Un paio di settimane fa abbiamo parlato di staffetta: dopo la politica e i dati macro arrivavano i risultati aziendali. Siamo in piena reporting season e le prime indicazioni non sono confortanti. Possiamo dire che il passaggio del testimone non è andato liscio in terza frazione.
Avevamo citato la debolezza di alcune aziende americane esposte ai consumi (Nike, Levi Strauss, Walgreens) che hanno indicato rallentamenti superiori alle stime e stiamo avendone conferme anche in altri settori dell’economia. Abbiamo avuto dati deboli dal settore del lusso (LVMH e Kering), debolezza dai semiconduttori (STM ha indicato un recupero della parte industriale forse dal quarto trimestre dell’anno, contro indicazioni precedenti che lo vedevano già nel terzo), dal settore automobilistico (Stellantis, Renault e Nissan hanno abbassato le aspettative sull’anno dopo che Volkswagen e Porsche lo avevano fatto pochi giorni prima), e così via.
E anche in USA l’inizio non è stato dei migliori: Tesla e Alphabet (Google) non hanno sostenuto le elevate aspettative del mercato e hanno portato a un forte calo dei loro titoli e, in generale, del comparto tecnologico. Se a fine giugno avevamo assistito alla rotazione (quindi discesa del Nasdaq e salita del Russell 2000), ora abbiamo visto un calo generalizzato, tipico delle fasi di rallentamento.
Infatti, se vogliamo identificare i cicli macroeconomici, possiamo citare quattro momenti: il recupero ciclico, il picco, il rallentamento e la recessione. Contrariamente a quanto si pensi, il momento migliore per comprare azioni è la recessione, specialmente quando, usando termini tecnici, “la derivata seconda cambia segno”, ovvero quando il calo si riduce. Questo perché le borse guardano sempre avanti e una riduzione del calo fa vedere il recupero in arrivo.
La fase più difficile è quella di rallentamento per due motivi: primo perché si viene da anni buoni e le aspettative sono elevate; secondo, perché spesso esistono finti segnali di rallentamento. E qui possiamo ricordare la favola di Esopo “Al lupo, al lupo”.
In un villaggio viveva un pastorello che di notte doveva fare la guardia alle pecore di suo padre. Poiché si annoiava, decise di fare uno scherzo: mentre le altre persone stavano dormendo, egli cominciò a gridare: “Al lupo, al lupo!”, così tutti si svegliarono e accorsero per aiutarlo. Ma il pastorello rivelò loro che era uno scherzo. Questo scherzo continuò per parecchi giorni, fino ad una notte in cui un lupo venne veramente. Il pastore cominciò a gridare: “Al lupo, al lupo!”, ma nessuno venne ad aiutarlo perché tutti pensarono che fosse il solito scherzo. Così il lupo divorò tutte le pecore (altre versioni narrano che fu il pastorello ad essere divorato).
Ripensiamo a tutti gli indicatori di recessione di cui abbiamo parlato e letto nei mesi scorsi: l’inversione della curva USA 10-2 anni, l’andamento del settore immobiliare, i problemi cinesi, … Nelle ultime settimane il mercato si era convinto che il rallentamento fosse minimo, che la FED sarebbe corsa in aiuto abbassando i tassi, che la Cina avrebbe stimolato l’economia con un piano fiscale e monetario. Qualche indicazione positiva si era vista, con ad esempio la curva 10-2 scesa al punto di inversione minimo degli ultimi due anni e vicina allo zero (siamo a 13 punti base). Ma chi chiamava la recessione nei mesi scorsi veniva additato come il pastorello e ormai non si credeva più alla possibilità di un PIL negativo in arrivo: la narrativa del no landing era predominante.
Adesso quindi il dibattito è cambiato: queste indicazioni dalle aziende sono i primi segnali di una recessione o sono l’effetto del rallentamento marcato che l’economia ha subito nei mesi di maggio e giugno dopo tanti mesi di tassi elevati?
I risultati aziendali sono sempre un dato passato, ci dicono cosa è successo nel trimestre appena concluso, ma sappiamo che la borsa guarda avanti: focus quindi sulle guidance, sulle indicazioni delle settimane successive alla chiusura del trimestre, sulla raccolta ordini, sulle aspettative dell’anno (dove si possono fare previsioni più o meno affidabili). E qui per ora abbiamo avuto solo segnali di rinvio del recupero, al quarto trimestre mediamente, sperando in un confronto più facile e in una economia più tonica, che per ora rimane però una speranza.
Ora ci attendono due momenti importanti:
i risultati dei colossi della tecnologia che non hanno ancora riportato (Apple, Meta e Amazon, mentre Nvidia arriverà nella seconda metà di agosto) per cercare di dare segnali di svolta;
la Fed, con la riunione del 31 luglio, che potrebbe annunciare di essere pronta a tagliare i tassi per sostenere il recupero. E arrivarci con mercati deboli potrebbe convincere, durante la conferenza stampa, a dare messaggi più aggressivi per evitare un circolo vizioso.
Ci prepariamo quindi a una settimana chiave per definire il trend dei mercati, con gli operatori nervosi e con pochi punti di riferimento. Non avremo indicazioni definitive, ma un cambiamento nella percezione dell’andamento dell’economia, con indici azionari tutto sommato ancora vicini ai massimi, è un segnale di attenzione e di prudenza, che ci fa rimanere cauti nell’incrementare al momento posizioni azionarie.