Ci sono interrogativi che, avendo una risposta sin troppa scontata, non meriterebbero nemmeno di essere posti.
Ad esempio:
- Perché l'Italia del calcio da molti anni è fuori dall'Olimpo del pallone?Risposta: non abbiamo più calciatori di alto livello.
- Perché Bruno Vespa, da decenni e decenni, è sempre lì? Risposta: perché non ci sono alternative.
- Perché gli americani non sapranno mai fare una amatriciana degna di questo nome? Risposta: perché non distinguono il parmigiano dal pecorino.
- Perché in Italia nessuno può vedere il film su Berlusconi girato da Paolo Sorrentino? Risposta: indovinate un po'....
La risposta è, per così dire, metafisica, perché, una volta partito il processo di beatificazione di Silvio Berlusconi, ma quando ancora la sua morte era lontana, niente e nessuno poteva permettersi di scalfirne l'immagine, anche quando le sue mosse - in politica, così come nella vita privata: come dimenticare il ''quasi matrimonio'' con Marta Fascina, ancora oggi ''quasi vedova'' in lacrime ?- si prestavano a critiche o peggio.
Certo c'era e c'è chi ne parla ancora come del diavolo.
Ma, a dispetto di Andreotti-Belzebù, anch'egli oggetto di un'opera cinematografica di Sorrentino, ''Il divo'', il film che lo rappresenta, è diventato un oggetto raro, come un diamante da un chilo e mezzo o un arbitro di calcio che mette tutti d'accordo.
Sono i misteri di questo strano Paese, dove, per togliere un film dalla circolazione esistono, essenzialmente, due strade: o il sequestro (chi non ricorda ''Ultimo tango a Parigi'' mandato al rogo) per mano di un giudice o comprarne i diritti.
Ed è la seconda strada quella imboccata da chi, per motivi che non sta a noi giudicare, ma che crediamo alimentati dall'affetto per il Genitore, ha deciso di sganciare un po' di soldi pur di togliere dalla circolazione un film che, a torto o a ragione, viene ritenuto poco rispettoso del Berlusconi uomo e politico, di cui in queste ore, in occasione del secondo anniversario della morte, dai suoi sostenitori viene ancora giudicato come un dono che il buon Dio ha deciso di mandare sulla Terra.
E chi è che ha in mano i diritti di distribuzione di ''Loro''? Mediaset, ovverosia la famiglia Berlusconi. Che, acquistati i diritti a pochi mesi dall'uscita del film, ne ha segnato la morte artistica perché a chi non lo ha guardato in sala è preclusa la possibilità di vederlo in una delle reti Mediaset, così come in streaming.
A detta di qualche cinefilo, ''Loro'' ha avuto un solo passaggio nella galassia Mediaset, nel 2019, all'una di notte, in un canale a pagamento. Roba da licantropi.
Lasciamo alla Storia il giudizio su Silvio Berlusconi di cui, come è giusto che sia, i figli difendono strenuamente la memoria e che per questo fanno di tutto affinché di lui si eviti di parlare in modo negativo.
Che poi ''Loro'', a detta dei pochi che l'hanno visto (ha incassato meno di dieci milioni di euro, nei pochi giorni in cui è stato proiettato nelle sale, circa la metà del suo costo), non sia una delle opere più riuscite di Sorrentino non sposta di molto il focus del problema: il denaro, a cui tutti devono in qualche modo riferirsi, può essere utilizzato per soffocare un'opera artistica, cercando di cancellarne anche il ricordo?
Il rischio che si corre è forse l'esatto contrario, quello di mitizzare il film senza che esso lo meriti, perché, in quello che semplicisticamente viene definito l'immaginario collettivo, cosa accresce di più l'interesse, conoscere una cosa o immaginare quale sia il possibile contenuto, mitizzandolo?
Posto che a interpretare Berlusconi è stato un attore iconico come Toni Servillo, circondato da un ottimo cast (Riccardo Scamarcio, Kasia Smutniak, Elena Sofia Ricci, Fabrizio Bentivoglio), oggi di ''Loro'' si ha o un appannato ricordo o l'idea che sia qualcosa che non si debba vedere, accrescendo intorno ad esso un'aura di mistero forse sovradimensionata.