Oggi, presso la Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica in atto, si è svolta l’audizione del presidente del CNEL, Renato Brunetta. L’evento ha visto la partecipazione anche dei consiglieri Marcella Mallen e Alessandro Rosina, che hanno discusso le criticità e le possibili soluzioni per affrontare la crisi demografica che attanaglia l’Italia. Secondo il presidente del CNEL, la fragilità demografica rappresenta un problema particolarmente grave per l’Italia.
Italia e la sfida della transizione demografica: le proposte del CNEL
"La Commissione ha il compito di indagare i mutamenti demografici in relazione a tutta una serie di tematiche specifiche, che corrispondono esattamente agli ambiti d'intervento del programma che si è dato il CNEL. Tematiche e ambiti che trovano la loro chiave proprio nella fragilità demografica. È un fenomeno che investe l'Europa nel suo insieme ma che in Italia è particolarmente grave e preoccupante. Affrontare queste dinamiche demografiche richiede un tempo enorme, come quando in mare si naviga con un transatlantico. I policy maker sono quindi chiamati a prendere decisioni drastiche e immediate".
Uno degli strumenti chiave per affrontare il problema è la Valutazione di Impatto Generazionale (VIG), proposta da Brunetta come un meccanismo essenziale per monitorare l'efficacia delle politiche pubbliche dal punto di vista generazionale. "Se c'è bassa natalità nascono anche poche imprese. C'è quindi un problema di stock, perché le piccole e medie imprese non hanno ricambio e al tempo stesso non ci sono nuovi afflussi. Siamo in una distopia piena. Che fare? Una linea d'azione molto importante è quella della Valutazione di Impatto Generazionale. Se volessimo verificare questo impatto nelle nostre leggi di bilancio, con un sistema a semaforo di verdi e rossi, vedremmo solo rossi, cioè solo elementi negativi dal punto di vista generazionale. Un’altra ipotesi d'intervento è quella di fare un Patto generazionale, come strumento per risolvere gli squilibri. Anche l'immigrazione è una risposta, ma solo se è da domanda, cioè basata sulla richiesta e i fabbisogni dei Paesi di destinazione".
Anche il consigliere Alessandro Rosina ha ribadito la necessità di un Patto generazionale che permetta ai giovani di sentirsi protagonisti del futuro del Paese. "La transizione demografica ha prodotto aspettative di vita molto alte ed è un fatto certamente positivo. Ma si riduce anche il numero di figli per donna. Tutti i Paesi europei sono scivolati sotto i 2 figli per donna e questo determina squilibri, che si accentuano nel tempo. L’Italia ha un livello particolarmente basso, sotto l’1,5. L’Italia, inoltre, è il primo Paese al mondo in cui gli under 15 sono diventati meno degli over 65. C'è un avvitamento verso il basso delle nascite. La popolazione si riduce lungo tre assi: giovani/anziani, nel Sud più che al Nord, e più nelle aree interne che nei grandi centri. L'asse più importante è il primo, perché determina gli altri due. La vera differenza dell'Italia rispetto al resto d'Europa non è la longevità ma la contrazione dei giovani. La leva è puntare su politiche per i giovani, per le famiglie, per la conciliazione, per valorizzare il capitale umano. Ed occorre accrescere il contributo e la partecipazione delle nuove generazioni. Solo investendo sulle nuove generazioni il sistema può reggere. Per questo serve un Patto generazionale, che permetta ai giovani di sentirsi protagonisti".
Marcella Mallen ha sottolineato l’importanza della VIG come strumento di equità intergenerazionale. "C'è indubbiamente un presentismo miope, che ci ha spinto a mettere in risalto, come CNEL, la necessità di una valorizzazione della Valutazione di Impatto Generazionale, quale strumento per garantire equità tra le diverse generazioni. La VIG nasce dall’esigenza di contrastare i divari e gli squilibri generazionali, attraverso politiche pubbliche capaci di intervenire sui bisogni e il benessere dei giovani. In Italia ci sono realtà territoriali virtuose, che hanno reso vincolante il rispetto della VIG, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Il CNEL ha inserito la Valutazione di Impatto Generazionale nell’ambito della sua attività di iniziativa legislativa. È un percorso giusto che va implementato, definendo indicatori chiari sulle politiche pubbliche, realizzando modelli previsionali e mettendo a confronto le esperienze e le buone prassi dei Paesi europei".
