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Pizarro torna a Lima: un simbolo controverso divide il Perù

Redazione
 

Nel cuore della Plaza Mayor di Lima, dopo oltre vent'anni di esilio in un parco periferico, è tornata a ergersi la statua del conquistador Francisco Pizarro, figura controversa che fondò la capitale peruviana nel 1535. Questa scelta, promossa dall’Amministrazione locale in occasione del 490° anniversario della città, ha scatenato un acceso dibattito tra sostenitori e detrattori, riflettendo il complesso rapporto dell’America Latina con il proprio passato coloniale.
L’opera, un’imponente scultura equestre in bronzo creata dallo statunitense Charles Rumsey nel 1935, era stata rimossa nel 2003 dopo le proteste che accusavano Pizarro di essere simbolo di genocidio e oppressione. Ora, con il ritorno del monumento in una posizione centrale, si assiste a una sorta di ''cancel culture al contrario'': una riabilitazione simbolica di una figura che per molti rappresenta non solo la fondazione di Lima, ma anche secoli di violenza coloniale e sfruttamento.

Pizarro torna a Lima: un simbolo controverso divide il Perù

Durante la cerimonia, la presenza di Rafael López Aliaga, sindaco conservatore di Lima, e Isabel Díaz Ayuso, presidente della Comunità di Madrid, ha sottolineato il peso politico dell’evento.
In particolare, Díaz Ayuso ha definito Pizarro un simbolo di ''un incontro storico che ha trasformato il mondo per sempre'', celebrando l’arrivo della civiltà occidentale in America Latina.
Ma per i manifestanti, riuniti nei pressi della piazza, quell’ ''incontro'' è un eufemismo che nasconde secoli di sofferenza. Secondo l'agenzia di stampa AFP, decine di peruviani hanno tenuto una manifestazione nei pressi per opporsi al suo ripristino. ''Questo è un reato, un'offesa a tutti i popoli indigeni del Perù, dell'America Latina e del mondo”, ha affermato uno dei presenti alla manifestazione.
Del resto, le cifre parlano chiaro: la popolazione dell’Impero Inca, stimata tra i 10 e i 15 milioni prima della conquista, si ridusse a meno di 3 milioni in appena cinquant'anni, a causa delle guerre, delle malattie e dello sfruttamento portati dagli spagnoli.

L’immagine di Pizarro a cavallo, con la spada sguainata, riporta alla memoria un passato che, per molti, non può essere semplicemente commemorato senza un esame critico. Decisioni come questa, rivelano tensioni profonde tra la volontà di riconoscere i crimini del colonialismo e la necessità di preservare una memoria storica integrale.
Come ha affermato Díaz Ayuso durante la cerimonia, la ricollocazione della statua ''mostra rispetto per la storia della città''.
Ma rispetto per chi? Per i conquistatori, o per le popolazioni che hanno subito le loro azioni?

C’è da dire che la vicenda di Lima non è isolata. Nel 2020, nella città colombiana di Popayán, membri della tribù indigena Misak abbatterono la statua di Sebastián de Belalcázar, luogotenente di Pizarro e responsabile di numerose stragi durante la conquista dell’Ecuador e della Colombia. Il gesto fu un atto di ribellione contro secoli di oppressione, alimentato anche dai movimenti globali come Black Lives Matter, che chiedevano la rimozione di simboli legati alla schiavitù e al colonialismo. Ora, il ritorno della statua di Pizarro suggerisce una prospettiva diversa: non è forse più utile contestualizzare questi simboli, spiegarli, anziché eliminarli?
In fondo, come che sia, un monumento rappresenta sempre una lezione di storia viva, un invito a riflettere sulle complessità del passato piuttosto che a cancellarle. O semplicemente un’eredità da ripensare. Nel caso di Lima, non certamente (ci auguriamo) un atto di nostalgia per l’epoca coloniale, ma un’opportunità per rivedere i nostri giudizi utilizzando i simboli del passato per costruire un dialogo critico.

Perché è vero: non si può cambiare il passato, ma si può scegliere come raccontarlo. Non v’è dubbio alcuno che l’America Latina, ancor oggi (anzi, forse mai come oggi) divisa da disuguaglianze sociali e razziali, porti addosso le cicatrici della conquista. Ma forse la risposta non sta né nell’abbattere né nel restaurare le statue, bensì nel trasformarle in spunti per una narrazione più inclusiva. Se il ritorno di Pizarro al centro di Lima rappresenta una provocazione, può anche essere un’occasione per interrogarsi su cosa (anche per noi occidentali, a ridosso del Giorno della Memoria) significhi davvero ricordare. La vera sfida è trovare un equilibrio tra il riconoscimento delle vittime e l’accettazione delle complessità della storia, dimostrando che, anche dopo secoli, non è mai troppo tardi per ripensarci. In un senso, o nell’altro.

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