Ambiente & Sostenibilità

Earth Day: WWF richiama a Laudate Deum per proteggere la Terra ogni giorno

Redazione
 
Earth Day: WWF richiama a Laudate Deum per proteggere la Terra ogni giorno

In questo 22 aprile, primo Earth Day senza la voce profetica di Papa Francesco, il silenzio della sua assenza sembra amplificare il rumore assordante dell’emergenza climatica. Ma le sue parole, pronunciate con la forza disarmante della verità nella sua Esortazione Laudate Deum, tornano oggi a farsi sentire con una potenza rinnovata.

Earth Day: WWF richiama a Laudate Deum per proteggere la Terra ogni giorno

«Coloro che detengono il potere rischiano di essere ricordati per la loro incapacità di agire quando era urgente e necessario farlo». Un monito, quasi un testamento spirituale e politico, rivolto a chi ha nelle mani il destino del pianeta e delle generazioni future. Un’esortazione accorata che il pontefice aveva già rilanciato nel 2015 con Laudato Si’, e che oggi risuona in tutta la sua drammatica attualità. Francesco non ha mai smesso di chiedere una transizione energetica ed ecologica giusta, capace di tutelare le persone e imprimere una svolta concreta all’azione climatica.

«Dobbiamo superare la logica di apparire sensibili al problema e allo stesso tempo non avere il coraggio di fare cambiamenti sostanziali», aveva ammonito. E oggi, in questo giorno simbolico in cui il mondo finge di celebrare la Terra, le cifre raccontano una realtà ben più fosca.

Secondo i dati diffusi dal WWF, mentre si moltiplicano gli slogan e le dichiarazioni di intenti, il nostro pianeta continua a essere ferito ogni singolo giorno. Oggi, come ieri, sono stati distrutti 13 mila ettari di foreste. Oggi, come ogni altro giorno, più di 800 cetacei sono rimasti intrappolati negli attrezzi da pesca fantasma. E oggi, come sempre, abbiamo immesso nell’atmosfera 102 milioni di tonnellate di CO₂. Una conta quotidiana di devastazione che, moltiplicata per i 365 giorni dell’anno, delinea uno scenario apocalittico. Nel 2024, le emissioni globali di anidride carbonica hanno raggiunto un nuovo record: 37,4 miliardi di tonnellate.

La natura, da sola, non riesce più ad assorbire l’impatto dell’attività umana: negli ultimi dieci anni solo il 54% della CO₂ è stato assorbito da ecosistemi terrestri e marini. Il resto si è accumulato in atmosfera, accelerando il riscaldamento globale e intensificando gli eventi estremi. Le foreste, polmoni verdi del nostro pianeta, stanno scomparendo a un ritmo impressionante: 4,7 milioni di ettari ogni anno. In Amazzonia ci stiamo pericolosamente avvicinando al tipping point, il punto di non ritorno in cui la foresta pluviale non sarà più in grado di rigenerarsi. Nelle aree tropicali, il 90% della deforestazione è imputabile all’agricoltura intensiva e all’allevamento di bestiame.

Ma non è solo la terra a soffrire. Gli oceani, un tempo culla di vita, sono diventati trappole mortali. Ogni anno, oltre 300.000 cetacei muoiono intrappolati negli attrezzi da pesca abbandonati, le cosiddette “reti fantasma”. Una cifra probabilmente sottostimata, perché gran parte degli intrappolamenti non viene osservata né segnalata. Si stima che tra le 500.000 e 1 milione di tonnellate di questi strumenti letali vengano disperse ogni anno in mari e oceani. E nel solo Mediterraneo, finiscono in acqua 630 tonnellate di plastica al giorno. All’emergenza plastica si aggiunge l’allarme pesticidi: ogni giorno vengono utilizzate fino a 11.000 tonnellate di sostanze chimiche che, disperdendosi nell’ambiente, avvelenano suoli, acque e catene alimentari. Un cocktail letale che sta decimando la biodiversità. L’ultimo Living Planet Report del WWF traccia un bilancio desolante: negli ultimi 50 anni la dimensione media delle popolazioni di vertebrati selvatici monitorati si è ridotta del 73%. È un’emorragia silenziosa, che rischia di trascinarci verso l’estinzione di massa più veloce della storia recente.

Tutto questo avviene mentre la consapevolezza scientifica e la conoscenza delle soluzioni sono ai massimi livelli. Eppure, l’azione politica e industriale non tiene il passo. Mai come ora si è aperta una frattura così profonda tra il sapere e il fare. Il rischio? Perdere tutto ciò che rende possibile la vita sulla Terra, con conseguenze devastanti per la salute, la sicurezza e l’economia globali. E l’Europa, Italia compresa, non fa eccezione. I dati del Rapporto 2024 sullo Stato del Clima, elaborati dal Servizio per il Cambiamento Climatico di Copernicus e dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale, sono inequivocabili. Alluvioni sempre più violente hanno colpito oltre 500.000 persone e causato 335 morti.

Le ondate di calore sono state del 60% superiori alla media. E gli incendi forestali hanno travolto la vita di almeno 42.000 persone. Di fronte a questi numeri, sottolinea il WWF, non basta più un giorno all’anno per celebrare la Terra. Non serve più indulgere in retorica. È tempo di cambiare tono, di alzare la voce, di trasformare i dati in azione, le denunce in scelte concrete. La crisi climatica e quella della natura non sono due emergenze distinte: sono un’unica, colossale sfida che riguarda tutti gli esseri viventi. Anche, e soprattutto, l’uomo. È vero, siamo la specie che ha più da perdere. Ma siamo anche l’unica che può ancora invertire la rotta. La domanda, oggi, non è più “se” agire. Ma: perché non stiamo già agendo? La risposta, forse, è contenuta in quella parola che Papa Francesco ci ha lasciato come eredità più luminosa e più esigente: speranza. Ma la speranza, da sola, non basta. Deve diventare responsabilità. E la responsabilità, oggi, è quella di proteggere la Terra ogni singolo giorno. Non solo il 22 aprile.

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