Ipotizzati spazi di trattativa tra il governo italiano e UniCredit in merito al decreto “golden power” adottato lo scorso 18 aprile, che ha imposto alla banca guidata da Andrea Orcel una serie di prescrizioni nell’ambito dell’offerta pubblica di scambio lanciata da UniCredit per acquisire il 100% di Banco BPM. Secondo quanto evidenziato dal Centro Studi di Unimpresa, l’articolo 1, punto e) del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri costituisce il principale strumento per un eventuale negoziato.
Golden Power, trattativa possibile tra Unicredit e governo
Tale disposizione obbliga UniCredit a comunicare tempestivamente al Ministero dell’Economia e delle Finanze qualsiasi difficoltà nel rispettare le condizioni imposte, corredando la notifica di una motivazione dettagliata. Questo meccanismo consente all’esecutivo di valutare le problematiche segnalate e, se compatibili con gli obiettivi di sicurezza nazionale, di aprire un canale di dialogo per introdurre deroghe, modifiche o estensioni dei termini. Il provvedimento approvato dal governo Meloni riguarda l’offerta di UniCredit notificata il 4 febbraio 2025, per un valore superiore ai 10 miliardi di euro, volta a rilevare l’intero capitale di Banco BPM in vista di una fusione.
L’intervento dell’esecutivo nasce dalla rilevanza strategica di Banco BPM, che attraverso il controllo di Anima Holding, società che gestisce circa 200 miliardi di euro di risparmio nazionale, e il sostegno al credito verso famiglie e piccole e medie imprese italiane, riveste un ruolo cruciale per l’economia reale. Le prescrizioni contenute nel decreto mirano a mitigare i rischi derivanti dalla possibile contrazione degli impieghi sul territorio nazionale e dalla persistente esposizione di UniCredit in Russia. In particolare, UniCredit è tenuta a mantenere stabile il rapporto tra impieghi e depositi, garantire la continuità operativa nel project finance, preservare la stabilità degli investimenti in titoli italiani da parte di Anima Holding e completare l’uscita dalla Federazione Russa entro il 18 gennaio 2026.
Il Centro Studi di Unimpresa segnala che il punto e) rappresenta l’unico strumento flessibile in un quadro normativo altrimenti rigido, permettendo alla banca di presentare proposte di adattamento in relazione, ad esempio, a variazioni macroeconomiche che influenzano la raccolta, o a definizioni operative dei livelli attuali di portafoglio nel project finance. Per quanto riguarda Anima Holding, UniCredit potrebbe proporre impegni alternativi, come l’espansione del patrimonio gestito, chiarendo il significato del termine “sviluppo” contenuto nel decreto.
La questione più complessa riguarda l’abbandono delle attività in Russia, dove UniCredit è presente tramite quattro controllate, tra cui AO UniCredit Bank. In un contesto influenzato dalle sanzioni europee a seguito del conflitto in Ucraina e dai vincoli normativi russi alla dismissione delle attività, la banca potrebbe incontrare difficoltà strutturali nel rispettare la scadenza prevista. Attraverso il meccanismo di notifica previsto dal decreto, UniCredit potrebbe avanzare un piano di uscita graduale, come la riduzione progressiva degli impieghi in sei mesi seguita dalla chiusura definitiva, oppure proporre soluzioni tecniche come la segregazione delle attività a rischio per tutelare il risparmio gestito da Banco BPM.
Tuttavia, i margini di trattativa sono ristretti dalla volontà del governo di garantire la continuità del credito all’economia italiana e ridurre i rischi geopolitici. Il decreto prevede sanzioni severe in caso di inadempimento, comprese multe fino al doppio del valore dell’operazione, la sospensione dei diritti di voto o la nullità dell’ops. Secondo Mariagrazia Lupo Albore, direttore generale di Unimpresa, «UniCredit ha un’opportunità di dialogo, che va sfruttata, con il governo guidato da Giorgia Meloni – per adattare le prescrizioni alle complessità operativa, negoziando modalità di implementazione, tempistiche o soluzioni alternative. Il successo di queste trattative dipenderà dalla capacità della banca e del suo amministratore delegato, Andrea Orcel, di dimostrare impegno nel rispettare gli obiettivi strategici del governo, bilanciando le esigenze commerciali con la protezione della sicurezza nazionale italiana. Va detto che appare quantomeno singolare che il governo sia entrato nel merito di una operazione, con l’intento di tutelare gli interessi nazionali, fermando una banca che ha un azionariato frammentato a tutela di un gruppo il cui azionista di riferimento, con il 20% del capitale, è francese». L’esito di un eventuale negoziato dipenderà dalla capacità dell’amministratore delegato Andrea Orcel di dimostrare l’impegno dell’Istituto a rispettare le priorità strategiche del governo, bilanciando le esigenze industriali e finanziarie con le prescrizioni imposte. La presentazione di piani tecnici articolati e il coinvolgimento delle autorità di vigilanza, come Banca d’Italia e Bce, potrebbero rafforzare la posizione della banca e rendere più efficace il confronto con l’esecutivo.