Le aziende cinesi stanno rivoluzionando le linee che, sino ad oggi, ne avevano decretato il successo come produttrici globali, aspettando che i dazi americani dispieghino i loro effetti. Per questo, mentre si fermano le produzioni, cercano nuovi mercati per sopperire al ''buco'' che ormai appare scontato, a meno di inattesi, al momento, cambi di strategia da pare di Donald Trump.
Dazi: le aziende cinesi sospendono la produzione e cercano nuovi sbocchi commerciali
Una situazione di incertezza che sta colpendo anche il mercato del lavoro, con aziende che, per evitare di produrre, ma non di non potere esportare, hanno chiesto ai loro dipendenti di restare a casa per alcune settimane. Come sta accadendo nei distretti di Yiwu e Dongguan, come riferiscono imprenditori stranieri che operano in Cina.
Secondo le stime di Goldman Sachs, in Cina circa 10-20 milioni di lavoratori sono coinvolti in attività di esportazione verso gli Stati Uniti. Il numero ufficiale di lavoratori nelle città cinesi lo scorso anno era di 473,45 milioni.
Gli Stati Uniti hanno imposto dazi doganali di oltre il 100% sui prodotti cinesi, a cui la Cina ha risposto con dazi reciproci. Mentre giovedì il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che erano in corso colloqui commerciali con Pechino, la parte cinese ha negato che siano in corso trattative.
A maggiore rischio sono le piccole aziende (quelle che hanno un giro d'affari dell'ordine di non molti milioni di dollari) che rischiano di andare fuori mercato per l'aumento dei dazi. Un rischio che corrono soprattutto quelle aziende che avevano la metà della produzione destinata all'export negli Stati Uniti.
Sempre meno aziende cinesi, peraltro, stanno prendendo in considerazione l’idea di dirottare le esportazioni verso gli Stati Uniti attraverso altri Paesi, dato il crescente controllo statunitense sui trasbordi.