Economia

Recessione, inflazione e tagli dei tassi d'interesse: quali sono le implicazioni per i mercati?

Steven Bell, Chief Economist EMEA di Columbia Threadneedle Investments
 

Durante l'estate i timori degli investitori per una possibile recessione negli Stati Uniti sono esplosi, con i mercati che ora si aspettano tagli dei tassi consistenti da parte della Federal Reserve entro la fine dell'anno. Tuttavia, con il ritorno dell'inflazione su una traiettoria discendente ed una ripresa della crescita economica, riteniamo che la "disinflazione immacolata" negli USA sia nuovamente corso. Lo stesso circolo virtuoso, per cui il calo dell'inflazione complessiva riduce la crescita dei salari nominali e spinge al ribasso l'inflazione core, è un fenomeno visibile in tutte le economie sviluppate, con effetti positivi sia per i consumatori che per le banche centrali. Nel Regno Unito si osserva una chiara accelerazione della ripresa economica, riducendo la portata dei prossimi tagli dei tassi d'interesse. Diversamente, l'Europa appare più in difficoltà, con cambiamenti strutturali che ostacolano la crescita tedesca; la Banca Centrale Europea è stata così la prima a ridurre i tassi d'interesse.

Il perdurare della crescita economica, il calo dell'inflazione e le prospettive di un abbassamento dei tassi d'interesse rendono appetibili sia le obbligazioni che le azioni, anche se siamo meno ottimisti sull'azionario, dove le quotazioni scontano già gran parte degli sviluppi futuri.

Stati Uniti

Negli Stati Uniti i timori di recessione sono cresciuti quando l'aumento della disoccupazione ha fatto scattare la regola di Sahm, che si verifica quando la media mobile a tre mesi del tasso nazionale di disoccupazione aumenta dello 0,5% rispetto al minimo dei 12 mesi precedenti. Senza mettere in dubbio la validità di questa regola, che non ha mai previsto una recessione che non si sia poi verificata (e viceversa), non credo che questa volta funzionerà. Anche l’ideatrice stessa, Claudia Sahm, ritiene che oggi la regola potrebbe non prevedere uno scenario corretto, in quanto l’aumento della disoccupazione ha invece allentato le tensioni sul mercato del lavoro e favorito una discesa dei salari in linea con il percorso dell'inflazione. Uno dei principali fattori trainanti dell’espansione economica statunitense è stata la spesa per consumi; tuttavia, avendo speso quasi tutti i loro risparmi, i consumatori dovranno ridurre la spesa, portandola in linea (se non al di sotto) della crescita del reddito. Anche la grande spinta impressa dalla spesa pubblica al settore manifatturiero e agli investimenti negli USA è destinata ad esaurirsi. Per entrambi questi motivi, prevediamo che l'economia americana continuerà a crescere ma con un ritmo più lento. D'altro canto, i tassi d'interesse sono destinati a scendere, per cui i fattori positivi non mancano. L'assenza dello spettro di una recessione eliminerebbe un importante fattore di rischio nel mercato azionario, ma comporterebbe una potenziale delusione nel mercato obbligazionario, dove gli investitori si aspettano nuovamente una riduzione complessiva dei tassi dell'1% entro la fine del 2024.

Regno Unito

Secondo le previsioni il Regno Unito registrerà la crescita economica più rapida tra i Paesi del G10, superando gli Stati Uniti nell'ultimo trimestre dell'anno. A differenza dei consumatori statunitensi, quelli britannici sono stati in grado di risparmiare una quota maggiore del loro reddito, nonostante l'erosione dei redditi reali e riflettendo anche l'enorme sfiducia dei consumatori dovuta alla crisi energetica causata dall'invasione dell'Ucraina. Con il ridursi dell'incertezza e la ripresa dei redditi reali, ci sono i presupposti per un ulteriore aumento della spesa per consumi, mentre i risparmi precauzionali dovrebbero tornare verso livelli più normali. L'importante mercato immobiliare è già tornato in territorio positivo, con lievi rialzi che danno impulso alle compravendite e forniscono uno stimolo significativo alla crescita economica. Pur avendo raggiunto un picco più tardi, l'inflazione britannica è già ridiscesa verso il target, ma è probabile che la Bank of England riduca i tassi più lentamente rispetto alle altre banche centrali, concentrandosi sull'inflazione salariale, diminuita notevolmente ma ancora troppo elevata, piuttosto che sulla crescita, che si conferma robusta.

Europa

La crescita europea si mantiene costante, ma “anemica”. Il freno maggiore è posto dalla Germania, a causa dei problemi strutturali nell'importante settore dell'auto e della chiusura delle forniture di gas naturale a basso costo provenienti dalla Russia, nonostante alcuni segnali indichino che l'effetto negativo comincia a ridursi. Anche in Europa si sta verificando lo stesso circolo virtuoso in atto nel Regno Unito, con il calo dell'inflazione complessiva che riduce la crescita dei salari nominali e spinge al ribasso l'inflazione core. Questo ha permesso alla BCE di ridurre per prima i tassi d'interesse al fine di sostenere la crescita economica.

Conclusioni

Lo scenario “goldilocks” delineato, caratterizzato da una crescita continua e da un calo di inflazione e tassi d'interesse, è favorevole sia alle obbligazioni che alle azioni. Giudichiamo positivamente i titoli di Stato per via dei rendimenti appetibili, ma abbiamo ridotto il nostro sovrappeso in seguito alla discesa di questi ultimi dai livelli massimi. Le valutazioni azionarie sono elevate, specialmente negli USA; tuttavia, i titoli costosi non sono un motivo per vendere, poiché le azioni sono diventate più costose solo quest'anno. Il rischio deriva invece dalla possibilità di una recessione, che provocherebbe una flessione dei titoli azionari sopravvalutati, scenario che non credo sia realistico. Siamo ancora ottimisti sulle azioni, ma in misura minore rispetto a prima a causa del rischio connesso alle valutazioni. Abbiamo spostato il nostro sovrappeso sull'azionario dal Giappone all'Europa sulla base delle prospettive degli utili, ma anche per via dell'accresciuto ottimismo sul primo e dell'eccessivo pessimismo sulla seconda.

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