I grandi maestri russi degli scacchi - anche se non sempre allineati con lo ''zar'' di turno -, quelli che hanno fatto storia e leggenda dello sport, sarebbero orgogliosi di Vladimir Putin che, a conclusione della lunga telefonata con Donald Trump, ha dato al mondo l'impressione di essere pronto alla pace, magari passando per un cessate il fuoco, ma ponendo delle condizioni che, ad oggi, appaiono inaccettabili da parte di Kiev.
L'analisi - Nel confronto con Trump, Putin ha vinto ai punti
Già appena poche ore dopo la conclusione formale del contatto telefonico (e quindi non sapendo se le due diplomazie si fossero già messe al lavoro, silenziosamente, per limare quanto i due leader si erano detti e convenuto) è apparso chiaro che non c'è stato un vincitore chiaro.
Perché quello che, tendenzialmente nelle analisi dei politologi, partiva da una posizione di svantaggio negoziale - Vladimir Putin -, ha ribaltato il tavolo, alzando un fumo di parole e mezze promesse e confermando l'idea che, durante una trattativa, non sempre le parole hanno il significato che viene attribuito loro dal vocabolario.
Quindi, parlare di un cessate il fuoco si poteva e doveva fare, ma nel momento in cui Putin ha messo dei paletti che, più che di recinsione, parevano infilati nel petto del ''vampiro'' Zelensky, tutto è apparso drammaticamente chiaro, rendendo meno certe le fanfare della propaganda, da una parte e dall'altra.
Il risultato è che, pure se Trump ha scritto cose bellissime (su di sé, prima ancora che sul colloquio), la telefonata tra i due capi di Stato non ha avuto i risultati che si speravano alla vigilia, ma ha anche reso chiaro che una soluzione negoziale al conflitto è distante.
Perché se sono stati presentati come successi della strategia di Trump cose come un cessate il fuoco di poche settimane, uno scambio di prigionieri (una goccia numerica nel mare del problema), ulteriori colloqui e persino una partita ad hockey su ghiaccio tra le rappresentative nazionali di Stati Uniti e Russia, allora significa che la trattativa non è entrata nell'ultimo chilometro, anzi tutto il contrario.
Ridurre gli sforzi della diplomazia americana (che è quella che si è spesa di più) a pochi elementi marginali può essere letto in tanti modi. Anche se quello prevalente tra i politologi americani è che la telefonata di ieri ha scoperto il bluff di Trump che non aveva in mano le carte per vincere la partita o, almeno, togliere molte fiches a Putin.
Poi, a volere fare le pulci alla comunicazione di Trump sull'esito della telefonata, vedere messi insieme, come parte importante di un ''accordo'', le infrastrutture e l'energia è un controsenso che, sebbene alimenti le speranze della gente comune (gli ucraini), fa sorridere gli esperti di faccende strategiche.
Per tutti, basti solo pensare che è ben difficile ritenere che Mosca abbia accettato di sospendere gli attacchi alle strutture energetiche dell'Ucraina, dopo averne fatto, sin dall'inizio del conflitto, bersaglio quotidiano dei suoi proiettili e razzi. E poi, cosa si intende per infrastrutture, posto che, ad esempio, ponti e strade fanno parte del sistema di difesa ucraino (agevolando lo spostamento delle truppe) e che la Russia non si può permette di ''ignorare'' sia pure per un mese?
E poi c'è un altro aspetto che, taciuto dalle fonti ufficiali, deve essere tenuto in considerazione: uno stop agli impianti energetici oggi, per puro paradosso, danneggerebbe più Kiev di Mosca perché negli ultimi mesi i droni ucraini hanno ripetutamente colpito e danneggiato raffinerie ed oleodotti russi, infliggendo una ferita all'apparato industriale forse ben più profonda di quelle subite dall'Armata Rossa.
Poi come si possono intendere come una chiara volontà di arrivare ad un accordo le condizioni poste da Putin?
Perché pretendere, come lui ha fatto, che si interrompano le forniture militari a Kiev così come l'aiuto delle intelligence occidentali a Kiev è un modo per rendere ancora più tortuosa la strada verso la pace. Sempre che, a questo punto dl conflitto, sia questo l'obiettivo primario di Putin.
Oggi, per Trump e i suoi collaboratori, è il momento delle riflessioni, perché se il presidente americano pensava di battere Putin sul terreno dell'astuzia, si deve ricredere, perché, ai punti, ha vinto lo Zar che vede il conflitto in Ucraina come il primo passo per riaffermare la potenza della Russia.