La Memoria concernente Osservazioni e Proposte del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro sugli effetti economici e sociali della transizione demografica evidenzia innanzitutto che la transizione ecologica e quella digitale sono destinate a cambiare profondamente i modelli tradizionali di produzione, lavoro e consumo. Una terza transizione, quella demografica, le interseca entrambe e rappresenta una delle sfide centrali per il nostro Paese, a causa delle sue immediate ricadute sulla coesione sociale, sul capitale umano e sulla competitività.
In Europa l’Italia è un esempio paradigmatico della grave fragilità demografica determinata dall’effetto combinato di una diminuzione dei tassi di natalità e di mortalità. La fecondità si attesta, ormai da molti anni, al di sotto del livello di sostituzione e ha generato una vera e propria ‘trappola demografica’, cioè la progressiva rarefazione del numero di potenziali genitori e, in particolare, la diminuzione delle donne dai 15 ai 49 anni. Questa dinamica spiega il 60% del decremento di nuovi nati registrato nell’ultimo decennio. Il problema vero, che rischia di incidere negativamente sulla competitività economica e la sostenibilità del sistema sociale, sono gli squilibri tra popolazione in età anziana e popolazione in età attiva. L’Italia è il Paese europeo in cui questi squilibri si riflettono maggiormente sul piano dello sviluppo economico e del mercato del lavoro.
A parità di forza lavoro ci troviamo con una componente molto più debole degli under 35. È quindi indispensabile formare bene i giovani, sviluppare le loro competenze, inserirli in modo efficiente nel mondo del lavoro, valorizzarne al meglio il contributo qualificato nelle aziende e nelle organizzazioni. Un punto di debolezza del nostro Paese è anche quello delle piccole e medie imprese familiari, mediamente amministrate da membri della famiglia anziani. La mancanza di successori in grado di assumere la gestione e la proprietà dell’azienda familiare è la principale minaccia alla continuità aziendale. In questi casi, puntare sulle nuove generazioni può accelerare il necessario cambiamento, apportando una visione innovativa, competenze digitali e tecnologiche, una mentalità imprenditoriale e un approccio intergenerazionale. Tutti elementi in grado di stimolare lo sviluppo economico e la competitività a livello internazionale.
La Memoria offre innanzitutto una ricognizione dei principali rapporti e studi realizzati dal Consiglio nell’attuale Consiliatura sui temi connessi ai cambiamenti demografici. Viene poi proposta una visione di sviluppo, basata sulla convinzione che sia necessario un approccio globale, volto a cogliere i benefici dell’evoluzione demografica e allo stesso tempo contenerne i rischi. Una prima linea d’azione è quella volta ad avviare un percorso di integrazione e consolidamento della componente giovanile nel CNEL, al fine di promuovere la partecipazione attiva e il coinvolgimento delle nuove generazioni e garantire una rappresentanza degli interessi e dei valori in una prospettiva generazionale. Si vuole dunque riprendere una positiva esperienza realizzata nella VI Consiliatura e ricostituire al CNEL la Consulta delle Forze Sociali Giovanili, come spazio di confronto e anche come organismo che possa valutare l’impatto generazionale degli atti del Consiglio. Per rispondere alle sfide della transizione demografica, il CNEL vuole inoltre promuovere il protagonismo positivo dei giovani attraverso un nuovo Patto generazionale.
“Viviamo in un contesto profondamente diverso rispetto a quello in cui sono cresciute le generazioni nate nel secolo scorso – spiega una nota del CNEL -. Il sistema pensionistico è cambiato, il debito pubblico è aumentato, il rapporto quantitativo tra le generazioni si è modificato, con conseguenze rilevanti sul mercato del lavoro e sulla tenuta del sistema sociale. La condizione delle nuove generazioni italiane è più debole rispetto a quella dei coetanei europei. Dobbiamo allora far arrivare ai giovani un messaggio chiaro e forte: il sistema paese darà ancora più attenzione alle loro esigenze e alle loro istanze, investirà ancor di più sulla loro formazione e sulle loro opportunità, troverà gli strumenti adeguati perché possano dare il meglio di sé, indipendentemente dalle proprie origini. Un impegno che non va preso per i giovani, ma con i giovani e per il Paese. Un impegno che non può basarsi su rassicurazioni generiche ma che richiede appunto un nuovo Patto generazionale”.
