Esteri

Argentina: un anno di presidenza Milei hanno cambiato l'economia del Paese

Redazione
 
L'uomo della motosega, l'ultraliberista che vinse le elezioni presidenziali argentine promettendo che avrebbe rimesso in piedi l'economia disastrata di un Paese devastato dalle politiche peroniste, quelle che sembravamo modellate sul boccaccesco (non scollacciato, ma nel senso letterario), ''del doman non c'è certezza'', ha forse vinto la sua scommessa. Almeno quella parte della scommessa che Javier Milei lanciò già prima del suo ingresso nella Sasa Rosada, vedendo che le economie domestiche degli argentini erano aggredite da aumenti quasi quotidiani dei beni di maggiore consumo.

Lui, che aveva anticipato che avrebbe tagliato le spese inutili, anche se questo comportava misure dolorose, come licenziamenti e drastica riduzione dei conferimenti a Ministeri, Province e Comuni, così come per l'istruzione (a cominciare dalle università), oggi può guardare con fiducia - cosa che peraltro non gli è mai mancata - al futuro, lui che, definendosi un ''anarco-capitalista'' e maneggiando con abilità la comunicazione (è stato opinionista televisivo), aveva detto che avrebbe prosciugato l'elefantiasi della macchina pubblica e tagliato l'inflazione.
La sua oratoria incendiaria, il suo aspetto da nerd anni 70, le sue manifestata passioni (le donne, i cani, i Rolling Stones) ne avevano fatto un personaggio pittoresco, che invece si è dimostrato capace di ribaltare il tavolo economico di un Paese ad un passo dal default.

Pur sapendo che sarebbero state misure impopolari, Milei ha tagliato i sussidi all'energia e ai trasporti, ha deciso di licenziare decine di migliaia di dipendenti pubblici, ha congelato i progetti infrastrutturali pubblici, imponendo il blocco di salari e pensioni per portarli sotto al tasso di inflazione ufficiale.
Gli effetti della sua politica sono stati subito evidenti: la disoccupazione è aumentata , l'attività economica è diminuita e la povertà è aumentata .

Ma, ora, a distanza di un anno, quella che era apparsa come una bizzarra politica economica, comincia ad avere più la parvenza di scelte ponderate. Perché l'inflazione mensile è crollata, i titoli obbligazionari sono aumentati e il divario tra il dollaro del mercato nero e il tasso ufficiale si è ridotto fino al 44%.
E se questo non bastasse, si deve guardare ad un'altra evidenza: l'indice di rischio Paese dell'Argentina, una misura influente del rischio di insolvenza, è al suo punto più basso in cinque anni.
L'inflazione, flagello perpetuo dell'Argentina e massima priorità di Milei al suo insediamento, è rallentata da un tasso mensile del 25,5% a dicembre 2023 ad appena il 2,7% a ottobre , il livello più basso degli ultimi tre anni.

Un calo molto più veloce di quello che gli economisti si aspettassero.
Però la strada per Milei (vista anche la pesante eredità che ha raccolto) resta lunga e in salita, visto che il tasso di inflazione annuale dell'Argentina rimane al 193%.
Gli argentini però riservano maggiore attenzione all'inflazione mensile, quindi plaudono all'azione del governo, almeno in questo specifico settore.
Un peso più forte sta anche rafforzando la fiducia. Il prezzo del dollaro al mercato nero è sceso da luglio, riducendo il divario con il tasso ufficiale di 980. Ma un peso forte comporta anche dei rischi: schiaccia l'industria nazionale rendendo le esportazioni più costose, scoraggia gli investitori e aumenta i timori di un crollo. I visitatori stranieri vengono avvisati di prezzi più alti all'inizio della stagione turistica di punta.
Il rigore da ''lacrime e sangue'' di Milei sta lasciando indietro alcune categorie. Come gli edili che, in duecentomila, hanno perso il posto di lavoro dopo che il governo ha sospeso i progetti di lavori pubblici, lasciando le città disseminate di strutture non completate.
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