Per gli abitanti della Groenlandia oggi è un giorno decisivo, con la la popolazione è chiamata alle urne per rinnovare i 31 seggi del Parlamento locale. All'orizzonte l'indipendenza dell'isola dalla Danimarca, questione che ha dominato il dibattito politico, in cui sono entrate prepotentemente le dichiarazioni del presidente americano Donald Trump, che vorrebbe annettere l'isola agli Stati Uniti per questioni di sicurezza, ma anche, più prosaicamente, per un discorso legato alle terre rare.
La Groenlandia va al voto, tra il sogno dell'indipendenza e le promesse ruffiane di Trump
Se gli osservatori danno per scontato che il voto premierà partiti e candidati che guardano dichiaratamente all'autonomia dalla Danimarca, il punto cruciale, quale che sarà l'esito della consultazione, è quali saranno le possibili modalità con cui raggiungere l'indipendenza.
I soli punti di divergenza, posto che tutti i principali partiti vogliono la sovranità dell'isola, riguardano la tempistica e il posizionamento in politica internazionale. Un argomento, quest'ultimo, che ha assunto un enorme rilievo dopo che Trump ha esplicitato, inizialmente in modo anche poco rispettoso degli abitanti dell'Isola, le sue mire sulla Groenlandia.
Affermazioni alle quali il primo ministro groenlandese, Mute B. Egede, ha replicato con durezza che l'Isola ''non è in vendita''. Interessante l'analisi che, della situazione, ha fatto Masaana Egede, direttore di Sermitsiaq, il più importante quotidiano dell'Isola, secondo il quale il discorso sull'indipendenza "è stato messo sotto steroidi da Trump''.
"Tutto in questo momento riguarda l'indipendenza'', ha aggiunto.
Diverse le visioni degli esponenti politici su come intraprendere il cammino di totale separazione dalla Danimarca. Il primo ministro Egede ha usato il suo discorso di Capodanno per esortare gli isolani a rimuovere "le catene dell'era coloniale", per poi aggiungere, in campagna elettorale, che il governo deve avere un'ampia base di consensi per varare una ''solida" tabella di marcia per raggiungere l'indipendenza. Ciò includerebbe potenzialmente un accordo con uno o più Paesi "all'interno dell'alleanza occidentale" che garantirebbe la sicurezza della Groenlandia.
L'attuale partner di coalizione del premier, Siumut, il secondo partito più grande dell'assemblea legislativa, ha dal canto suo dichiarato di voler avviare colloqui per l'indipendenza con la Danimarca nel prossimo mandato quadriennale.
Ciò nonostante, entrambi i partiti al governo rischiano di perdere terreno rispetto a forze marginali più piccole, tra cui il partito populista Naleraq che vuole staccarsi rapidamente dalla Danimarca. Approccio diametralmente opposto per Demokraatit, partito che predilige un approdo alla sovranità più lento.
Insomma, se la strada verso l'indipendenza della Groenlandia è data ormai per spianata, per Trump non sembrano esserci possibilità di mettere le mani sull'isola. Ciononostante, lunedì il tycoon ha fatto sapere sul proprio account Truth che gli Stati Uniti sono pronti a investire miliardi di dollari per creare nuovi posti di lavoro e rendere la popolazione ricca. "Se lo desiderate, vi diamo il benvenuto all'interno della più grande nazione del mondo, gli Stati Uniti d'America", ha postato il presidente americano.
Gli stessi sondaggi non confortano le ambizioni di Trump, anche perché, oltre al fatto che la quasi totalità degli abitanti si sono detti contrari all'idea di diventare parte degli Stati Uniti, sarebbe strano che la proposta del presidente americano fosse da un popolo che ambisce all'autonomia.