Introdotto in Italia nel 2012, il congedo di paternità ha rappresentato un importante passo avanti nella conciliazione tra vita familiare e lavoro. Oggi, la durata è pari a 10 giorni, ma nonostante l'estensione progressiva della misura, il 35% dei neogenitori aventi diritto sceglie di non usufruirne, con una forte disparità tra Nord e Sud del Paese.
Congedo di paternità: ancora troppi padri rinunciano, soprattutto al Sud
Questa fotografia emerge dall'elaborazione dell'Inps sui propri dati, realizzata in collaborazione con Save the Children in vista della Festa del Papà. Il trend di utilizzo del congedo di paternità è in crescita: nel 2013 solo il 19,2% dei padri ne faceva richiesta, mentre nel 2023 la percentuale ha raggiunto il 64,5%. Tuttavia, l'incremento si è stabilizzato negli ultimi anni, con un aumento minimo di soli 0,5 punti percentuali tra il 2022 e il 2023. Il quadro che emerge evidenzia come oltre tre padri su cinque scelgano di utilizzare questo diritto, ma rimane un ampio divario con quel 35% che ancora non ne usufruisce. A incidere su questa scelta sono diversi fattori: la tipologia di contratto, il reddito, la dimensione aziendale e la regione di residenza.
L'analisi dell'Inps mostra come il congedo di paternità sia adottato prevalentemente dai lavoratori con contratti a tempo indeterminato: circa il 70% di loro ne usufruisce, a fronte del 40% dei lavoratori a tempo determinato e di appena il 20% degli stagionali. Il reddito gioca un ruolo chiave: i tassi più alti di utilizzo si registrano tra i padri con redditi annui tra i 28.000 e i 50.000 euro (83%), mentre chi guadagna meno di 28.000 euro scende al 66%.
Il presidente dell'Inps, Gabriele Fava (in foto), sottolinea il cambiamento culturale in atto, ma evidenzia la necessità di un maggiore impegno: “Sul congedo di paternità registriamo un trend positivo che evidenzia un cambiamento culturale in atto. Tuttavia, circa il 35% dei padri aventi diritto ancora non ne usufruisce. È una misura su cui faremo ulteriori iniziative di sensibilizzazione. Promuovere il congedo di paternità produce effetti concreti: favorisce un legame precoce tra padre e figlio, con benefici duraturi sulla loro relazione, e contribuisce a una distribuzione più equilibrata delle responsabilità familiari e della conciliazione vita-lavoro delle donne. Un passo essenziale verso una reale parità di genere nelle famiglie italiane”.
Dello stesso avviso Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children, che pone l'accento sulla necessità di un ulteriore potenziamento della misura: “Nonostante i segnali positivi che i dati sulla fruizione del congedo di paternità ci mostrano, c'è ancora molto da fare per favorire un'equa condivisione della cura tra madri e padri. È essenziale investire nel rafforzamento di questa misura per tutti i lavoratori, non solo quelli dipendenti. Un congedo più lungo, inoltre, contribuirebbe al bilanciamento tra responsabilità genitoriali, promuovendo una visione più paritaria tra uomini e donne e favorendo il consolidarsi di modelli culturali liberi da stereotipi di genere”.
Anche la dimensione dell'azienda influisce significativamente: l'80% dei padri che lavorano in aziende con oltre 100 dipendenti usufruisce del congedo, mentre la percentuale scende al 40% nelle aziende con meno di 15 dipendenti. Un divario che evidenzia la necessità di maggiori tutele per i lavoratori delle piccole realtà imprenditoriali. Le differenze territoriali sono altrettanto evidenti. Al Nord, il congedo viene utilizzato dal 76% dei padri, con punte del 79% in Veneto. Al Centro la media è del 67%, con il Lazio che registra il dato più basso (63,2%). Il divario più preoccupante riguarda il Sud e le Isole, dove la media scende al 44%. In Calabria, fanalino di coda, solo il 35,1% dei padri usufruisce del congedo, seguita da Campania (39,1%) e Sicilia (39,4%). Le percentuali più alte si registrano in Abruzzo (64,9%) e Sardegna (58,1%), ma restano comunque distanti dai livelli del Nord.