Economia

Unimpresa: vertice a Roma conferma ruolo strategico Italia, ma servono riforme interne

Redazione
 
Unimpresa: vertice a Roma conferma ruolo strategico Italia, ma servono riforme interne

Il trilaterale svoltosi nella Capitale tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il senatore statunitense J.D. Vance e la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, in occasione dell’inizio del pontificato di Papa Leone XIV è stato accolto da Unimpresa come una chiara conferma del posizionamento strategico dell'Italia nei rapporti tra Washington e Bruxelles.

Unimpresa: vertice a Roma conferma ruolo strategico Italia, ma servono riforme interne

È un segnale importante”, sottolinea il presidente Giovanna Ferrara (in foto) evidenziando che “In una fase attraversata da profonde tensioni – dalla guerra in Ucraina alla transizione energetica, dalle sfide tecnologiche alla competizione geopolitica globale – la presenza dell’Italia al centro del dialogo euro-atlantico è un’opportunità, ma anche una responsabilità. Per le nostre imprese, soprattutto per quel tessuto produttivo di piccole e medie aziende che rappresentiamo, questo posizionamento può tradursi in nuovi spazi di mercato, in maggiori investimenti e in politiche economiche più favorevoli. Ma non può bastare la cornice: occorre che l’Italia rafforzi il proprio sistema industriale, renda più accessibile il credito, riduca la pressione fiscale e migliori le infrastrutture materiali e immateriali. In un tempo in cui le alleanze contano più dei confini, il nostro Paese può tornare a essere una piattaforma di cooperazione tra due mondi affini, ma a volte distanti. Serve lucidità politica e visione economica. E serve anche ascolto delle istanze che arrivano dai territori, dalle categorie produttive, da chi ogni giorno crea occupazione e ricchezza. Continueremo a svolgere il nostro ruolo di proposta e di stimolo, con spirito costruttivo. Perché la diplomazia tra le cancellerie sia accompagnata da un’economia concreta e inclusiva, capace di offrire stabilità e sviluppo a cittadini e imprese”.

Secondo il Centro studi di Unimpresa, sul piano economico, il rafforzamento del dialogo tra Stati Uniti e Unione Europea – con l’Italia in posizione mediana – può avere ricadute significative su più fronti. In primo luogo, la convergenza regolatoria tra le due sponde dell’Atlantico, specie in ambiti come la digitalizzazione, la transizione green e la sicurezza energetica, potrebbe favorire l’accesso ai mercati per le imprese italiane, riducendo barriere tecniche e favorendo una maggiore interoperabilità normativa.

Il potenziale di questo asse è confermato dai dati dell’interscambio commerciale: nel 2023 l’interscambio tra Italia e Stati Uniti ha raggiunto i 92 miliardi di euro, con un surplus commerciale per il nostro Paese di oltre 34 miliardi. Solo nel settore manifatturiero avanzato (macchinari, apparecchiature elettriche, prodotti chimici), le esportazioni italiane verso gli Usa sono cresciute del 12% su base annua. In parallelo, gli investimenti diretti statunitensi in Italia ammontano a oltre 34 miliardi di euro, con circa 140.000 addetti impiegati in aziende a capitale americano.

In secondo luogo, la cooperazione transatlantica può accelerare la costruzione di catene del valore più resilienti, meno dipendenti da paesi terzi e più integrate tra manifattura europea e innovazione americana. Oltre il 20% del valore aggiunto nelle esportazioni italiane proviene da input importati, segno di una forte interconnessione internazionale che potrebbe essere meglio consolidata in un quadro transatlantico di alleanza produttiva. L’interlocuzione diretta tra Roma, Bruxelles e Washington potrebbe incidere anche su politiche fiscali e monetarie.

Negli Stati Uniti, l’Inflation Reduction Act ha già messo sul piatto oltre 370 miliardi di dollari per transizione energetica e manifattura green, mentre l’Ue, attraverso il Green Deal Industrial Plan e il Net-Zero Industry Act, punta a mobilitare 225 miliardi di euro. L’Italia, per intercettare queste traiettorie, dovrà accelerare sulla realizzazione del Pnrr (ancora sotto il 40% delle risorse effettivamente spese rispetto al totale disponibile) e rafforzare il dialogo strategico con entrambe le sponde dell’Atlantico.

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