O veneranda Madre Natura, che mirabilmente celasti in dolce scrigno le tue grazie... Che con sovrana sapienza disponesti, fra i femorei pilastri della donna – somma creatura, artefice del mondo e custode del mistero – quel sancta sanctorum ineffabile, oggetto di canti, di guerre, di giuramenti e giaculatorie, d’estasi mistiche e brame assai più terrene... Chi avrebbe mai osato profetare che, varcata la soglia del terzo millennio dell’Era volgare, tale tempio – già cantato dai poeti, studiato dai filosofi, ispezionato dai ginecologi e ridisegnato da chirurghi plastici – avrebbe infine conosciuto la sua consacrazione definitiva sotto forma di... maschera? Ma non quella tragica di Sofocle né la larvale di Pirandello.
De vulva illustrissima: trattatello in forma di liturgia cosmetica
No: una maschera vulvare. Per giunta ideata dalla sacerdotessa del selfie e delle labbra rimpolpate: Madonna Belén da Rodriguez. Perché colei che un tempo ammaliava le spiagge di Formentera con le sue forme contese dai paparazzi, oggi si reinventa imprenditrice dell’epidermide, rivelando al mondo intero la sua nuova creatura cosmetica: Mia Libre, maschera per le intimità femminili, balsamo per l’arcano, trattamento d’emergenza per l’anatomia più censurata eppur celebrata della storia umana.
«Ti sembrerà troppo. È esattamente il punto», declamò ella con la sicumera di una novella Saffo, in posa davanti allo specchio, annunciando su Instagram (la Pizia dei nostri tempi) la lieta novella. Perché – sostiene la pulzella – non ci si deve vergognare di prendersi cura del proprio lotus interiore con la stessa solerzia con cui si spande crema sul contorno occhi. E come darle torto? Meno facile è trattenere il riso di fronte all’idea che tanta attenzione venga oggi dispensata in bustina sigillata, profumata e debitamente brandizzata.
Il prodotto, manco a dirlo, è a base di ingredienti dermocompatibili, lenitivi e cruelty free. Pensato per rigenerare le mucose, idratare le piccole e grandi labbra (che, ovviamente, non sono quelle del viso) e nutrire quella zona che, da millenni, si occupa di nutrire l’umanità stessa. Quando si dice, ironia degli idrati! Del resto, l’idea ha il suo perché dal momento che il mercato dell’intimacy skincare – dicono gli aruspici moderni noti come analisti finanziari – vale oltre 28 miliardi di dollari. E crescerà, come il numero di filtri su TikTok, fino a toccare 46,8 miliardi entro il 2034. Segno che il sacro delta di Venere non è più un tabù: è un asset. E poi, a volerla dire tutta, le donne da tempo avvertivano che qualcosa là sotto “tirava” poco.
Lo dissero senza reticenze Halle Berry e Naomi Watts, paladine della verità ormonale, denunciando secchezza, stanchezza pelvica, i venti gelidi della menopausa. E se radiofrequenza e laser già promettono miracoli, poteva forse mancare il tocco finale? La maschera. E che maschera! Così, la nobilissima donna Belena – della stirpe delle Madonne imprenditrici e delle Venere d’Instagram, già musa dei rotocalchi – non ha certo scoperto l’acqua calda: l’ha imbottigliata, confezionata e venduta come un unguento miracoloso.
Qualcuno sussurra: è solo marketing. Rispondiamo: e se anche lo fosse? Non è forse un modo per restituire centralità al corpo femminile, scacciandolo dalle segrete dell’imbarazzo? Non è forse più rivoluzionario spalmare un emolliente sulla patonza, anziché offrirla in pasto alle story estive e ai reel da spiaggia? Del resto, se l’utero genera, la vagina crea engagement. Ordunque accogliamo questo nuovo culto con la solennità che merita, intonando un inno alla libertà pelvica, alla cosmesi delle pieghe ed alla sacra unzione del pube. Che la maschera scenda, come sipario sui fasti del pudore. E abbia inizio il rito. Idratate, sorelle, idratate. Con grazia, con gloria e camomilla. Amen.