È importante dunque che venga opportunamente valorizzata la Valutazione di Impatto Generazionale (VIG) delle politiche pubbliche, quale strumento per un’equa transizione demografica e in linea con i principi di sostenibilità e inclusività. È anche un modo per rispondere alla recente riforma costituzionale che ha modificato gli articoli 9 e 41, introducendo di fatto il principio di sviluppo sostenibile e di giustizia intergenerazionale. La VIG assicura che le scelte di policy tengano conto dei bisogni e del benessere delle giovani generazioni attuali e future. Un’importanza confermata nel luglio 2024 anche dal Ddl sulla semplificazione legislativa. Il CNEL ha voluto far sua questa innovazione, nell’ambito dell’esercizio della propria attività di iniziativa legislativa. “Abbiamo anche approvato un Disegno di legge in materia di livelli e qualità dei servizi pubblici dove è stato previsto che nelle attività di verifica e monitoraggio debba essere inclusa una specifica valutazione dell’impatto generazionale”, evidenzia la nota del CNEL.
Rispetto alla transizione demografica, l’implementazione della Valutazione di Impatto Generazionale richiede la messa a punto di un set di indicatori chiave, a partire dalla sfera della sostenibilità del sistema previdenziale e del welfare. Occorre dunque valutare il rapporto tra popolazione attiva e pensionati, così come l’equilibrio della spesa sociale tra generazioni. Se la spesa pensionistica cresce troppo rispetto al contributo dei giovani lavoratori, il sistema diventa insostenibile per le nuove generazioni. Un altro ambito cruciale di analisi per valutare gli impatti generazionali delle politiche pubbliche è quello del mercato del lavoro. Occorre una reale capacità di analisi sia degli effetti della riduzione della popolazione attiva, sia della creazione di posti di lavoro in settori chiave per lo sviluppo economico e sociale del Paese.
La carenza di giovani lavoratori, in particolare in alcuni territori, in alcuni settori o in alcune professioni, potrebbe portare a una maggiore richiesta di manodopera straniera o a un innalzamento dell’età pensionabile. Le attività di indagine di analisi svolte dal CNEL mettono in luce come la sfida demografica richieda di assumere una visione sistemica dei cambiamenti in atto, che tenga conto sia dell’interdipendenza delle prospettive generazionali, di genere, territoriali e sociali, sia del ruolo rilevante che può giocare l’immigrazione nella costruzione di scenari tendenti a ridurre gli squilibri esistenti. Se non gestita bene, l’immigrazione può generare squilibri nel mercato del lavoro, ma se ben pianificata, può essere una risorsa per riequilibrare la popolazione attiva. Per riuscire a governare la complessità dei cambiamenti demografici è indispensabile dotarsi di una bussola affidabile. Un modello previsionale, che permetta di anticipare gli scenari da qui a 20-30 anni e guidarci nella comprensione delle possibili traiettorie future. Pensiamo ad esempio alle politiche per la natalità. Se sono insufficienti il calo demografico continuerà inesorabilmente a pesare sulle generazioni future.
Un forte sostegno alla natalità e alla famiglia è quindi fondamentale e anche una reale capacità di valutazione dell’efficacia di queste politiche. “Dobbiamo ridurre le difficoltà delle nuove generazioni a investire nel proprio futuro”, è l’appello del CNEL. “Serve un impegno collettivo. Per far sì che i giovani, ma anche le donne e le fasce più fragili della popolazione, trovino opportunità di formazione e di lavoro. Per assicurare agli anziani una vita dignitosa. E per garantire che la ricchezza e le opportunità siano distribuite equamente tra le generazioni. Solo così potremo saper rispondere alla transizione demografica, indubbiamente una delle principali sfide del XXI secolo”.