Il World Pizza Day si festeggia il 17 gennaio, lo stesso giorno di sant’Antonio Abate. Cosa c'entra il Pizza Day con un santo? Si tratta di una scelta tra sacro e profano che rende onore a entrambi. Antonio Pace, presidente dell’Associazione Verace Pizza napoletana, spiega: «Abbiamo recuperato una tradizione delle antiche famiglie delle pizzerie napoletane che, fino al 1924-1925, ogni 17 gennaio facevano mezza giornata di lavoro e poi se ne andavano in gita fuori porta in un ristorante che era a Capodimonte, Colli Aminei, e lì festeggiavano sant’Antonio accendendo un falò». Infatti, sin dall’inizio del secolo scorso e fino a una cinquantina di anni fa, le famiglie dei pizzaioli napoletani erano solite chiudere le loro pizzerie in questa giornata per celebrare il loro santo protettore, sant’Antonio, il santo del fuoco, protettore dei fornai, attorno a un grande fuoco propiziatorio: il legame tra sant’Antonio Abate e il fuoco è indissolubile. La leggenda narra che un giorno il santo andò in visita all’inferno, dove ha rubato una scintilla del fuoco eterno e l’ha nascosta nel cavo spugnoso del suo bastone. Poi, una volta tornato a rivedere le stelle, l’ha regalata agli uomini, che da quel giorno hanno cominciato a cuocere il cibo e a scaldarsi, uscendo dall’ancestrale povertà cavernicola.
Il 17 gennaio si celebra Sant'Antonio Abate e pure il Pizza Day: ecco il motivo
Tornando a Napoli, a quei tempi, non era difficile organizzarsi, perché tutti avevano vicino un forno a legna e accanto un’immagine del Santo, che ancora oggi è possibile trovare in alcune pizzerie storiche della città. Tra l’altro esiste un proverbio che recita: Chi festeggia sant’Antuono, tutto l’anno ‘o pass’ bbuon. A coronamento della venerazione per il Santo non può mancare la pizza in suo onore: gli ingredienti richiamano tutti gli attributi simbolici del patrono. Il rosso acceso del pomodoro, il gusto bruciante del peperoncino, la salsiccia o il salamino piccante. Dato che sant’Antonio è stato il fondatore del monachesimo cristiano, nonché il primo degli abati, per l’ingrediente finale è stato scelto simbolicamente il Provolone del Monaco DOP, particolare formaggio semiduro a pasta filata prodotto sui Monti Lattari nell’area della Penisola Sorrentina.
Intanto, come conferma un’indagine Coldiretti-Ixe, diffusa proprio in occasione della Giornata internazionale, in Italia la pizza continua a essere una vera mania: il 40% delle famiglie la prepara addirittura in casa, magari ricorrendo all'uso di farine speciali o di ingredienti gourmet. Un simbolo dell'Italia a tavola conosciuto in tutto il mondo, per un fatturato globale in costante crescita, tanto da aver raggiunto nel 2024 il valore record di circa 160 miliardi di euro, secondo un'elaborazione Coldiretti su dati Vpa Research. Se si guarda al dato italiano, nel complesso la pizza genera un fatturato per oltre 15 miliardi di euro, come sottolineato da Coldiretti. L'occupazione nel settore riguarda più di 100.000 lavoratori a tempo pieno, cifra che sale a 200.000 durante i weekend. Ogni anno in Italia vengono prodotte 2,7 miliardi di pizze, il che implica un consumo annuo di 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio d'oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro. La passione per la pizza, nata a Napoli, è comunque ormai un fenomeno globale tanto che, nel dicembre 2017, l'Arte dei Pizzaiuoli napoletani è stata inserita nella lista del patrimonio culturale immateriale dell'umanità dall'Unesco, riconoscendo così il legame profondo tra questa tradizione e la cultura italiana. Nel resto del mondo, gli Stati Uniti detengono il primato dei consumatori, con 13 chili pro capite all'anno, mentre in Europa sono gli italiani a guidare la classifica, con 7,8 chili annui. Seguono gli spagnoli con 4,3 chili, i francesi e i tedeschi con 4,2, i britannici con 4, i belgi con 3,8, i portoghesi con 3,6 e infine gli austriaci con 3,3 chili annui.