Nessun investitore si può approcciare al mondo del credito senza prestare particolare attenzione all’andamento dei mercati finanziari e, in particolar modo, alle banche. Infatti, sebbene il loro peso, in termini percentuali, sia andato incontro a fluttuazioni all’interno dell’indice sulle obbligazioni corporate europee, hanno comunque mantenuto la loro posizione di segmento dominante. Secondo i dati forniti da Bloomberg, attualmente le banche rappresentano il 30% degli asset sottostanti l’indice, ben lontane dal record del 45% del 2010, avendo ceduto parte del loro share ad altri segmenti che sono cresciuti più rapidamente; due su tutti, l’immobiliare e il comparto sanitario. Tuttavia, questo non significa che il bancario sia un comparto in crisi; al contrario, i suoi fondamentali si presentano molto solidi, rafforzati soprattutto da un ritorno della profittabilità dovuta all’aumento dei tassi d’interesse (dopo un lungo periodo di rendimenti molto bassi o addirittura negativi). Altri fattori che hanno contribuito sono stati la maggiore resilienza dei bilanci e il momento positivo che stanno vivendo in termini di upgrade del rating creditizio.
Quanto emerso sopra, però, non ci deve mai far dimenticare che il settore bancario, esattamente come molti altri, non è un blocco unico, granitico e omogeneo e la qualità degli asset al suo interno può variare anche di molto. Per questo è importante essere selettivi. Se, da un lato, è vero che il contesto macroeconomico favorevole ha rappresentato una spinta importante, sia per i piccoli sia per i grandi istituti, il credito delle banche regionali è arrivato a un punto in cui le valutazioni appaiono sempre superiori ai fondamentali. Per questo motivo, nonostante esistano ancora opportunità di M&A, legate alle buone performance azionarie dei potenziali acquirenti, noi di LGIM preferiamo esporci a istituti di primo livello, ben diversificati e ben capitalizzati. In particolare, guardiamo con interesse alle banche italiane e spagnole, alcune delle quali hanno recentemente visto aumentare il loro rating creditizio; inoltre, rispetto alle loro controparti tedesche, in questi paesi la percentuale di debito immobiliare commerciale è molto più bassa.
Inoltre, nonostante il rally vissuto dal credito bancario recentemente, preferiamo rimanere fermi sulle società in cui abbiamo già investito e concentrarci di più sulla qualità. In generale, nel momento in cui si scrive, la nostra posizione verso il settore è passata da una sovraesposizione alla neutralità, in quanto siamo persuasi che la compressione degli spread finanziari rispetto a quelli non finanziari abbia già creato l’opportunità per conseguire profitti. Inoltre, il fatto che il settore si sia dimostrato in buona salute negli ultimi 15 mesi, pare confermare la nostra teoria, a lungo sostenuta, secondo cui la piccola crisi che ha portato al default di Credit Suisse sia stata più un incidente di percorso, piuttosto che l’inizio di un crollo sistemico.
In qualità di investitori responsabili, non faremmo il nostro lavoro se non osservassimo attentamente anche i potenziali rischi che si possono nascondere dietro l’angolo. Oggi, le performance delle banche sono altamente correlate all’andamento dei tassi d’interesse; ciò significa che le operazione di riduzione di questi ultimi da parte della Bce, sicuramente avranno un impatto sulla loro profittabilità. Da un punto di vista più bottom-up, recentemente il settore si è distinto anche per un certo aumento di fusioni e acquisizioni, come nel caso di BBVA che ha inglobato Banco Sabadell. Tuttavia, sebbene ci sia comunque spazio per maggiori sinergie e consolidamento, riteniamo che le operazioni di M&A transfrontaliere rimarranno difficili anche in futuro.