Esteri

Gaza, raid su ospedali e quartieri civili: l’ONU denuncia rischio genocidio

Barbara Leone
 
Gaza, raid su ospedali e quartieri civili: l’ONU denuncia rischio genocidio

Medioriente in primo piano su tutti i media internazionali. Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz, riferisce la CNN, ha descritto Gaza come “in fiamme”, ribadendo che l’operazione mira a colpire “le infrastrutture terroristiche” e a garantire la liberazione degli ostaggi. Per Benjamin Netanyahu, Israele si trova in una “fase critica” della guerra.

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Ma se per il governo di Gerusalemme l’assalto è strategico, per la comunità internazionale è un passo verso una catastrofe umanitaria annunciata. Le Nazioni Unite hanno parlato apertamente di genocidio, sostenendo che i civili palestinesi siano stati presi di mira “per la loro identità”. Israele ha rigettato “categoricamente” le accuse, definendo “distorto e falso” il rapporto dell’Onu.

La crisi umanitaria, del resto, appare fuori controllo. Secondo fonti locali, solo ieri almeno 93 persone sono state uccise nel nord di Gaza e oltre 100 in tutta l’enclave. Le immagini trasmesse dalla CNN mostrano quartieri ridotti in macerie, come Sheikh Radwan, e file di famiglie in fuga con poche borse e coperte.

“Paura, paura, è solo paura”, ha detto Maysar Al Adwan, un residente, raccontando una notte passata tra esplosioni incessanti. Altri, come Ahmad Abul-hal, hanno descritto la fuga come un passaggio “dalla morte alla morte”. A rendere il quadro ancora più drammatico, l’ONU e l’UNICEF hanno lanciato un allarme per la sorte di circa 450.000 bambini, intrappolati tra carestia e traumi, senza accesso ad aiuti e cure. Volker Türk, Alto Commissario per i diritti umani, ha chiesto alla comunità internazionale di fermare “questa carneficina”, mentre l’Autorità Nazionale Palestinese ha parlato di “crimine di guerra” e invocato un intervento globale. Sul piano diplomatico, Israele continua però a contare sull’appoggio di Washington.

La visita del segretario di Stato Marco Rubio a Gerusalemme, coincisa con l’avvio dell’offensiva, ha ribadito il sostegno americano: Hamas deve rilasciare i 48 ostaggi rimasti e abbandonare il potere, ha detto, riconoscendo però che un simile scenario resta improbabile. Dal canto suo, Hamas ha denunciato un’“escalation sionista barbara e senza precedenti”. Il Guardian aggiunge che l’esercito israeliano ha aperto una “via di fuga temporanea” lungo Salah al-Din, utilizzabile solo per 48 ore.

È la prima volta che Tel Aviv indica una tempistica per l’operazione: secondo fonti militari, il controllo di Gaza City richiederà mesi. Netanyahu ha parlato di “sconfitta del nemico ed evacuazione della popolazione”, evitando di menzionare esplicitamente la liberazione degli ostaggi, mentre a Gerusalemme le famiglie degli israeliani prigionieri protestavano davanti alla sua residenza.

Sempre il Guardian, citando Reuters, riferisce che intanto Transneft – il monopolista russo degli oleodotti – ha avvertito i produttori di possibili tagli alla produzione a causa dei ripetuti attacchi ucraini a porti e raffinerie. Kiev ha rivendicato un raid contro la raffineria di Saratov, mentre Mosca ha denunciato un colpo ucraino a una stazione di distribuzione del gas nella regione di Sumy. Per Volodymyr Zelenskyy, i raid alle infrastrutture petrolifere sono “le sanzioni che funzionano più velocemente”. Sul fronte diplomatico, Ursula von der Leyen ha annunciato il 19° pacchetto di sanzioni europee contro la Russia, concordato dopo una telefonata con Donald Trump. Il presidente americano ha intanto dichiarato che l’Ucraina “dovrà raggiungere un accordo”, mentre l’Europa dovrà interrompere l’acquisto di petrolio russo.

Il conflitto continua a pesare sui civili: a Kharkiv un missile ha colpito un edificio scolastico, ferendo quattro persone. Un rapporto della Facoltà di Salute Pubblica di Yale ha documentato più di 210 siti in Russia dove sarebbero stati deportati minori ucraini, tra addestramento militare e programmi di rieducazione, stimando fino a 35.000 bambini coinvolti. Sul fronte militare, Reuters riferisce che gli Stati Uniti stanno preparando nuovi pacchetti di aiuti: due spedizioni da 500 milioni di dollari ciascuna, le prime sotto l’amministrazione Trump, nell’ambito del programma “Purl”. In Italia, intanto, un tribunale di Bologna ha autorizzato l’estradizione in Germania di un cittadino ucraino accusato del sabotaggio del gasdotto Nord Stream. E in Russia l’FSB ha arrestato una donna sospettata di aver tentato di sabotare la ferrovia Transiberiana. Intanto, in Canada, la ministra Chrystia Freeland ha lasciato il suo incarico per diventare Inviata Speciale in Ucraina, segnale dell’impegno del governo di Ottawa a fianco di Kiev.

A completare il quadro internazionale, negli Stati Uniti e Regno Unito l’attenzione è concentrata sulla visita di Stato di Donald Trump a Londra, raccontata da CNN e BBC. È la seconda volta che un presidente americano riceve un simile onore. Atterrato con la first lady Melania, Trump ha incontrato dignitari e oggi sarà ricevuto da Carlo III e Camilla al Castello di Windsor. Sul tavolo non solo cerimonie: Washington e Londra hanno annunciato un “Tech Prosperity Deal” con miliardi di dollari di investimenti congiunti in intelligenza artificiale, calcolo quantistico ed energia nucleare. Google, Microsoft, Nvidia e OpenAI hanno promesso nuovi centri di ricerca e infrastrutture, con la prospettiva di oltre 5.000 posti di lavoro solo nel Nord-Est britannico.

Il governo di Keir Starmer ha parlato di “cambiamento generazionale” nei rapporti bilaterali, mentre Microsoft ha promesso 30 miliardi per il supercomputer più potente mai costruito nel Regno Unito e Google 6,8 miliardi per un nuovo data center. Nvidia, infine, distribuirà nel Paese un cluster di 120.000 chip avanzati, il più grande lancio europeo finora. La visita, blindata e lontana dal pubblico, è accompagnata da proteste isolate contro Trump ma anche da un’accoglienza calorosa da parte della Famiglia Reale, che intende usare il prestigio dell’occasione per rafforzare i rapporti transatlantici. Per il presidente americano, rispettoso delle convenzioni monarchiche più di quanto non lo sia delle consuetudini politiche, si tratta di un ritorno sul palcoscenico britannico con tanto di banchetto reale, sfarzo e simbolismi che hanno già catalizzato l’attenzione della stampa internazionale.

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