I nonni sono una sinfonia delicata di mani che rassicurano, risate gentili, storie sussurrate al crepuscolo, biscotti appena sfornati e consigli donati con la leggerezza di chi ha vissuto abbastanza per sapere che tutto passa.
Sono il cuore antico della famiglia, quelli che restano saldi mentre tutto intorno crolla. Eppure, nel mondo che cambia, anche la figura dei nonni si sta trasformando tanto da assumere, altrove, forme che a noi possono sembrare sorprendenti.
Il Giappone e l’abbraccio gentile delle nonne in affitto
Come in Giappone, dove esiste un servizio che permette di “noleggiare” una nonna per qualche ora.
Si chiama OK!Obaachan – in giapponese, “OK!Nonna” – ed è un’iniziativa avviata nel 2011 da Client Partners, un’azienda tutta al femminile con sede a Tokyo.
Il servizio consente di ricevere la visita di una signora che, in modalità nonnina, aiuta a mettere in ordine, cucina, ascolta, offre consigli o semplicemente tiene compagnia. Il tutto per circa 60 dollari a visita.
Un gesto di cura, su richiesta, che si inserisce in un contesto sociale dove la solitudine ha assunto proporzioni allarmanti. Il Giappone, infatti, sta attraversando quella che molti definiscono una vera epidemia di solitudine, in particolare tra le generazioni più avanti con l’età.
Ed è proprio da questa ferita silenziosa che nasce l’idea di offrire, anche fuori dai legami di sangue, una presenza affettuosa e rassicurante. Taeko Kaji, 69 anni, è una delle protagoniste di questo progetto. Dopo la perdita del suo cane, cercava un modo per tenersi impegnata e ritrovare un senso alle sue giornate.
“Non mi annoio mai. Ho la possibilità di uscire e vivere queste esperienze ed è per questo che accettare questo lavoro è stata la decisione giusta per me,” ha raccontato alla TV australiana ABC News. Il progetto, infatti, non nasce solo per offrire assistenza, ma anche per valorizzare competenze umane spesso ignorate: quelle della cura, della pazienza, dell’empatia. Qualità che non sempre il mercato riconosce, e che invece qui diventano risorsa, perfino professione.
“Contribuire alla società attraverso l’esperienza di vita, il lavoro emotivo e le capacità comunicative può offrire uno scopo e un reddito alle donne più avanti con l’età,” ha spiegato Eriko Teramura, professoressa di economia del lavoro all’Università Meikai, sempre all’ABC.
E ancora, Ruri Kanazawa, amministratrice delegata dell’azienda, ha sottolineato il valore di questo legame emozionale: “Molti dei nostri clienti non riescono a chiedere aiuto nemmeno per questioni che, un tempo, si risolvevano in famiglia. Alcuni non hanno mai avuto una madre. Le nostre nonne, che cucinano per loro e si comportano come figure materne, offrono il calore di cui hanno bisogno.”
Inutile negare che qui – dove la famiglia, con tutte le sue contraddizioni, resta ancora un porto sicuro – l’idea dei nonni a pagamento suona decisamente strana, quasi stonata. Perché da noi i nonni sono una rete silenziosa e indispensabile. Senza di loro, moltissime famiglie semplicemente non ce la farebbero. Portano e riprendono i bambini da scuola, preparano pranzi caldi e ascoltano segreti sussurrati con la fiducia che solo loro sanno ispirare. E tutto questo lo fanno senza contratto né tariffa oraria, con una dedizione che non ha bisogno di riconoscimenti ufficiali, perché è amore nella sua forma più pura.
E però sarebbe riduttivo leggere tutto questo come una contrapposizione tra modelli. Perché non si tratta di scegliere chi ha ragione o chi sbaglia, ma di cogliere, in entrambe le esperienze, una verità preziosa: chi ha vissuto di più ha ancora moltissimo da donare. E se da un lato c’è chi riceve affetto con naturalezza, dall’altro c’è chi ne riscopre il valore attraverso nuove forme di relazione. L’importante è che quella ricchezza umana – fatta di presenza, saggezza, calore – non venga dimenticata, ma accolta, custodita e ricollocata al centro di una società che ha un disperato bisogno di legami autentici.
Il punto, quindi, non è tanto se una nonna debba essere pagata o meno, ma se siamo in grado – come società – di riconoscere e onorare la ricchezza affettiva e umana che le persone con più anni sulle spalle sanno offrire. In Giappone, lo si fa attraverso una struttura innovativa e funzionale.
Da noi, ancora, attraverso i legami familiari. Ma in entrambi i casi, la verità resta la stessa: abbiamo bisogno della loro presenza. Che sia una nonna biologica, una zia del cuore, o una sconosciuta che a pagamento entra in punta di piedi nella vita di chi è solo, ciò che conta è il gesto, l’intenzione, la cura. E chissà, magari anche da noi, un domani, quando le famiglie saranno più fragili e le distanze più grandi, un progetto come OK!Obaachan potrà trovare spazio. Non per sostituire l’amore gratuito, ma per non lasciare mai nessuno senza una voce gentile che gli dica: “Sono qui con te”.