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Bancario spione: malato o complottardo?

Redazione
 
Forse solo nei prossimi anni (quelli che ragionevolmente passeranno prima che il relativo processo sia certificato dall'ultima sentenza), si saprà chi sia stato, effettivamente, l'ex bancario (ex perché licenziato per il suo comportamento) Vincenzo Coviello. Se cioè le migliaia di accessi illeciti ai conti correnti - ma anche alle carte di credito, cosa potenzialmente pericolosa perché consente di tracciare gli spostamenti fisici dei titolari, molti dei quali politici, magistrati, militari - siano stati conseguenza di un disagio psicologico (ormai scoglio a cui si aggrappano tutti gli imputati di qualcosa, dalla strage al furto di una mela) oppure abbia fatto parte di un disegno criminale, quindi con la partecipazione di altri, a livello di complicità o di destinatari delle informazioni.

Bancario spione: malato o complottardo?

Quale che, alla fine, sarà la definizione che la Giustizia deciderà di affibbiare a Coviello, di certo questa vicenda è ancora potenzialmente ricca di sorprese. Anche perché è difficile da comprendere come un semplice funzionario di banca possa accedere ad informazioni su clienti che, si presume, debbano essere garantite da un vincolo di riservatezza, per motivi che è inutile elencare.
Ma, se un travet qualsiasi - parliamo di un bancario non di un banchiere - può smanettare sul suo computer ed entrare in casa d'altri, tutti dovremmo cominciare a temere, se non addirittura ad avere paura.
Non tanto perché qualcuno può sapere quanto abbiamo in banca e da dove arrivi, quanto perché la facilità di questa operazione mostra quanto possa essere facile interagire con conti correnti, usando le relative informazioni per finalità che potrebbero essere nocive o addirittura devastanti.

La banca dove Coviello ha lavorato fino a pochi mesi fa, quando è stato licenziato, è Intesa SanPaolo che in questa storia sembra essere anch'essa vittima delle strane manie del suo ex dipendente.
''Siamo molto dispiaciuti di quanto accaduto e chiediamo scusa. Quanto avvenuto non dovrà più accadere'', si legge in un comunicato che è più che una semplice occasione per esprimere costernazione per l'accaduto. È anche una presa di distanza dal suo ex dipendente, bollato come ''infedele'', che si è macchiato di un comportamento che ha gravemente violato le norme, i regolamenti e le procedure interne, ha consultato dati e informazioni riguardanti alcuni clienti in modo ingiustificato. “Il sistema interno di controlli lo ha individuato, abbiamo inviato notifica al Garante della Privacy, abbiamo licenziato il dipendente infedele e abbiamo sporto denuncia come parte lesa”.

La banca conferma che ''non c’è stato alcun problema di sicurezza informatica rispetto alla quale Intesa Sanpaolo si colloca nelle migliori posizioni internazionali''. Frasi che, pur se formali, sono una netta presa di distanza dalle azioni del singolo e, insieme, un messaggio ai clienti che, forse, da questa vicenda sono stati giustamente colpiti.

Ma resta sempre l'interrogativo su cosa abbia effettivamente mosso Coviello che, tramite i suoi avvocati, ha impugnato il licenziamento, ritenendo il provvedimento sproporzionato rispetto a quando accaduto. Ciascuno è padrone di pensarla come vuole, ma evidentemente questa mossa fa parte di una più ampia strategia processuale.
Però prima o poi Coviello dovrà spiegare il perché della sua compulsiva attività di intrusione e se essa, magari, chissà, non sia legata in qualche modo al suo essere titolare di uno studio di commercialista, nonostante il rapporto di lavoro subordinato con una banca.
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