Il patrimonio immobiliare dello Stato pronto per essere dismesso ha un valore stimato di circa 2 miliardi di euro. Si tratta di quegli edifici che non possono essere destinati a sedi di uffici pubblici o a servizi di interesse collettivo.
Immobili pubblici in vendita: un tesoretto da 2 miliardi per le casse dello Stato
Questa valutazione emerge da un dettagliato rapporto di 140 pagine redatto dalla Ragioneria Generale dello Stato, dipartimento del Ministero dell’Economia e delle Finanze. La vendita di questi beni potrebbe rappresentare una boccata d’ossigeno per i conti pubblici, specialmente in un contesto in cui reperire risorse finanziarie aggiuntive è sempre più complesso. Basti pensare che la recente manovra economica ha faticato a individuare proprio 2 miliardi di euro da destinare a investimenti nel settore sanitario.
Tuttavia, la stima fornita riguarda solo gli immobili di proprietà delle amministrazioni centrali e ministeriali, il che significa che il valore complessivo potrebbe essere molto più elevato se si includessero le proprietà di enti locali, agenzie, autorità e società partecipate dallo Stato.
In un momento storico caratterizzato da un debito pubblico che sfiora i 3.000 miliardi di euro, e con il governo impegnato a trovare risorse per settori strategici come la difesa, la transizione ecologica e la digitalizzazione, il tema della valorizzazione e vendita degli immobili pubblici assume un’importanza ancora maggiore.
Non a caso, la campagna denominata “Tagliadebito”, promossa da anni da Class Editori e sostenuta apertamente dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, mira proprio a ottimizzare l’utilizzo del patrimonio immobiliare statale attraverso processi di efficientamento e cessione mirata.
Il rapporto della Ragioneria Generale evidenzia anche la crescita complessiva del valore degli immobili statali. Il patrimonio delle amministrazioni centrali è infatti salito a oltre 65 miliardi di euro, segnando un aumento del 2,82% rispetto al 2019.
Questo incremento è attribuibile a diversi fattori, tra cui l’aumento degli immobili destinati all’uso governativo (+1,65%), dei beni demaniali, artistici e storici (+5,14%), delle miniere e delle loro pertinenze (+22,5%) e dei diritti reali su proprietà di comuni, province e regioni (+25,9%). Anche il valore degli immobili disponibili per la vendita è cresciuto del 2,65%, mentre alcune categorie di beni non alienabili hanno subito una riduzione dell’1,96%. A detenere la gestione della maggior parte di questi immobili è il Ministero dell’Economia e delle Finanze, il cui patrimonio immobiliare ammonta a 63,4 miliardi di euro, pari al 97,3% del totale nazionale. La distribuzione geografica del valore degli immobili pubblici evidenzia una concentrazione nelle regioni del Centro Italia, che detengono un patrimonio immobiliare valutato in 26,5 miliardi di euro, con il Lazio in testa con 19,4 miliardi.
Seguono le regioni del Nord Italia con 19,6 miliardi e il Sud e le Isole con un valore leggermente inferiore, pari a 19 miliardi. Tra le regioni, spiccano il Veneto, con un patrimonio di quasi 5 miliardi, e la Campania, che raggiunge gli 8,6 miliardi.
Infine, un dato significativo riguarda i beni confiscati alla criminalità organizzata: quasi la metà del loro valore totale, pari a 328 milioni di euro a livello nazionale, si trova nelle regioni del Sud e nelle Isole, per un ammontare di 232 milioni di euro. Questo aspetto sottolinea l’importanza della gestione e del riutilizzo di questi beni per finalità sociali ed economiche.