L’incontro alla Casa Bianca tra Donald Trump e Benjamin Netanyahu ha monopolizzato l’attenzione dei media internazionali. Secondo quanto riportato dalla CNN, il presidente americano è uscito dai colloqui con il primo ministro israeliano dichiarando che “la fine della guerra a Gaza è più vicina che mai”, grazie all’accettazione da parte di Netanyahu di un piano articolato in 20 punti che fissa i parametri di un cessate il fuoco.
World Media Headlines: Trump e Netanyahu rilanciano il piano di pace per Gaza
Resta però l’incognita più grande: l’approvazione di Hamas, che in passato ha già respinto alcune delle clausole oggi riproposte. Nonostante l’incertezza, Trump è apparso fiducioso, ribadendo durante la conferenza con Netanyahu che “siamo più che vicini” alla fine di un conflitto che da quasi due anni devasta la Striscia e ha provocato decine di migliaia di vittime.
Il piano prevede il rilascio di tutti gli ostaggi israeliani, vivi o morti, entro 72 ore dall’accettazione pubblica dell’intesa. Un punto che, come hanno sottolineato sia Trump che Netanyahu, rende cruciale la risposta del movimento islamista, avvertito anche delle “gravi conseguenze” in caso di rifiuto. “Se Hamas respinge il suo piano – ha ammonito il premier israeliano – Israele finirà il lavoro da solo. Questo può essere fatto nel modo più facile o nel modo più difficile, ma sarà fatto”.
La BBC ha evidenziato alcuni dettagli chiave del documento, tra cui la creazione di un “Consiglio per la pace” internazionale che includerebbe l’ex primo ministro britannico Tony Blair, ma anche il fermo rifiuto di Netanyahu di accettare l’ipotesi di uno Stato palestinese. Hamas, riferisce il corrispondente Rushdi Abualouf da Gaza, starebbe analizzando il testo “in buona fede”, ma non è esclusa una risposta condizionata, una sorta di “sì, ma”.
L’accoglienza da parte dei leader europei e mediorientali è stata generalmente positiva, sebbene – come ha osservato il corrispondente Tom Bateman – il piano non rappresenti ancora una proposta dettagliata per una vera pace. Intanto, Israele ha proseguito la sua offensiva sulla Striscia, dichiarando di aver colpito 160 obiettivi solo nella giornata di lunedì. Sul fronte delle reazioni, la CNN ha registrato la dura condanna della Jihad islamica palestinese, che ha definito la proposta “una ricetta per un’esplosione regionale” e “un’aggressione continua contro il popolo palestinese”.
Allo stesso tempo, il forum delle famiglie degli ostaggi ha sollecitato il governo israeliano a “procedere ora o mai più”, accusando Netanyahu di sabotare le trattative e ostacolare la fine della guerra. Per Trump, riuscire a chiudere questo conflitto rappresenterebbe una vittoria diplomatica personale di portata storica, con l’eco di un possibile allargamento degli Accordi di Abramo e la prospettiva di un riconoscimento internazionale come mediatore di pace. Ma l’ostacolo principale resta Hamas, e con esso le divisioni politiche interne in Israele: gli alleati di estrema destra di Netanyahu, Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, hanno minacciato di far cadere il governo se il premier accetterà clausole già respinte in passato, come un ruolo futuro dell’Autorità Nazionale Palestinese a Gaza.
In Europa intanto cresce l’allarme sicurezza. Il Guardian ha raccontato come la Commissione europea si riunisca oggi in formato “security college”, con la presenza del nuovo segretario generale della NATO, Mark Rutte, per affrontare il tema delle incursioni di droni nello spazio aereo europeo. Episodi che negli ultimi giorni hanno causato disagi nei Paesi nordici e che seguono altre violazioni già denunciate da Polonia ed Estonia, dove oltre venti droni e tre caccia MiG russi hanno attraversato i confini. “L’Europa deve dare una risposta forte e unita”, ha dichiarato a Bruxelles Ursula von der Leyen, confermando l’impegno a costruire un “muro dei droni” per proteggere i cieli del continente.
Lo stesso Rutte ha parlato di “atti sconsiderati e inaccettabili”, chiarendo che in Polonia ed Estonia la responsabilità è chiaramente russa, mentre sulle incursioni in Danimarca si attendono ancora conferme. La presidente della Commissione ha colto l’occasione per ribadire il sostegno a Kiev, lodando la capacità di resistenza dell’Ucraina e annunciando nuovi finanziamenti: due miliardi di euro in droni, sostenuti anche attraverso un meccanismo di “prestiti di riparazione” che verranno rimborsati con i beni russi congelati.
L’Unione, ha spiegato von der Leyen, intende utilizzare parte dei prestiti per rafforzare l’industria europea della difesa, vincolando gli appalti al mercato interno. “Non si tratta di sequestrare beni – ha puntualizzato – ma di rendere la Russia responsabile dei danni causati”. Intanto procede anche il nuovo pacchetto di sanzioni: il diciannovesimo contro Mosca, che Bruxelles considera uno strumento fondamentale per mantenere alta la pressione.