“Gelato al cioccolato, dolce un po’ salato…”, cantava anni e anni fa Pupo senza sapere che, un giorno, dall’altra parte dell’oceano qualcuno avrebbe preso quel ritornello alla lettera facendone un manifesto gastronomico.
Perché se c’è un Paese capace di trasformare qualsiasi cosa in una trovata da supermercato, quello sono gli Stati Uniti. E così, mentre noi discutiamo ancora se il pistacchio debba venire da Bronte o se la carbonara possa sopportare la cipolla (spoiler: anche no), loro se ne escono con frullati al ketchup e gelati al latte materno.
Pastrocchi (gastronomici) a stelle e strisce
Creatività gastronomica? Avanguardia? No. Semplicemente l’ennesimo papocchio made in Usa travestito da innovazione. Il primo colpo lo ha assestato Heinz con Smoothie King, presentando al mondo il frullato al ketchup. E già qui la storia sembra la parodia di se stessa.
Fragole, lamponi, açai, succo di mela… tutto avrebbe potuto finire bene, se non fosse arrivata la bottiglietta rossa a rovinare la festa. E voilà: una bevanda che sembra più un esperimento di biologia delle superiori che una scelta di menu.
Naturalmente, il marketing la vende come “un mix dolce-salato che celebra il pomodoro in tutto il suo splendore”. In realtà celebra l’assenza di una tradizione: quando non hai nulla da difendere, ti inventi qualsiasi follia purché abbia un’etichetta sopra. E mentre il mondo ancora ride (o piange) davanti a questa trovata, a Brooklyn decidono che è il momento perfetto per rilanciare.
Ed è qui che entra in scena il gelato al latte materno. Tranquilli, nessuna madre è stata munta per l’occasione: il segreto sta nel colostro bovino, il primo latte della mucca dopo il parto, trasformato in ingrediente di tendenza. Anche il questo caso il capolavoro è un inno a Pupo, visto che viene descritto come un “dolce un po’ salato”, con sentori di miele e una distinta sfumatura gialla. Gialla di che cosa, non è dato sapere: la fantasia corre dal laboratorio farmaceutico al secchio delle vernici Pantone.
Ora, non è che l’idea sia totalmente campata in aria: il colostro bovino è ricco di vitamine, proteine e anticorpi, e gli sportivi lo usano già come integratore. Ma un conto è deglutire una capsula, un altro è trovarsi con un cono in mano al sapor di latte materno. Diciamo la verità: con tutto il rispetto, fa un po’ senso. Il bello, si fa per dire, è che c’è pure chi ha osato provarlo e lo ha definito “davvero delizioso”. Forse gli stessi che ordinano la pizza all’ananas con aria compiaciuta, convinti di sfidare la tradizione quando in realtà stanno solo offendendo il buon senso.
La verità è che queste creazioni dicono molto più di quanto sembri sulla cucina americana. Perché lì, dove mancano secoli di stratificazione culinaria, ogni invenzione diventa spettacolo: non conta se sia buona, conta che sia strana, ''instagrammabile'', degna di un titolo sul New York Times.
E allora via con gli esperimenti: se non puoi avere un parmigiano stagionato o un prosciutto che sa davvero di prosciutto, ti butti sui frullati rosso ketchup e sui gelati al colostro. Loro la chiamano innovazione, noi la chiamiamo disperazione colata in un bicchiere. E così, mentre noi continuiamo a litigare sul confine tra ragù bolognese e napoletano, oltreoceano trasformano la cucina in un reality show, dove vince chi osa di più. Alla fine, resta la nostra fortuna: vivere in un Paese dove “dolce un po’ salato” resta una canzone di Pupo e non un incubo nel menu.