Cultura

Musica: 60 anni fa i Beatles sbarcarono in America e fu la rivoluzione della musica

Redazione
 
Sessant'anni fa la rivoluzione arrivò in America.
Non quella che, due secoli prima o giù di lì, aveva affrancato le colonie dal Regno Unito, ma un'altra, pur sempre di matrice britannica. Quella che provocarono quattro ragazzi di Liverpool che portarono, per la prima volta, negli Stati Uniti la loro musica e fu rivoluzione.

John Lennon, Paul McCartney, Ringo Starr e George Harrison, che erano già famosissimi in Europa, sbarcarono negli Stati Uniti non solo con le loro canzoni, ma anche imponendo un nuovo stile: dal taglio di capelli a pantaloni e giacche strettissima, a un modo scanzonato di vedere le cose del mondo.
Un anniversario che negli Stati Uniti ricordano e celebrano, pensando a quelle grida che accolsero i Fab Four a New York, tra ragazze e ragazzi che li aspettavano entusiasti urlando ''Vogliamo i Beatles''.
Domani sarà tramesso, negli Stati Uniti, su Disney +, un nuovo documentario, "Beatles '64", in cui si racconta i primi spettacoli americani del gruppo e l'atmosfera che si respirava intorno a loro. Il documentario ha avuto una première domenica, a New York, che ha visto la partecipazione di musicisti quali James Taylor, Elvis Costello, Steven Van Zandt, Tim McGraw e Faith Hill.
"In qualche modo hanno spinto se stessi e gli altri a livelli che nessuno si aspettava", ha detto il produttore di "Beatles '64" Martin Scorsese a proposito dell'ascesa fulminea della band, ricordando lo snobismo che circondò quella prima apparizione dei quattro negli Stati Uniti.

"Non lo dimenticherò mai - ha detto Scorzese -. Ricordo di aver visto un giornale, il weekend prima del loro arrivo, che prendeva in giro i loro capelli, dicendo fondamentalmente, 'Oh sì, vediamo cosa hai quando arrivi qui'. Quello era l'atteggiamento. E all'improvviso, è stata una rivoluzione".

Ma l'entusiasmo che New York riservò ai Beatles (con una incredibile accoglienza all'aeroporto Kennedy di New York, la sistemazione al lussuoso Plaza Hotel e l'audience da 73 milioni di spettatori per l'apparizione televisiva al ''The Ed Sullivan Show) non si ripeté altrove, almeno non con la stessa intensità.
"C'è una scena nel film, - ha detto David Tedeschi, il regista del documentario -, è una festa all'ambasciata britannica in loro onore, e vengono maltrattati dal personale perché pensa che siano di bassa classe'', con Paul McCartney che ha una bellissima reazione dicendo ''lo sapevamo, non potevamo preoccuparcene di meno".

Tedeschi ha anche detto che non fossero sicuri di riuscire a convincere i Beatles sopravvissuti, McCartney e Starr, a rilasciare interviste per il documentario.
"Abbiamo fatto tutto il possibile per attirarli. E Paul aveva questa meravigliosa mostra fotografica a Brooklyn, dove lui stesso stava rivisitando il 1964. Credo che avesse qualcos'altro da dire. Così lo abbiamo filmato alla mostra fotografica",
In quell'intervista, visibile nel documentario, McCartney rifletteva sul motivo per cui lui e i suoi compagni della band avevano avuto così tanto successo tra gli americani.
"Quando siamo arrivati, era poco dopo l'assassinio di Kennedy", ha detto l'82enne musicista. "Forse l'America aveva bisogno di qualcosa come i Beatles per essere sollevata dal dolore".
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