Economia

Instabilità geopolitica: Confartigianato Imprese lancia l’allarme su export e dipendenza energetica

Redazione
 
Instabilità geopolitica: Confartigianato Imprese lancia l’allarme su export e dipendenza energetica

La crescente instabilità internazionale rischia di compromettere la ripresa economica italiana. A segnalarlo è Confartigianato Imprese, che in uno studio pubblicato in questi giorni fotografa con precisione i pericoli connessi ai conflitti in corso, dai nuovi scontri in Medio Oriente alla guerra russo-ucraina, fino alle tensioni tra India e Pakistan. I rischi si concentrano su due fronti strategici: l’export del made in Italy e le forniture energetiche.

Instabilità geopolitica: Confartigianato Imprese lancia l’allarme su export e dipendenza energetica

Secondo l’analisi di Confartigianato Imprese, nei dodici mesi fino a marzo 2025, l’Italia ha esportato beni per 61,4 miliardi di euro verso 25 paesi caratterizzati da forti tensioni geopolitiche, pari al 9,8% dell’export complessivo nazionale e al 19,9% delle esportazioni extra UE. Di questi, 17 si trovano nell’area mediorientale, recentemente colpita dall’escalation tra Israele e Iran.

Nel primo trimestre 2025 si è registrata una crescita del +13,7% delle esportazioni verso il Medio Oriente, trainata da Emirati Arabi Uniti (8,4 miliardi, +21,5%), Arabia Saudita (6,4 miliardi, +10,1%) e Israele (3,4 miliardi, +12,0%). Tuttavia, si sono verificati crolli significativi verso paesi confinanti con l’area di crisi: Turchia (-17,8%), Libia (-5,5%) ed Egitto (-0,7%). Preoccupano anche i cali verso Russia (-17,1%) e Bielorussia (-23,2%).

Lo studio di Confartigianato Imprese evidenzia anche un’elevata esposizione energetica: 27,6 miliardi di euro di importazioni di petrolio e gas provengono da 17 dei 25 paesi a rischio, pari al 40,7% delle forniture energetiche estere dell’Italia. Una quota in calo rispetto al 64% del 2021 – grazie al taglio delle importazioni dalla Russia – ma ancora elevata.

Nel dettaglio:

- Petrolio greggio: 13,2 miliardi (50,9% dell’import di greggio),
Gas naturale: 8,8 miliardi (37,3% dell’import),
Petrolio raffinato: 5,7 miliardi (47% dell’import).

L’aumento dei prezzi delle materie prime energetiche, causato dalle tensioni internazionali, aggrava il quadro. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, nel Documento di economia e finanza, stima che un rincaro strutturale di 10 dollari/barile per il petrolio e 10 euro/MWh per il gas potrebbe ridurre il PIL italiano dello 0,2% nel 2026 e dello 0,1% nel 2027.

Il caro energia alimenta le aspettative di inflazione e potrebbe costringere la Banca Centrale Europea a ritardare il taglio dei tassi. Questo frena la ripresa degli investimenti, previsti in crescita dell’1,2% nel 2025 e dell’1,7% nel 2026 secondo le proiezioni Istat. Un ulteriore rallentamento avrebbe effetti diretti sul tessuto imprenditoriale, soprattutto sulle imprese di piccole dimensioni.

Lo studio di Confartigianato Imprese sottolinea come le micro e piccole imprese (MPI) siano le più esposte: 33% dell’export verso i 25 mercati a rischio proviene da comparti a prevalente vocazione artigiana, per un valore di 20,3 miliardi di euro.

I settori più colpiti sono:

Macchinari e impianti: 14,3 miliardi (23,2% dell’export nei 25 paesi),
Altre manifatture (gioielli, occhiali, ceramiche): 9,7 miliardi (15,7%),
Moda: 5 miliardi (8,2%),
Alimentare: 2,8 miliardi (4,6%),
Mobili: 1,3 miliardi (2%).

A destare maggiore preoccupazione è la possibile combinazione tra crisi geopolitiche, escalation dei dazi internazionali e stagnazione della manifattura. Nonostante un segnale positivo nel primo quadrimestre 2025 (+2,5% export complessivo), il rischio di inversione di tendenza è concreto, specie per le imprese artigiane già provate dagli aumenti dei costi di produzione.

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