La prima edizione del Family Business Sustainability Summit, organizzata da TEHA Group e Chiomenti a Palazzo di Varignana, ha presentato il Rapporto Strategico "Radici nel futuro", che analizza il rapporto tra aziende familiari e sostenibilità in Europa e Italia. Le aziende familiari costituiscono l'81% delle imprese italiane e generano il 68% del Pil. Tra il 2010 e il 2022, hanno registrato una crescita annua dell'8,9% contro l' 8,1% delle non familiari, con un ROI medio del 9,8% rispetto all'8,1% delle altre imprese e un livello di indebitamento inferiore. Tuttavia, la produttività risulta inferiore del 18% rispetto alle aziende non familiari, con un peggioramento dal 2018.
Family Business Sustainability Summit: analisi strategica sulla sostenibilità delle aziende familiari
Sul fronte della sostenibilità, le aziende familiari appaiono in ritardo: meno del 10% delle grandi imprese familiari europee pubblica un bilancio ESG e il 76% dei Ceo italiani richiede una transizione più graduale. Il rapporto evidenzia come la sostenibilità possa essere raggiunta attraverso investimenti in digitale e nuove tecnologie, l'inserimento di manager esterni e alleanze di filiera. Sono state formulate raccomandazioni strategiche rivolte a istituzioni, aziende familiari e attori economici. Per le istituzioni, si suggerisce di accelerare l'aggiornamento normativo, semplificare l'accesso al credito e sviluppare piani di Twin Transition per favorire l'adozione di tecnologie verdi e digitali. Le aziende familiari dovrebbero integrare investimenti in sostenibilità e digitalizzazione, migliorare la governance, incentivare progetti di filiera e costruire alleanze territoriali.
Il 42% delle imprese richiede incentivi finanziari per la sostenibilità, il 58% degli investitori EU lamenta la carenza di dati ESG affidabili, il 46% dei lavoratori ritiene di non possedere competenze per la transizione verde, il 34% dei consumatori europei chiede regolamentazioni più stringenti e il 22% dei cittadini italiani è disposto a pagare più tasse per sostenere la transizione. Solo il 9,2% delle imprese familiari italiane pubblica un bilancio di sostenibilità, un dato simile ad altri Paesi europei. Il 41% delle aziende familiari non riceve pressioni sulla sostenibilità dagli stakeholder, con la maggiore influenza esercitata dai clienti business, seguiti dal settore finanziario e dalle istituzioni. Il 92% delle aziende familiari riconosce i benefici della sostenibilità, in particolare per la reputazione e la fiducia nel brand.
Il 76% delle aziende preferisce una transizione graduale, mentre il 24% accetterebbe squilibri nel breve termine per raggiungere risultati concreti. Il 60% delle imprese familiari ritiene che la transizione debba essere guidata dal mercato, mentre il 57% delle non familiari crede che il ruolo principale spetti alle istituzioni. Stabilità finanziaria, affidabilità e visione di lungo termine rendono le imprese familiari resilienti agli shock economici, ma sono necessari cambiamenti per completare la transizione sostenibile. Tre elementi chiave emergono: combinare investimenti digitali e sostenibilità, aprire le società a manager esterni per favorire innovazione e adottare tecnologie 4.0, rafforzare le alleanze di filiera per integrare nuove competenze.
Il 52% delle medie imprese italiane che hanno investito nella twin transition tra il 2017 e il 2021 prevedeva di superare i livelli produttivi pre-Covid, contro il 21% di quelle che non hanno investito in sostenibilità o digitale. L'82% delle aziende familiari riconosce l'importanza di rafforzare le competenze del CdA, in particolare in business e sostenibilità, e il 70% ha inserito consiglieri esterni. Il 47% considera le alleanze di filiera uno strumento efficace per la transizione sostenibile, poiché consentono sinergie produttive ed economie di scala. Tra il 2020 e il 2022, il 40% delle imprese italiane ha instaurato alleanze di filiera, in crescita rispetto al 35% del triennio precedente.
Le aziende familiari stanno progressivamente abbracciando la sostenibilità, ma restano ostacoli come la mancanza di incentivi economici e la necessità di una regolamentazione più efficace. Il percorso verso un modello economico sostenibile è avviato, ma richiede un equilibrio tra regolamentazioni e incentivi per evitare che i costi della transizione pesino sui soggetti più vulnerabili.