Ambiente
Ghiacciai Alpini, Legambiente: nel 2024 persi fino a 3 metri di spessore
Redazione
Il 2024 si chiude con un bilancio negativo per i ghiacciai delle Alpi, nonostante le abbondanti nevicate tardive registrate durante la scorsa primavera. L'anno si conferma un altro tassello nel preoccupante mosaico di cambiamenti che stanno trasformando i paesaggi montani e gli ecosistemi alpini. Tra ritiri consistenti e perdite di spessore, il fenomeno interessa l'intero arco alpino, portando con sé impatti profondi su biodiversità, disponibilità idrica e stabilità ambientale. Emblema della crisi glaciale del 2024 è il ghiacciaio dell'Adamello, il più grande delle Alpi italiane.
Ghiacciai Alpini, Legambiente: nel 2024 persi fino a 3 metri di spessore
Quest'anno ha subìto una perdita di spessore di circa 3 metri nel settore frontale, con effetti della fusione che si sono spinti fino a 3100 metri di quota. Il fenomeno è accentuato dall'espansione dei collassi circolari, manifestazione della contrazione della massa glaciale. A settembre, una fotografia emblematica ha immortalato la fronte della sua lingua completamente scoperta, nonostante i 6 metri di neve misurati in tarda primavera sul Pian di Neve. Non meno preoccupante è la situazione del ghiacciaio del Careser, nel Gruppo Ortles-Cevedale, che ha perso in media 190 centimetri di spessore, o dei ghiacciai altoatesini della Vedretta Lunga, in Val Martello, e della Vedretta di Ries, in Valle Aurina, con perdite sulle lingue glaciali che variano tra 1,5 e 2 metri.
Questi dati allarmanti sono stati diffusi da Legambiente durante la Giornata Internazionale della Montagna con il quinto report della "Carovana dei ghiacciai", intitolato “Gli effetti della crisi climatica su ghiacciai, ambiente alpino e biodiversità”. Il documento è frutto della collaborazione con il Comitato Glaciologico Italiano (CGI) e CIPRA Italia ed è stato presentato all'Università Bicocca di Milano. “Dopo gli anni critici del 2022 e del 2023, segnati da gravi perdite di massa glaciale non solo sul versante meridionale dell'arco alpino, il 2024 non ha portato il miglioramento sperato,” ha dichiarato Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente e presidente di CIPRA Italia. “La crisi climatica accelera il deterioramento dei ghiacciai, del permafrost e delle calotte polari, generando nuove aree proglaciali dove emergono ecosistemi ancora da studiare e tutelare.” Legambiente ha ribadito la necessità di un’azione coordinata a livello europeo, proponendo una road map che metta al centro montagne, ghiacciai e biodiversità. Tra le dodici proposte avanzate, sei riguardano interventi generali, mentre altre sei sono specifiche per l'area alpina. L'obiettivo è adottare le misure entro il 2025, proclamato anno internazionale dei ghiacciai.
Il quadro che emerge è il risultato di un’accelerazione della crisi climatica, con temperature record e un innalzamento dello zero termico che hanno vanificato i benefici delle nevicate primaverili. Nel 2024, sull'arco alpino sono stati registrati ben 146 eventi meteorologici estremi, che hanno ulteriormente destabilizzato la montagna. Lombardia, Veneto e Piemonte sono le regioni più colpite, con rispettivamente 49, 41 e 22 eventi significativi. Alcuni episodi hanno avuto un impatto diretto sui ghiacciai, come l’arrivo di polveri sahariane trasportate dalle perturbazioni primaverili, che hanno accelerato la fusione del manto nevoso. “Ignorare quanto sta accadendo in alta quota significa esporre il nostro pianeta a rischi insostenibili,” ha sottolineato Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente. “È necessario lavorare sulle politiche di mitigazione e adattamento alla crisi climatica, collaborando con ricercatori ed esperti.”
La crisi glaciale non è solo un problema di paesaggio: i suoi effetti si ripercuotono su flora e fauna alpine. Tra le specie più minacciate ci sono i camosci, che faticano a trovare cibo di qualità sufficiente, soprattutto a giugno, periodo critico per la nascita e l’allattamento dei piccoli. Anche la lepre bianca, l'ermellino e la pernice bianca affrontano sfide crescenti: la mancata sincronia tra la muta e la stagione della neve aumenta la loro visibilità ai predatori. Per quanto riguarda la flora, il ritiro dei ghiacciai sta mettendo a rischio piante specializzate come l’Artemisia genipi, la Saxifraga bryoides e il ranuncolo dei ghiacciai, che perdono il loro habitat unico. Parallelamente, il vuoto lasciato dai ghiacciai è colonizzato da nuovi ecosistemi e il bosco si espande.
Uno studio pubblicato su Science prevede che, con un aumento di 3 °C nei prossimi 100 anni, le aree di vegetazione si sposteranno di circa 600 metri verso l'alto. Tra gli episodi più significativi dell'anno, il report di Legambiente evidenzia tre casi emblematici. si va dal ghiacciaio Tschierva, situato sotto il Piz Bernina, la vetta più alta delle Alpi orientali, in Svizzera, dove il 16 aprile 2024 si è verificata una frana d’alta montagna con 8-9 milioni di metri cubi di roccia e ghiaccio che si sono staccati dalla montagna scivolando a valle; al rock glacier di Livigno, dove la degradazione del ghiaccio interno ha provocato, durante l’estate scorsa, una serie di colate di detrito. Sulle Alpi Occidentali il nubifragio del 29-30 giugno ha causato profonde trasformazioni morfologiche in Valle d’Aosta e Alta Val Sesia. Non mancano, tuttavia, rare note positive: il ghiacciaio del Montasio, in Friuli-Venezia Giulia, ha registrato un leggero incremento di acqua equivalente (+200 mm).
In questo scenario, Legambiente insiste sulla necessità di una governance integrata, che coinvolga amministratori locali, ricercatori e comunità montane. Tra le proposte più rilevanti, l'associazione suggerisce di avviare un monitoraggio della biodiversità degli ambienti glaciali; completare lo studio delle potenziali aree-rifugio; migliorare la protezione degli ecosistemi in quota; L’obiettivo è tutelare almeno il 30% del territorio alpino entro il 2030, garantendo una gestione sostenibile delle nuove aree proglaciali. “La perdita di massa glaciale modifica drasticamente il paesaggio e impatta sulle comunità locali,” ha affermato Valter Maggi, presidente del Comitato Glaciologico Italiano. “Serve un impegno corale per salvaguardare ciò che resta dei nostri ghiacciai e delle risorse idriche che forniscono.”