l mondo degli animali domestici sta vivendo una vera e propria metamorfosi economica e culturale. Non più solo cuccioli da comprare o crocchette da scegliere tra gli scaffali del supermercato: oggi, cani e gatti sono considerati membri della famiglia a tutti gli effetti, con esigenze specifiche, affetti da curare e benessere da preservare. E così, anche il mercato si adatta. Secondo l’analisi condotta da Unioncamere e InfoCamere sui dati del Registro delle Imprese, il settore della Pet Economy in Italia è in piena trasformazione: sempre meno imprese legate alla vendita e all’allevamento, e un’esplosione di attività legate ai servizi di cura e assistenza.
Pet Economy: quasi 27.000 aziende in Italia, boom dei servizi wellness (dati Unioncamere)
Nel 2024, il comparto conta quasi 27.000 aziende attive in tutta la penisola. Ma a colpire è il cambiamento nella composizione del settore. Negli ultimi cinque anni, le imprese che offrono servizi di cura per animali – toelettatori, pet-sitter, fisioterapisti specializzati, dog trainer – sono cresciute del 32%, con l’apertura di quasi 1.400 nuove attività. Ancora più significativa la crescita dei servizi veterinari, aumentati del 39,4%, a conferma di quanto gli italiani investano ormai con regolarità nella salute dei propri animali.
La nuova frontiera della Pet Economy non è più solo legata al prodotto, ma al servizio. La cura degli animali si avvicina sempre più ai modelli del benessere umano: centri di fisioterapia per cani anziani, spa per gatti stressati, alimentazione personalizzata in base alla razza, al metabolismo e allo stile di vita. Il padrone di oggi non cerca solo un alimento nutriente, ma uno che sia anche funzionale: dal 2019, le imprese attive nella produzione di cibi per animali domestici sono cresciute del 28%, spinte dalla domanda di prodotti premium e tailor-made. Al contrario, i comparti più tradizionali mostrano segni di rallentamento. In calo il commercio al dettaglio di animali (-10,6%) e la vendita di prodotti per animali (-10,6%). Più marcata ancora la flessione nell’allevamento di conigli (-21,6%) e nel commercio all’ingrosso di mangimi (-34,3%).
La spinta innovativa, insomma, non arriva più dall’offerta di base, ma dalla costruzione di esperienze e servizi dedicati. Guardando all’intero decennio 2014-2024, il numero complessivo di imprese del settore è rimasto sostanzialmente stabile (+0,05%). Ma dietro questa apparente immobilità si cela una profonda ristrutturazione interna: in dieci anni, le attività legate ai servizi di cura sono quasi raddoppiate (+90,1%), mentre le imprese di commercio di animali hanno perso il 17,5%. Un cambiamento che riflette non solo le nuove abitudini di consumo, ma una trasformazione più ampia nel modo in cui gli italiani si relazionano con gli animali.
La mappa italiana del business degli animali rivela tendenze territoriali interessanti. La Lombardia è in testa con 3.860 imprese, seguita da Campania (2.871) e Lazio (2.770). Il Nord Italia si conferma il cuore pulsante dei servizi di cura: Lombardia ed Emilia-Romagna insieme contano quasi 1.600 attività specializzate, mentre nel Sud prevale ancora il commercio tradizionale, con Campania (1.612 negozi) e Sicilia (1.083) in testa per il retail di piccoli animali. Quest’ultima, nonostante la contrazione generale, mantiene una posizione solida nel comparto con 2.191 imprese. Il Veneto, invece, primeggia negli allevamenti di conigli, un segmento in calo ma ancora presente nel tessuto imprenditoriale locale.
Dietro ai numeri, si cela una trasformazione più profonda: gli animali domestici non sono più “accessori”, ma veri e propri membri della famiglia. La crescita dei servizi veterinari e di benessere riflette un cambiamento culturale profondo, affermano gli analisti di Unioncamere, sottolineando che la Pet Economy si sta spostando verso modelli relazionali e affettivi, aprendo nuove strade per l’occupazione e l’innovazione. Un cambiamento che non è solo economico, ma sociale.
La cura degli animali diventa cura delle relazioni, attenzione al tempo di qualità, investimento affettivo e, perché no, anche imprenditoriale. Il futuro del settore si gioca su questo equilibrio: offrire servizi su misura per clienti a quattro zampe che, ormai, non sono più semplici animali. Sono famiglia.