Esteri
Francia: l'Assemblea nazionale mette fine al governo Barnier, ormai è caos politico
Redazione
Ieri sera, a conclusione di una giornata politica convulsa, l'Assemblea nazionale francese ha votato la sfiducia al governo di Michel Barnier (una situazione che non accadeva da oltre sessant'anni), che oggi rassegnerà le dimissioni nelle mani del presidente Macron, appena tornato a Parigi dopo un'importante visita di Stato in Arabia Saudita.
È quindi durato tre mesi il governo che, voluto da Macron, avrebbe dovuto cercare di fare prevalere la consapevolezza dell'interesse dello Stato rispetto alla divisioni politiche. Ma le scelte (o non scelte, a seconda dei casi) di Barnier hanno saldato le istanze delle opposizioni di estrema destra ed estrema sinistra che, con una alleanza innaturale, hanno fatto convergere i loro voti sancendo, con la sfiducia, la fine dell'esecutivo, nato con le migliori intenzioni, ma che nei fatti ha dimostrato la sua estrema debolezza.
Quanto accaduto ieri sera non farà che aumentare l'instabilità politica in Francia, sulla scia delle elezioni anticipate dell'estate che non hanno non hanno portato nessun gruppo ad avere la maggioranza in parlamento.
Il responso dei numeri è impietoso rispetto al governo. Bastavano 288 voti per l'approvazione della mozione: ne sono arrivati 331, a conferma della trasversalità del giudizio negativo sull'operato di Barnier e del suo grande suggeritore, Macron.
Le conseguenze sono, oltre che politiche, anche pratiche poiché le dimissioni che oggi presenterà Barnier decreteranno l'inapplicabilità del bilancio che aveva presentato mettendo a rischio l'operatività anche amministrativa dello Stato.
A dare la spinta finale alle opposizioni è stata la decisione di Barnier di fare approvare le riforme della previdenza sociale invocando il decreto presidenziale, nonostante non fosse riuscito a ottenere un sostegno sufficiente per le misure. Un bilancio che la leader del Rassemblement National, Marine Le Pen, aveva liquidato come ''tossico'' per i francesi.
Prima del voto, Barnier aveva dichiarato all'Assemblea nazionale che escluderlo dall'incarico non avrebbe risolto i problemi finanziari del Paese.
"Siamo giunti a un momento di verità e di responsabilità", ha affermato, aggiungendo che "dobbiamo esaminare la realtà del nostro debito. Non mi fa piacere proporre misure difficili."
Anche se ha detto di non chiedere ufficialmente le dimissioni di Emmanuel Macron, in una intervista a TF1 Le Pen ha chiosato che "se non rispettiamo la voce degli elettori e non mostriamo rispetto per le forze politiche e per le elezioni", allora la pressione sul presidente "sarà ovviamente sempre più forte", frasi che sembrano riproporre l'autocandidatura all'Eliseo.
Per questa sera è previsto un discorso alla nazione da parte di Macron, non toccato direttamente dal voto di censura, ma certamente in una condizione di equilibrio precario, posto che il Paese non gli perdonerebbe, dopo il disastroso risultato dell'esperimento Barnier, un nuovo arzigogolo politico pur di restare in sella. Le previsioni sono che Macron nomini, rapidamente, il successore di Barnier, in vista di importanti appuntamenti dei prossimi giorni (compreso quello con Donald Trump che sarà a Parigi questo fine settimana per la riapertura della cattedrale di Notre-Dame).
Tecnicamente non possono essere indette nuove elezioni parlamentari prima di luglio, quindi l'attuale situazione di stallo nell'Assemblea, in cui nessun gruppo può sperare di avere una maggioranza effettiva, è destinata a perdurare.