La guerra dei dazi che Trump ha dichiarato (pronto a darne applicazione pratica già nella prossima settimana) avrà riflessi su marchi e prodotti, anche se, a detta degli esperti, non è detto che di essa beneficeranno i consumatori americani, per come dice di essere sicuro il presidente. Il fatto è che, quando e in che misura i dazi arriveranno, il loro effetto si riverbererà sui consumatori statunitensi che, davanti ai nuovi prezzi saranno costretti a cambiare le loro abitudini di acquisto.
I dazi di Trump: quali prodotti saranno penalizzati?
Perché la maggior parte dei prodotti di largo consumo - dalle scarpe da ginnastica, alle magliette, alla birra, agli oggetti per la casa -, prima di arrivare sugli scaffali, sono spesso realizzati in Paesi come Cina, Messico e Canada, quelli che Trump vuole colpire con nuove tariffe.
Il 47/mo presidente, già nel precedente mandato, aveva colpito con dazi più elevati metalli e altri materiali essenziali. Ma quelli minacciati oggi potrebbero avere un effetto molto più grande sui bilanci delle famiglie.
Secondo alcuni esperti, la maggioranza degli americani non ha la più pallida idea di come i dazi incideranno sulle loro scelte, perché aumenteranno i prezzi di molti prodotti, tra i quali, ad esempio, gli avocado, i giocattoli, il cioccolato, le automobili.
Ora l'attesa si concentra per capire se gli annunci fatti in campagna elettorale siano confermati nell'ampiezza delle nuove tariffe. Durante la campagna elettorale, Trump ha parlato di implementare tariffe dal 10% al 20% su tutti i Paesi e di imporre imposte fino al 60% sui prodotti cinesi.
Ma nelle ultime settimane ha preso corpo l'impressione che Trump potrebbe ridimensionare le sue proposte tariffarie e utilizzarle come tattica negoziale per piegare i governi stranieri alla sua volontà, anche se lui ha decisamente smentito tali notizie.
Comunque il dibattito sull'impatto delle nuove politiche tariffarie impazza, con i rivenditori statunitensi che hanno ben chiaro che qualsiasi dazio comporterebbe costi aggiuntivi che dovrebbero assorbire, condividere con i produttori o trasferire ai clienti applicando prezzi più alti. Ed è proprio quest'ultimo scenario ad essere il più probabile, perché nessuno è disposto a sacrificare i profitti.
Gli acquirenti si aspettano già che i dazi colpiscano i loro portafogli. Circa il 67% degli adulti statunitensi intervistati ha affermato di pensare che sia molto probabile o abbastanza probabile che le aziende scarichino il costo dei dazi sui consumatori. Come potrebbe accadere per il petrolio: il 50% delle importazioni degli Stati Uniti arriva dal Canada. Nuove tariffe per questo petrolio comporterà un aumento dei costi per gli americani.
Petrolio, ma non solo. Nel 2023, sono stati importati negli Stati Uniti mobili per 32,4 miliardi di dollari, il 29% dei quali proveniva dalla Cina, seguita da vicino dal Vietnam, che ha rappresentato il 26,5% delle importazioni. Tra il 30% e il 40% dei mobili viene prodotto negli Stati Uniti, ma fino al 50% delle materie prime, come legno, tessuti, cerniere e viti, viene importato, rendendo difficile evitare aumenti di prezzo sui prodotti per la casa, anche se tecnicamente sono “made in America”.
Se le aziende trasferissero le proprie attività in Messico, che nel 2023 ha rappresentato circa il 10% delle importazioni di mobili dagli Stati Uniti, un divano da 2.000 dollari potrebbe costare fino al 25% in più, ovvero 2.500 dollari.
Passando ai giocattoli, circa l′80% di quelli importati negli Stati Uniti proviene dalla Cina e il costo di quelli realizzati all’estero potrebbe aumentare fino al 56% con le proposte di Trump.
Ciò significherebbe che una bambola Barbie da 20 dollari, storicamente prodotta in Cina, costerebbe fino a 31,20 dollari.
Le calzature sono un altro settore che fa molto affidamento sulla Cina. Circa il 37% delle importazioni di calzature proveniva dal paese nel 2023, seguito da circa il 30% dal Vietnam, quasi il 9% dall’Italia e l′8% dall’Indonesia, secondo i dati della US International Trade Commission
Secondo il gruppo, quasi il 100% di tutte le calzature viene importato negli Stati Uniti.
La maggior parte delle principali case automobilistiche ha stabilimenti negli Stati Uniti. Tuttavia, per soddisfare la domanda dei consumatori americani, dipendono ancora in larga misura dalle importazioni da altri paesi, tra cui il Messico.
Con l’Accordo di libero scambio nordamericano e l’Accordo tra Stati Uniti, Messico e Canada che lo ha sostituito, le case automobilistiche hanno sempre più considerato il Messico come un luogo meno costoso in cui produrre veicoli rispetto agli Stati Uniti o al Canada.
Quasi tutte le principali case automobilistiche operanti negli Stati Uniti hanno almeno uno stabilimento in Messico, comprese le sei principali case automobilistiche più vendute che hanno rappresentato oltre il 70% delle vendite statunitensi nel 2024.
Il settore è profondamente integrato tra i due Paesi: il Messico importa il 49,4% di tutti i ricambi auto dagli Stati Uniti. A sua volta, il Messico esporta l′86,9% della sua produzione di ricambi auto negli Stati Uniti, secondo l’International Trade Administration.
Wells Fargo stima che i dazi del 25% sulle importazioni da Messico e Canada metterebbero a rischio la maggior parte degli utili rettificati della General Motors, Ford e Stellantis.L’azienda stima che l’impatto delle tariffe del 5%, 10% e 25% sia rispettivamente di 13 miliardi di dollari, 25 miliardi di dollari e 56 miliardi di dollari, per le tre società.