Ambiente
Il lupo perde la protezione in Europa: da predatore a preda?
Redazione
È una decisione che sicuramente farà a lungo discutere, quella della Convenzione di Berna, trattato internazionale per la conservazione della fauna selvatica e degli habitat naturali in Europa, che ha disposto di abbassare il livello di protezione del lupo.
Questa scelta segna un passaggio storico che sta suscitando forti reazioni da parte di governi, associazioni ambientaliste e mondo scientifico. La proposta, avanzata dall’Unione Europea il 27 settembre scorso, è stata approvata dal Comitato permanente della Convenzione. Il Canis lupus passerà dall’Allegato II (specie "rigorosamente protetta") all’Allegato III (dove rientrano le specie "protette semplici").
Ciò consente una maggiore flessibilità nella gestione della popolazione di lupi, autorizzando attività come la caccia o la cattura in determinate circostanze, purché si garantisca la sopravvivenza della specie. Secondo il regime precedente, ogni forma di cattura, uccisione, commercio o deterioramento degli habitat del lupo era severamente vietata.
Con il nuovo status, invece, saranno consentite deroghe limitate nel tempo e nello spazio.
Questa modifica entrerà in vigore tre mesi dopo la pubblicazione della decisione, salvo un’opposizione formale da parte di almeno un terzo dei Paesi aderenti alla Convenzione.
La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha definito la decisione "importante", sottolineando la necessità di un "approccio equilibrato" tra la tutela della biodiversità e la protezione delle attività economiche rurali.
"Notizie importanti per le nostre comunità rurali e gli agricoltori. La Convenzione di Berna ha deciso di adeguare lo status di protezione dei lupi perché abbiamo bisogno di un approccio equilibrato tra la conservazione della fauna selvatica e la protezione dei nostri mezzi di sussistenza", ha dichiarato von der Leyen in una nota.
In Italia, il Ministro dell'Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, ha accolto con favore la decisione. "È una grande notizia, frutto di una posizione ampiamente condivisa dall'Unione Europea, che l'Italia, tra le prime Nazioni, ha sollecitato", ha commentato sottolineando come la presenza eccessiva di grandi carnivori metta in pericolo allevamenti, turismo e sicurezza.
"Finalmente si torna a ragionare con pragmatismo, superando posizioni ideologiche farneticanti, dannose per l'ambiente e per le attività umane. Auspichiamo si possa ora lavorare rapidamente al fine di garantire la salvaguardia della specie lupina in un quadro di garanzia più ampio per tutte le attività", ha detto Lollobrigida.
Non mancano però le critiche, soprattutto da parte delle associazioni ambientaliste.
Secondo Dante Caserta, Responsabile Affari Legali e Istituzionali del WWF Italia, questa decisione rappresenta un grave passo indietro: "La decisione del Comitato della Convenzione di Berna di declassare lo status di protezione del lupo dà ingiustificatamente seguito ai tentativi ideologici di scagliarsi contro la tutela della fauna selvatica portati avanti dal mondo venatorio e da una parte del mondo agricolo", ha dichiarato Caserta accusando il Governo italiano di essere stato portavoce di istanze antiscientifiche. "La Commissione europea - ha aggiunto - potrà ora proporre una modifica dello status di protezione del lupo nel quadro della Direttiva Habitat, aprendo la strada a ulteriori modifiche che finiranno per compromettere la legislazione dell’Unione europea in materia di conservazione della biodiversità".
Juan Carlos del Olmo, segretario generale del WWF Spagna, ha invece evidenziato come il modello di convivenza sia fondamentale per la conservazione del lupo: "Uccidere i lupi non serve a nulla, è un modello obsoleto che ha sistematicamente fallito sia per preservare popolazioni sane della specie sia per proteggere l'allevamento estensivo".
Del resto, la decisione europea non avrà un impatto diretto in Spagna, dove il lupo iberico è incluso nell’elenco delle specie selvatiche sotto regime di protezione speciale (Lespre). Le autorità spagnole hanno garantito che la legislazione nazionale, più rigorosa rispetto agli standard europei, non subirà modifiche.
"In Spagna il lupo continuerà a essere protetto", ha dichiarato Theo Oberhuber, portavoce di Ecologistas en Acción. Tuttavia, Oberhuber ha avvertito che alcune amministrazioni locali potrebbero tentare di utilizzare la decisione europea come leva per ridurre la protezione del lupo.
L’abbassamento dello status di protezione del lupo è stato interpretato da alcuni come una battaglia personale di Ursula von der Leyen.
La presidente della Commissione Europea, infatti, ha vissuto un episodio drammatico nel 2022, quando il suo pony è stato ucciso da un lupo.
"Il ritorno dei lupi è una buona notizia per la biodiversità in Europa, ma la concentrazione di branchi in alcune regioni è diventata un pericolo reale, soprattutto per il bestiame", si legge nel comunicato ufficiale con cui von der Leyen ha richiesto il declassamento della protezione del lupo.
In Italia, secondo i dati dell’ISPRA, la popolazione di lupi è stimata intorno ai 3.500 esemplari, con una presenza significativa negli Appennini e nelle Alpi. Negli ultimi anni, il lupo ha riconquistato il 74,2% dell’area di studio nell’Italia centro-meridionale. Tuttavia, per gli ambientalisti, la scelta europea rischia di compromettere i progressi fatti negli ultimi decenni. "Questa decisione ci riporta indietro di mezzo secolo e apre una strada pericolosa per il futuro della conservazione della natura in Europa", ha concluso Caserta.
Un dibattito, quello sul lupo, che sicuramente riflette uno scontro più ampio tra tutela ambientale, interessi economici e dinamiche politiche, con gli agricoltori che chiedono misure per proteggere il bestiame e le associazioni ambientaliste che avvertono sui rischi di una politica basata sull’opportunismo e non sulla scienza.
In questo scenario, la decisione della Convenzione di Berna, che entrerà in vigore nei prossimi mesi, sarà dunque un banco di prova per capire se l’Europa è pronta a conciliare biodiversità e sviluppo economico in modo sostenibile.