Esteri

World Media Headlines - Verso il vertice in Alaska: Zelensky a Londra mentre Trump valuta concessioni a Putin

Barbara Leone
 
World Media Headlines - Verso il vertice in Alaska: Zelensky a Londra mentre Trump valuta concessioni a Putin

Alla vigilia del vertice in Alaska tra Donald Trump e Vladimir Putin, la tensione internazionale sale di grado Secondo Reuters, Volodymyr Zelensky è atteso a Londra per un colloquio con il primo ministro britannico Keir Starmer, in un passaggio cruciale di diplomazia preventiva. Il vertice tra Donald Trump e Vladimir Putin, in programma in Alaska, si annuncia infatti come uno dei momenti più delicati della stagione geopolitica.

World Media Headlines - Verso il vertice in Alaska: Zelensky a Londra mentre Trump valuta concessioni a Putin

Il presidente americano avrebbe affidato al presidente polacco Andrzej Nawrocki il compito di sostituire Donald Tusk in un incontro previsto in Ucraina, segno che la partita diplomatica si gioca su più tavoli contemporaneamente. Il Daily Telegraph svela retroscena che lasciano intravedere un’agenda americana pronta a concedere aperture significative alla Russia.

Fonti vicine all’amministrazione parlano di un pacchetto di “opportunità di guadagno” per Putin: tra queste, l’accesso alle risorse naturali dell’Alaska, un alleggerimento delle sanzioni statunitensi sull’industria aeronautica russa e persino il via libera allo sfruttamento dei minerali rari presenti nei territori ucraini occupati da Mosca. Scott Bessent, segretario al Tesoro USA, starebbe aggiornando in queste ore i membri chiave dell’amministrazione Trump sulle possibili implicazioni di un accordo, rivedendo al contempo le tariffe commerciali imposte a Mosca. L’obiettivo, riferisce il quotidiano britannico, sarebbe quello di accelerare un’intesa di cessate il fuoco, condizionandola però a ritorni economici reciproci.

Intanto in Medio Oriente, l’emergenza umanitaria nella Striscia di Gaza si aggrava di ora in ora. Come riporta la BBC, oltre 100 organizzazioni umanitarie, tra cui Oxfam e Medici Senza Frontiere, hanno firmato una lettera aperta in cui chiedono a Israele di fermare quella che definiscono la “militarizzazione degli aiuti”. Secondo queste ONG, da marzo le autorità israeliane avrebbero introdotto regole così restrittive da impedire l’accesso agli aiuti, con la conseguenza che “ospedali restano senza forniture di base e bambini, anziani e disabili muoiono di fame e di malattie prevenibili”.

La lettera denuncia che le richieste di ingresso per decine di carichi di beni salvavita sono state respinte, solo a luglio oltre 60 volte. Israele respinge le accuse, sostenendo che le nuove normative servono a garantire che gli aiuti raggiungano direttamente la popolazione e non vengano intercettati da Hamas. Haaretz riferisce che un’indagine dell’IDF, volta a smentire le accuse di carestia indotta, ha concluso che alcuni dei morti per malnutrizione soffrivano di patologie pregresse. Ma per diversi esperti, i dati forniti confermano invece che la popolazione è sottoposta a un deficit alimentare grave e diffuso.

Sul fronte interno, la politica israeliana continua a dividersi: il leader del partito democratico Yair Golan definisce il “rifiuto militare” come “ultima risorsa”, mentre prosegue la mobilitazione degli attivisti per un accordo sugli ostaggi, che ora sollecitano anche i leader aziendali a unirsi a uno sciopero nazionale. Nel frattempo, Al Jazeera riporta che nella sola giornata di mercoledì almeno 100 palestinesi sono stati uccisi negli attacchi israeliani. Il nord dell’enclave, secondo i giornalisti sul posto, appare ormai come una “terra desolata senza vita”. Il Ministero della Salute di Gaza ha confermato la morte per fame di altre otto persone, tra cui tre bambini, portando a 235 il bilancio delle vittime per denutrizione, di cui 106 minori.

Nel frattempo ieri, come rivela la CNN, la USS Higgins (DDG 76), cacciatorpediniere lanciamissili della Marina statunitense, ha condotto una “Freedom of Navigation Operation” (FONOP) nei pressi della contesa Scarborough Shoal, a soli 222 chilometri a ovest dell’isola filippina di Luzon. L’operazione è avvenuta due giorni dopo un episodio già ad alta tensione: la collisione di due navi militari cinesi mentre inseguivano una nave della Guardia costiera filippina nella stessa area.

La risposta cinese non si è fatta attendere: Pechino ha accusato Washington di violare la sovranità territoriale cinese. Ma la Marina statunitense, per voce della portavoce della 7ª Flotta, tenente Sarah Merrill, rivendica la piena legittimità dell’azione in base al diritto internazionale, sottolineando che l’operazione mirava a “rivendicare i diritti e le libertà di navigazione” in un tratto di mare strategico. Scarborough Shoal, conteso tra Cina, Filippine e Taiwan, è considerato un banco di prova della proiezione marittima cinese nel Pacifico. Secondo l’Asia Maritime Transparency Initiative, Pechino mantiene una presenza costante della propria Guardia costiera nelle vicinanze sin dal 2012, esercitando di fatto un controllo diretto.

Le tensioni sono alimentate anche da divergenze legali: Cina e Taiwan richiedono una notifica preventiva per l’ingresso di navi da guerra straniere nelle acque adiacenti, mentre le Filippine non impongono tale requisito. Washington giudica questa pretesa contraria alle norme sul “passaggio inoffensivo” sancite dal diritto marittimo internazionale. Merrill ha anche smentito categoricamente le dichiarazioni del Comando del Teatro Meridionale cinese, secondo cui la nave americana sarebbe stata “rintracciata, monitorata, avvertita ed espulsa”: “La dichiarazione della Cina è falsa”, ha affermato alla CNN. Sul fronte interno americano, il Washington Post scrive che la capitale si prepara a un incremento massiccio della presenza della Guardia Nazionale, nell’ambito di un’estensione dello stato di emergenza voluta da Trump. La Casa Bianca ha annunciato che le operazioni diventeranno continuative, 24 ore su 24, 7 giorni su 7.

Sul fronte della guerra commerciale, intanto, secondo Reuters, gli investitori cinesi stanno puntando sull’Indonesia per aggirare i dazi statunitensi, approfittando al tempo stesso di un mercato locale in rapida crescita. Un riposizionamento strategico che evidenzia come le tensioni commerciali tra Washington e Pechino continuino a ridefinire le rotte degli investimenti globali. Sui mercati europei, sempre Reuters segnala un ritorno di fiducia: gli indici hanno raggiunto i massimi delle ultime due settimane, sostenuti da utili aziendali robusti e dati macroeconomici solidi.

La percezione diffusa è che la Banca Centrale Europea manterrà i tassi di interesse “più alti per più tempo”, una linea che sembra ormai metabolizzata dagli investitori. Nel settore delle materie prime, il litio vive un rally che offre respiro ai minatori australiani reduci da mesi difficili. E sul fronte delle criptovalute, il Bitcoin segna un nuovo record, spinto dalle scommesse su un possibile allentamento della politica monetaria della Federal Reserve, aggiungendo un ulteriore elemento di volatilità ai mercati globali.

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