Cultura

Cinquant’anni di Fantozzi: il tragicomico specchio dell'Italia che fu (e che è ancora)

Redazione
 
Cinquant’anni di Fantozzi: il tragicomico specchio dell'Italia che fu (e che è ancora)

Il 27 marzo 1975 segnava un punto di svolta nella storia del cinema italiano: l'uscita di Fantozzi, il film che avrebbe dato il via a un'epopea cinematografica destinata a diventare un culto, un fenomeno sociale, un inno grottesco alla tragicommedia dell'uomo comune. Il ragioniere più sfortunato e vessato d'Italia, nato dalla penna caustica e geniale di Paolo Villaggio, non era soltanto un personaggio comico, ma il simbolo di un'intera classe sociale incastrata nei meccanismi spietati del mondo del lavoro e della burocrazia.

Cinquant’anni di Fantozzi: il tragicomico specchio dell'Italia che fu (e che è ancora)

"Il personaggio più tragico della letteratura italiana", lo definì il suo stesso creatore, cogliendone la profonda dimensione esistenziale. Fantozzi nasce come figura letteraria: le sue disavventure cominciarono sulle pagine de L'Europeo, dove Villaggio raccontava in chiave parodica le proprie esperienze lavorative.

Quei racconti, pubblicati nel romanzo Fantozzi (1971), riscossero un successo inaspettato, tanto da spianare la strada alla trasposizione cinematografica, diretta da Luciano Salce. Da allora, il ragioniere divenne una maschera, un'icona che incarnava il disagio e l'alienazione della piccola borghesia italiana.

Il film nasce in un periodo storico e cinematografico di grande fermento: il 1975 è anche l'anno di Monty Python e il Sacro Graal e Amici miei. Ma se in Inghilterra si rideva con il nonsense e in Italia si sperimentava l'umorismo cinico della commedia all'italiana, Fantozzi si collocava su un piano diverso: una satira feroce della società del tempo, specchio deformante di un Paese in pieno tumulto, tra anni di piombo, crisi economica e conflitti sociali.

Perché il ragionier Ugo Fantozzi è l'archetipo dell'impiegato medio, l'ingranaggio anonimo di una macchina aziendale che lo ignora o lo schiaccia. La Megaditta – mai nominata con un nome specifico – non è un'azienda qualunque: è un totem del potere, un microcosmo disumanizzante in cui il capo è un'entità suprema, inarrivabile, adorata come un semidio dai suoi sottoposti.

Fantozzi non vive, sopravvive. Corre disperatamente per timbrare il cartellino, subisce umiliazioni continue, accetta qualsiasi ordine con un servilismo disperato e autodistruttivo. Il linguaggio burocratico, volutamente contorto e grottesco, è una delle armi principali del film: l'uso storpiato del congiuntivo (venghi, batti, dichi), l'appellativo del capo che diventa Megadirettore Galattico, la surreale sedia in pelle umana, il concetto di salivazione azzerata sono tutti strumenti attraverso cui la realtà viene distorta fino a diventare un incubo kafkiano.

E nel mondo di Fantozzi, la verità non esiste: esiste solo quella imposta dai potenti. Come spiega cinicamente un dirigente nel secondo film della saga: "Ma, caro Fantozzi, è solo questione d'intendersi, di terminologia. Lei dice 'padroni' e io 'datori di lavoro', lei dice 'sfruttatori' e io dico 'benestanti', lei dice 'morti di fame' e io 'classe meno abbiente'. Ma per il resto, la penso esattamente come lei".

In questo scenario, Fantozzi sa di essere irrilevante. Lo dimostra l'episodio in cui rimane chiuso nel bagno dell'azienda per diciotto giorni senza che nessuno si accorga della sua assenza. La sua ossessione è non risultare improduttivo, ma ogni suo tentativo di elevarsi viene frustrato: non importa quanto si impegni, sarà sempre destinato alla sconfitta. Questa consapevolezza si traduce in un servilismo ostinato e quasi masochista, un disperato tentativo di rendersi utile per evitare di essere espulso dal sistema. Anche in famiglia, il povero ragioniere non se la passa troppo bene.

Il suo potere è limitato alle piccole cose: il possesso del telecomando, il ruolo di padrone della casa e sullo sfondo l'illusione di una virilità sempre più sbiadita. Sua moglie Pina è una presenza materna, ma rassegnata, mentre la figlia Mariangela è fonte di vergogna e frustrazione, un ulteriore simbolo del fallimento paterno. Una disfatta su tutti i fronti, insomma, che lo vede rassegnato anche se, pur non essendo di certo un eroe, ogni tanto tenta una flebile ribellione, destinata peraltro al fallimento. E così in uno dei momenti più celebri trova finanche il coraggio di esprimere il suo pensiero durante una proiezione aziendale del film sovietico La corazzata Potėmkin: "una cagata pazzesca". Il risultato? 92 minuti di applausi da parte dei colleghi e una punizione immediata per lui.

Una scena, questa, che sebbene apparentemente comica rappresenta in realtà una metafora della condizione dell'operaio e dell'impiegato medio: l'illusione della libertà di pensiero esiste solo fino a quando non si mette in discussione l'ordine costituito. Insomma, la ribellione di Fantozzi è una farsa, un atto simbolico che non porta a nulla e dove ogni tentativo di riscatto viene stroncato sul nascere perché il sistema non lascia scampo ai suoi subalterni.

A bene vedere, a distanza di cinquant’anni suonati il mondo di Fantozzi non è poi così lontano da quello attuale. Se ieri l'incubo era il cartellino da timbrare e il capo dispotico, oggi lo sono le mail fuori orario, il precariato, la competizione feroce tra colleghi. Il tutto condito da un tremendo senso di frustrazione, dalla difficoltà di conciliare vita privata e lavoro e soprattutto dal sentirsi perennemente inadeguati. Ecco perché parlare ancora oggi di Ugo Fantozzi non è solo un esercizio di stile o di nostalgia, ma un modo per capire come siamo arrivati fin qui e per riconoscere che, in fondo, la vera tragedia non è tanto essere Fantozzi, ma non accorgerci di esserlo.

  • villa mafalda 300x600
  • PP evolution boost estivo giugno 2024
Rimani sempre aggiornato sulle notizie di tuo interesse iscrivendoti alla nostra Newsletter
Notizie dello stesso argomento
Addio a Richard Chamberlain, l’indimenticabile Padre Ralph che fece innamorare milioni di donne
31/03/2025
Redazione
Addio a Richard Chamberlain, l’indimenticabile Padre Ralph che fece innamorare milioni di ...
UniCredit è ancora Main Partner dell'Arena Opera Festival e lancia le iniziative U30 e U Are Invited
28/03/2025
Redazione
UniCredit è ancora Main Partner dell'Arena Opera Festival e lancia le iniziative "U30" e "...
Il ritorno della macchina per scrivere: un'elegia di tasti e ingranaggi
28/03/2025
Redazione
Il ritorno della macchina per scrivere: un'elegia di tasti e ingranaggi
L'arte come evasione: il viaggio di Htein Lin dalla prigionia alla libertà espressiva
27/03/2025
Barbara Leone
L'arte come evasione: il viaggio di Htein Lin dalla prigionia alla libertà espressiva