Il nuovo equilibrio valutario globale si gioca sul filo dell’incertezza politica, delle tensioni internazionali e delle dinamiche di politica monetaria. Il dollaro statunitense, in particolare, mostra segnali di debolezza laterale, appesantito dalle politiche fiscali e commerciali della nuova amministrazione americana e dall’inasprirsi delle tensioni in Medio Oriente, con l’attacco all’Iran che ha riportato l’instabilità al centro della scena geopolitica. Secondo le analisi del Centro studi di Unimpresa, questo contesto sta modificando profondamente i rapporti di forza tra le principali valute mondiali, con conseguenze significative per le piccole e medie imprese italiane impegnate nell’export.
Scenari valutari tra tensioni geopolitiche e politiche monetarie: le sfide per le PMI italiane sui mercati esteri
Il biglietto verde ha perso slancio nel secondo trimestre dell’anno, aggiornando i minimi dal 2022 e muovendosi in un range ribassato senza crolli. Il calo della fiducia globale verso gli Stati Uniti, legato alla gestione politica di Trump e alle incertezze sui conti pubblici, ha eroso la posizione del dollaro come valuta di riferimento. La Federal Reserve, pur mantenendo i tassi invariati al 4,00%, ha segnalato due tagli entro fine anno, rafforzando la percezione di una fase di rallentamento economico ordinato (crescita tra l’1,5% e l’1,9% e inflazione in discesa verso il 2,3%).
Contemporaneamente, l’euro ha guadagnato terreno, beneficiando della prospettiva di un ciclo di tagli della BCE più breve e meno profondo rispetto a quello americano. Il cambio EUR/USD si è spostato in area 1,07–1,16, con proiezioni che lo vedono risalire fino a 1,17–1,20 entro i prossimi 12 mesi. Questo rafforzamento della moneta unica rappresenta un potenziale freno all’export italiano verso i mercati dollaro-dipendenti, soprattutto per i settori manifatturieri, moda e agroalimentare.
"Un euro più forte riduce la competitività dei beni italiani sui mercati statunitensi, generando un impatto diretto sui margini commerciali, soprattutto per le PMI che operano con contratti a cambio fisso", spiega Giuseppe Spadafora, vicepresidente di Unimpresa. "È fondamentale che le imprese si attrezzino con strategie di copertura e rinegozino listini e condizioni di vendita. La stabilità apparente del dollaro offre ancora margini di manovra, ma il tempo per adeguarsi è limitato".
Secondo Unimpresa, le aziende più strutturate potranno fronteggiare meglio questa fase grazie all’uso di strumenti di hedging, mentre le altre rischiano di subire un impatto maggiore. Tuttavia, il nuovo scenario valutario apre anche delle opportunità, specialmente sui mercati asiatici.
Il rafforzamento dello yen giapponese, trainato dalla possibile stretta monetaria della Bank of Japan e dal restringimento dei differenziali con gli Stati Uniti, rappresenta un’opportunità per il made in Italy. L’apprezzamento atteso del cambio USD/JPY fino a 138 nei prossimi 12 mesi, unito alla ripresa della domanda interna giapponese, rende più appetibili i prodotti italiani di alta gamma, specialmente nel settore lusso.
Lo yen potrebbe continuare a rafforzarsi anche contro l’euro, benché con minore intensità. Molto dipenderà dalle prossime mosse della BoJ, con la riunione del 31 luglio che potrebbe segnare un ulteriore punto di svolta nella politica monetaria giapponese.
La sterlina britannica ha beneficiato del calo del dollaro, spingendosi su un nuovo range compreso tra 1,27 e 1,36 GBP/USD. Tuttavia, l’atteso taglio dei tassi da parte della Bank of England nel breve termine potrebbe indebolire la valuta. Le previsioni indicano un cambio EUR/GBP in lieve discesa fino a 0,86.
Questa fase potrebbe generare vantaggi competitivi per le aziende italiane attive nel Regno Unito, compensando le difficoltà legate alle frizioni post-Brexit. Secondo Unimpresa, un cambio favorevole può aiutare a recuperare quote di mercato, soprattutto nei comparti food, fashion e design.
Il quadro che emerge è quello di un sistema valutario in progressivo riassestamento, dove la volatilità resta contenuta ma le implicazioni per le imprese sono profonde. Le PMI italiane, particolarmente esposte ai mercati esteri, sono chiamate a gestire con attenzione il rischio di cambio, anche in assenza di scossoni improvvisi.
"La volatilità bassa non deve tradursi in immobilismo", conclude Spadafora. "Chi saprà leggere con intelligenza i segnali dei mercati valutari e adottare strumenti finanziari evoluti avrà un vantaggio competitivo duraturo. La parola chiave è pianificazione, sostenuta da internazionalizzazione assistita e accesso alla finanza agevolata".