Foto: Gage Skidmore - CC BY-SA 2.0
In primo piano su tutti i media internazionali gli Stati Uniti, dove Charlie Kirk, attivista politico conservatore e co-fondatore dell’organizzazione Turning Point USA, è stato assassinato durante un evento pubblico presso la Utah Valley University. Secondo quanto riportato dalla CNN, l’uomo armato avrebbe sparato da un tetto vicino in quello che le autorità hanno definito un “attacco mirato”.
Usa, ucciso l’attivista conservatore Charlie Kirk. Trump: “Un martire della libertà”
Il Dipartimento di Pubblica Sicurezza dello Utah, che sta guidando le indagini insieme all’FBI, ha spiegato che al momento non è possibile fornire ulteriori dettagli per proteggere l’integrità dell’inchiesta. Due persone inizialmente fermate come sospette sono state rilasciate, mentre la caccia all’assassino prosegue. L’FBI, attraverso un comunicato diffuso anche sul social X, ha chiesto ai cittadini di inviare foto o video dell’accaduto tramite un apposito modulo online. La reazione politica non si è fatta attendere.
Lo stesso presidente Donald Trump, in un video di quattro minuti diffuso dallo Studio Ovale e citato dalla CNN, ha parlato di “dolore e rabbia” per la morte di Kirk, definendolo “un martire per la verità e la libertà”. “Charlie ha ispirato milioni di persone - ha dichiarato Trump - e stasera tutti coloro che lo conoscevano e lo amavano sono uniti nello shock e nell’orrore. Questo è un momento buio per l’America”. Nel suo intervento, il presidente ha collegato l’omicidio di Kirk ad altri episodi di violenza politica, come la sparatoria di Butler in Pennsylvania, l’uccisione di un dirigente della UnitedHealthcare a New York lo scorso dicembre e l’attacco del 2017 contro il leader della maggioranza alla Camera, Steve Scalise. Trump ha accusato apertamente la “retorica della sinistra radicale” di alimentare una spirale di odio che, a suo dire, sarebbe “direttamente responsabile del terrorismo” interno. Ha quindi promesso un piano più ampio per contrastare la violenza politica, volto a colpire non solo gli autori materiali, ma anche le organizzazioni e i finanziatori di tali atti. Intanto restano tesi i rapporti con la Corea del Sud dopo che, come riportato dalla BBC, oltre 300 cittadini sudcoreani sono stati arrestati nello stabilimento Hyundai in Georgia durante un raid delle autorità americane contro l’immigrazione illegale.
Il presidente sudcoreano Lee Jae-myung ha espresso forte preoccupazione, definendo la situazione “sconcertante” e sottolineando che per le aziende coreane è prassi inviare lavoratori per avviare nuovi impianti produttivi all’estero. “Se ciò non sarà più consentito - ha dichiarato Lee - l’apertura di stabilimenti negli Stati Uniti diventerà sempre più difficile”. Il capo dello Stato ha spiegato che Seul sta negoziando con Washington per ottenere nuove categorie di visti o quote più elevate, mentre i media nazionali hanno parlato di uno “shock” e di un possibile effetto dissuasivo sugli investimenti. Secondo la BBC, la partenza dei lavoratori arrestati è stata rinviata su istruzione diretta della Casa Bianca. Funzionari coreani hanno spiegato che l’ordine sarebbe arrivato dal presidente Trump, che avrebbe concesso ai dipendenti la libertà di restare negli Stati Uniti se lo desideravano.
La società LG Energy Solution, partner di Hyundai nella gestione dell’impianto, ha fatto sapere che molti degli arrestati possedevano regolari visti o aderivano a programmi di esenzione. In un reportage, la BBC ha raccolto anche la testimonianza di un lavoratore che ha raccontato il panico e la confusione durante il blitz, spiegando che la maggioranza degli arrestati erano meccanici impegnati nell’installazione delle linee produttive e assunti da aziende appaltatrici. La Casa Bianca ha difeso l’operazione, ma Trump, in un post sui social media, ha ribadito l’invito alle imprese straniere ad assumere americani, pur aggiungendo che sarà reso “rapidamente e legalmente possibile” importare manodopera dall’estero per chi rispetta le leggi.
