Il presidente della FED, Jerome Powell, nelle ultime settimane, ha sempre dichiarato di attendere dei dati macroeconomici che confermassero un concreto sentiero di flessione per le pressioni inflazionistiche prima di procedere a un cambio nelle politiche monetarie della banca centrale USA.
I dati su inflazione
Nel primo pomeriggio odierno il Bureau of Labor Statistics ha reso noto che, nel mese di giugno, l’indice dei prezzi al consumo ha evidenziato negli Stati Uniti un incremento, su base annuale, del 3% e, su base mensile, un calo dello 0,1%. Sono dati sorprendenti visto che le attese erano fissate per un +3,1% a/a e un +0,1% m/m. Anche il dato più interessante ovvero quello core (esclusi energetici e alimentari) ha segnato un +3,3% su base annuale e un +0,1% su base mensile (previsioni +3,4% a/a, +0,2% m/m).
Osservando le serie degli ultimi mesi l’indice core su base mensile dopo numerosi mesi con una crescita tra lo 0,3% e lo 0,4%, ha evidenziato un rallentamento a maggio (+0,2% m/m) confermato poi a giugno (+0,1%).
Le richieste di Powell sembrano essere state soddisfatte. Le pressioni inflazionistiche hanno evidenziato un rallentamento significativo e per tale ragione diventa sempre più probabile la possibilità di un taglio dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve nel meeting di settembre (17-18 settembre). La prossima riunione di luglio (30-31) sarà propedeutica per Powell per anticipare un prossimo cambio di politica monetaria con un probabile taglio dei tassi di interesse nei prossimi mesi.
Quale reazione dei mercati?
La reazione su azionario è stata contrastata dopo forti rialzi iniziali all’uscita del dato si è tornati ai livelli pre-uscita delle cifre macro. I movimenti più significativi sono stati nel valutario con le forti vendite sul dollaro. La coppia valutaria EUR/USD è salita di 50 pips quasi a toccare il limite di 1,09 e quella GBP/USD è passata da 1,2870 a 1,2930. Il movimento più rilevante è stato quello del dollaro/yen sceso di quasi 2 punti percentuali passando da 161,50 a 158,45 sulla scia delle operazioni di vendita di grandi fondi che avevano tante posizioni long aperte sul cambio.