Ambiente
Finanziamenti climatici restano il nodo irrisolto della COP29
Redazione
È un messaggio forte e chiaro quello che il Segretario esecutivo delle Nazioni Unite per i Cambiamenti climatici, Simon Stiell, ha lanciato oggi alla COP29 di Baku.
"Il denaro parla e, mentre entriamo nel secondo quarto di questo secolo, lo dice forte e chiaro: non c'è modo di fermare il colosso dell'energia pulita e i grandi benefici che porta: crescita più forte, più posti di lavoro, meno inquinamento e inflazione, energia più economica e pulita", ha dichiarato Stiell, catturando l’attenzione della platea. "L'elenco dei benefici continua", ha aggiunto, evidenziando un dato particolarmente significativo: due membri del G20, Regno Unito e Brasile, hanno annunciato alla COP la volontà di rafforzare i propri impegni climatici attraverso l’aggiornamento degli NDC alla versione 3.0.
Un segnale importante che, secondo il Segretario, testimonia come l’azione per il clima non sia solo un dovere morale, ma anche un’opportunità economica strategica.
"È al 100% nel loro interesse economico farlo", ha spiegato, ma non ha poi esitato a sottolineare una questione critica: i benefici dell'energia pulita non sono ancora equamente distribuiti.
"Il nostro compito è renderli realizzabili per tutti", ha dichiarato. Per Stiell, la chiave è garantire che ogni Paese possa elaborare un nuovo e audace piano nazionale per il clima, uno strumento capace di coprire tutti i gas serra e tutti i settori, allineandosi con la scienza e mantenendo vivo l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi.
Un invito, quello di Stiell, che dà il la ad una giornata in cui i negoziati si sono intensificati, puntando a superare le divisioni che ancora separano i paesi ricchi dai paesi in via di sviluppo.
Il tema dei finanziamenti climatici, del resto, rimane al centro del dibattito e rappresenta uno degli ostacoli principali da superare per raggiungere un accordo globale ambizioso.
I Paesi in via di sviluppo chiedono un sostegno finanziario massiccio: 1.300 miliardi di dollari all’anno, una cifra che quelli ricchi sembrano restii a garantire. Mentre i ministri si preparano a entrare nei negoziati durante la seconda settimana, il divario tra le richieste del Sud globale e le proposte del Nord appare insormontabile.
La bozza di accordo sul Nuovo Obiettivo Collettivo Quantificato (NCQG) per la finanza climatica post-2025 riflette queste tensioni. L’ultimo testo, rilasciato il 16 novembre, è cresciuto fino a 25 pagine, ma rimane costellato da 415 parentesi e 43 opzioni, segno delle divisioni tra i negoziatori.
Non c’è consenso su elementi chiave come l’entità dei fondi, la ripartizione tra prestiti e sovvenzioni, e l’inclusione del Fondo per Perdite e Danni (Loss & Damage). Il Nord globale spinge per obiettivi generici, limitandosi a superare il traguardo dei 100 miliardi di dollari l’anno stabilito nel 2009. Il Sud, invece, insiste per somme più ambiziose, nell’ordine di migliaia di miliardi, e richiede che le risorse vengano allocate anche per piani di adattamento e tecnologie innovative.
Un altro tema controverso è il ruolo degli obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi. Il preambolo della bozza negoziale dà priorità al limite dei 2°C di aumento della temperatura globale, relegando a un secondo piano l’ambizioso obiettivo di 1,5°C: un cambio di prospettiva che rappresenta sicuramente un passo indietro rispetto ai progressi diplomatici degli ultimi anni. Molti aspetti chiave dei negoziati sono stati rinviati alla prossima sessione del 2025.
Tra questi, la revisione del Meccanismo Internazionale di Varsavia per Perdite e Danni e il supporto per la rendicontazione dei paesi in via di sviluppo. Anche sul Global Stocktake (GST), il bilancio collettivo previsto ogni cinque anni dall’Accordo di Parigi, i progressi sono stati limitati. L’Unione Europea spinge per un’interpretazione più ampia che includa adattamento e perdite, ma le divergenze rimangono. Nonostante le difficoltà nei negoziati, in questi giorni Baku ha fatto da palcoscenico per importanti annunci. Come quello del Global Energy Storage and Grids Pledge, che mira a moltiplicare per sei la capacità globale di stoccaggio energetico entro il 2030. Mentre la Beyond Oil and Gas Alliance (BOGA) ha ribadito il suo impegno per eliminare petrolio e gas, mentre la Svezia ha promesso 18,4 milioni di dollari al Fondo per Perdite e Danni. Un’iniziativa particolarmente ambiziosa è poi la TeraMed, che punta a sviluppare 1 Terawatt di capacità rinnovabile nei paesi del Mediterraneo entro il 2030, con un potenziale di 700 miliardi di dollari di investimenti.