Sul fronte mediorientale, le tensioni si sono ulteriormente aggravate dopo l’attacco israeliano a Doha contro i leader di Hamas. In un’intervista esclusiva concessa alla CNN, il primo ministro del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani ha accusato il premier israeliano Benjamin Netanyahu di un’azione “barbara”, parlando di “terrorismo di Stato” e sostenendo che il raid abbia “ucciso ogni speranza” di liberare gli ostaggi ancora prigionieri a Gaza. Il leader qatariota ha riferito di aver incontrato, proprio la mattina dell’attacco, una famiglia di ostaggi che confidava nella mediazione in corso. Alla domanda sulla sorte del capo negoziatore di Hamas, Khalil Al-Hayya, Al-Thani ha risposto che “non c’è stata alcuna dichiarazione ufficiale” dopo il raid.
Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal e ripreso da Haaretz, Donald Trump avrebbe telefonato a Netanyahu definendo la scelta di colpire in Qatar “non saggia”. Una prima conversazione tra i due leader è stata descritta come accesa, mentre una seconda, avvenuta più tardi, avrebbe avuto toni più cordiali, con Trump che ha chiesto se l’attacco fosse stato un successo. Nello stesso contesto, alla conferenza organizzata da Haaretz a New York, il parlamentare arabo israeliano Ayman Odeh ha dichiarato che “non c’è mai stata una vera democrazia in Israele”, ricevendo applausi dal pubblico. Odeh ha ricordato i massacri subiti dal suo popolo e la “cittadinanza di seconda classe” sancita dalla Legge sullo Stato-Nazione del 2018, chiedendo una partnership tra arabi ed ebrei per costruire una pace fondata sull’uguaglianza.
In Europa orientale, intanto, un altro fronte di tensione si è aperto con la violazione dello spazio aereo polacco da parte di droni russi. Secondo AP News, Varsavia ha annunciato che diversi velivoli provenienti dalla Russia e dalla Bielorussia sono entrati in territorio polacco, costringendo la NATO a schierare i propri jet per abbatterli. L’episodio, senza precedenti per portata, ha portato la Polonia a invocare l’articolo 4 del Trattato NATO, che prevede consultazioni immediate tra gli alleati in caso di minaccia alla sicurezza.
L’ambasciatore statunitense presso la NATO, Matthew Whitaker, ha assicurato che “ogni centimetro del territorio dell’Alleanza sarà difeso”. Trump, invece, ha reagito con un commento su Truth Social, scrivendo: “Perché la Russia viola lo spazio aereo polacco con i droni? Eccoci qua!”, senza ulteriori chiarimenti. Sempre secondo AP News, Trump ha parlato telefonicamente con il presidente polacco Karol Nawrocki, che ha confermato “l’unità dell’alleanza”, e con il presidente francese Emmanuel Macron, con cui ha discusso sia della guerra in Ucraina sia dell’attacco israeliano in Qatar. L’Unione Europea, per voce dell’Alto rappresentante Kaja Kallas, ha definito l’incidente “un punto di svolta” e ha chiesto nuove sanzioni contro Mosca. In parallelo, il senatore repubblicano Lindsey Graham ha sollecitato il presidente ad adottare tariffe e sanzioni più dure, spiegando che il Congresso sarebbe pronto a sostenerlo.
Infine, in Francia la politica interna è stata scossa dalla nomina di un nuovo primo ministro. Come riportato da The Guardian, Sébastien Lecornu, 39 anni, ex ministro della Difesa, è stato scelto da Emmanuel Macron per sostituire François Bayrou, estromesso dopo aver proposto una stretta di bilancio. Lecornu è il terzo premier in un anno, dopo l’esperienza lampo dello stesso Bayrou e di Michel Barnier. Nel discorso di insediamento, racconta Le Figaro, ha parlato per appena due minuti davanti a Matignon, promettendo una “rottura nella sostanza e non solo nella forma”. Il suo compito sarà ottenere il sostegno di un Parlamento diviso tra sinistra, destra radicale e centro per approvare il bilancio delle prossime settimane. Tuttavia, un sondaggio Odoxa-Backbone citato da Le Figaro segnala che il 69% dei francesi non gradisce la sua nomina, un’accoglienza peggiore rispetto a quella riservata ai suoi predecessori.