeway promette una pluralità di sguardi che attraversano continenti, tradizioni, conflitti, speranze. L’apertura del Festival, in programma dal 6  fino al 13 dicembre, è stata affidata a Don Matteo 15, la serie più amata dal pubblico italiano: un debutto in assoluta anteprima proprio all’HFF. Una scelta che reca in sé un simbolismo evidente: la fiction che da oltre vent’anni racconta moralità quotidiana, ascolto, ironia e umanità diventa il ponte tra generazioni e visioni del mondo. L’ideatore della kermesse, Pascal Vicedomini, lo spiega con una chiarezza che non lascia margini a interpretazioni: “Portare la prima di una fiction così attesa proprio all’esordio dell’HFF sottolinea la credibilità immediata della manifestazione e la sua volontà di inaugurare con un titolo capace di unire qualità narrativa, valori condivisi e grande popolarità”, dice Vicedomini ringraziando: “la direttrice di Rai Fiction Maria Pia Ammirati e la presidente di Luxe Vide Matilde Bernabei per averci concesso questo privilegio”. Perché Don Matteo non è solo intrattenimento: “È un capitolo della cultura popolare italiana che ha attraversato oltre vent'anni di storia accompagnando il Paese con il suo mix unico di leggerezza, moralità quotidiana, ironia e umanità. Fin dalla prima stagione, ogni episodio ha saputo proporre un'idea di comunità fondata sull'ascolto, sul sostegno reciproco e sulla capacità di trovare un senso anche nei conflitti più piccoli. Valori che permettono alla serie di parlare tanto ai più giovani quanto agli adulti. E dunque, presentare in anteprima il primo episodio all'HFF 2025 significa ritrovare luoghi, volti e atmosfere che milioni di spettatori sentono parte della propria quotidianità affettiva. Farlo in un luogo così significativo - conclude Vicedomini - vuol dire creare un'esperienza condivisa che unisce pubblico, territorio e cultura audiovisiva”.

Accanto a Don Matteo, l’inaugurazione vera e propria è stata affidata a “La casa di Ninetta”, il film con cui Lina Sastri rende omaggio alla madre, arricchito dalle musiche di Adriano Pennino. E ancora, un omaggio all’intramontabile musica di Ennio Morricone, attraverso la proiezione di Mission di Roland Joffé, impreziosito da due riconoscimenti ad Andrea Morricone e al flautista Andrea Griminelli. Oggi sarà il turno 8 dicembre, sarà il turno di La vita è bella di Roberto Benigni, opera che nessuna epoca può disinnescare perché racconta il valore salvifico dell’immaginazione anche nelle tenebre. E per celebrare questa eredità musicale, il Festival attribuirà un premio alla cantante Noa, che con Beautiful That Way porta nel mondo l’emozione di Nicola Piovani. Poi, il filo si farà più tagliente, necessario, doloroso: Io Capitano di Matteo Garrone offrirà una riflessione potente sul dramma migratorio dall’Africa; Volevo solo vivere di Mimmo Calopresti restituirà le testimonianze dell’Olocausto senza retorica; Fuocoammare e I viaggi di Papa Francesco di Gianfranco Rosi apriranno feritoie sulla fragilità globale. L’attrice Cristiana Capotondi presenterà Chiara Lubich – L’amore vince sempre, affiancata il giorno seguente da una performance esclusiva della Banda Musicale della Gendarmeria Vaticana. E un incontro interreligioso nella cattedrale di San Pancrazio ad Albano Laziale porterà in scena ciò che troppe volte resta confinato nei desideri: il dialogo tra fedi e tradizioni diverse. Tutto questo, però, non sarebbe credibile se restasse un’esperienza per adulti illuminati. Qui i giovani non sono spettatori: sono protagonisti. Il Festival dialoga con scuole e università, elaborando percorsi di partecipazione reale, anche attraverso i social. Perché se la pace non appartiene alla generazione che invecchia, non può che nascere da quella che cresce. Alla fine ci si accorge che l’Hallelujah Film Festival non è un “contenitore di film”, né una rassegna celebrativa. È piuttosto un modo di dire che la pace si costruisce con l’immaginazione rigorosa; con la cultura che non consola, ma interroga; con la memoria che non paralizza, ma illumina; con la spiritualità che non divide, ma accompagna. La pace, qui, smette di essere un’astrazione poetica e diventa un mestiere quotidiano. E Castel Gandolfo, per otto giorni, sarà il luogo in cui il cinema non dipinge illusioni ma costruisce possibilità. Una di quelle occasioni che non chiedono ottimismo, ma realismo visionario: l’unico realismo che valga la pena praticare.
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