Centinaia di persone sono scese in piazza a Gaza per partecipare alla più grande protesta contro Hamas dall'inizio della guerra con Israele. I manifestanti hanno denunciato la gestione del gruppo islamista del conflitto e la situazione disastrosa nella Striscia.
Gaza: proteste anti-Hamas, Netanyahu minaccia occupazione
Martedì, le strade di Beit Lahia, nel nord della Striscia, sono state teatro di una mobilitazione senza precedenti. Video, diffusi sui social media da attivisti critici nei confronti di Hamas, mostrano giovani uomini marciare scandendo slogan come "Fuori, fuori, fuori, Hamas fuori" e "Abbasso il governo di Hamas, abbasso il governo dei Fratelli Musulmani".
La reazione di Hamas non si è fatta attendere: militanti mascherati, armati di pistole e manganelli, sono intervenuti con la forza, disperdendo i manifestanti e aggredendone diversi. Il gruppo ha poi accusato i dimostranti di promuovere "agende politiche sospette" e di voler distogliere l'attenzione dalla responsabilità di Israele nella guerra in corso.
Le proteste sono esplose il giorno dopo che la Jihad Islamica ha lanciato razzi contro Israele, provocando una reazione militare che ha portato all'evacuazione di gran parte di Beit Lahia da parte delle forze israeliane. Questo ha alimentato la rabbia della popolazione locale, che si sente ostaggio delle milizie e della guerra in corso.
Almeno un appello alla protesta era stato diffuso su Telegram. "Non so chi abbia organizzato la protesta", ha dichiarato un uomo all'Agence France-Press. "Ho partecipato per inviare un messaggio a nome del popolo: basta con la guerra", ha scritto raccontando di aver visto "membri delle forze di sicurezza di Hamas in abiti civili interrompere la protesta".
Una dichiarazione degli anziani di Beit Lahiya ha espresso sostegno alle proteste contro l'offensiva israeliana e il blocco rafforzato, ribadendo tuttavia il pieno appoggio della comunità alla resistenza armata contro Israele. Il comunicato ha anche respinto "qualsiasi tentativo di sfruttare le legittime richieste popolari da parte di una quinta colonna", un'apparente allusione agli oppositori di Hamas.
Il malcontento nei confronti di Hamas non è una novità, ma la paura di ritorsioni ha sempre limitato le critiche aperte. Tuttavia, il conflitto in corso ha portato sempre più persone a esprimere il proprio dissenso, sia nelle strade che online.
Di fronte alle proteste, un esponente di Hamas ha dichiarato che "le persone hanno il diritto di gridare per il dolore", ma ha accusato i manifestanti di avere "programmi sospetti" e si è chiesto perché non vi siano proteste analoghe in Cisgiordania, definendo "inaccettabile" sfruttare la crisi umanitaria a Gaza per "spostare la colpa" da Israele.
Nel frattempo Netanyahu ha rinnovato le minacce di occupare il territorio di Gaza nel caso in cui Hamas non rilasci gli ostaggi israeliani ancora prigionieri. Minacce che sono sono giunte a una settimana dalla ripresa delle operazioni militari israeliane nella Striscia di Gaza, interrompendo la relativa calma seguita al cessate il fuoco di gennaio. "Quanto più Hamas continuerà a rifiutarsi di rilasciare i nostri ostaggi, tanto più potente sarà la repressione che eserciteremo", ha affermato il primo ministro durante un'udienza parlamentare, interrotta più volte dalle proteste dei membri dell'opposizione, aggiungendo: "Lo dico ai miei colleghi della Knesset, e lo dico anche ad Hamas: questo include la confisca dei territori, insieme ad altre misure che non approfondirò qui".
Dal canto suo, Hamas ha risposto con un avvertimento, dichiarando che gli ostaggi potrebbero essere uccisi se Israele tentasse un'operazione militare per recuperarli. "Ogni volta che l'occupazione tenta di recuperare i suoi prigionieri con la forza, finisce per riportarli indietro nelle bare", ha affermato il gruppo in un comunicato.
Il tutto mentre almeno nove palestinesi sono stati uccisi in due attacchi aerei israeliani nel centro di Gaza, secondo fonti mediche locali. Uno degli attacchi ha colpito un gruppo di palestinesi riuniti davanti a un ente di beneficenza che distribuiva pasti caldi nel campo profughi di Nuseirat. L'ospedale di al-Awda ha riferito che almeno cinque persone, tra cui una donna e sua figlia adulta, sono morte. La ripresa delle operazioni militari israeliane ha provocato un nuovo esodo di sfollati: secondo l'ONU, in una settimana 142.000 persone sono state costrette a lasciare le loro case.
"Circa il 90% della popolazione di Gaza è stata sfollata almeno una volta dall'inizio della guerra il 7 ottobre 2023", ha dichiarato il portavoce del segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres. In questo scenario, non ci sono segnali che Israele stia valutando l'apertura di nuovi punti di ingresso per permettere il flusso di aiuti umanitari, mentre l'offensiva continua, con il ministero della Salute di Gaza che riferisce che il bilancio delle vittime ha superato i 50.000 palestinesi uccisi e 113.408 feriti dall'inizio del conflitto.