Ana Zahirovic, trentun'anni, quando la natura le renderà il conto, impedendole di sfornare figli a cadenza annuale, che, in oltre un ventennio di onorata carriera di borseggiatrice (cominciata quando era poco più di una bambina), l'hanno graziata dal carcere, probabilmente non sarà più in Italia, portando il suo talento altrove, forse in Croazia, di cui è originaria.Ana è stata arrestata nel centro di Roma, poco dopo l'ennesimo borseggio (la vittima, una giornalista argentina in pensione), sventato da una pattuglia di carabinieri che la conoscevano benissimo e che l'hanno seguita, sapendo che era solo a caccia di vittime. Detto fatto. Arresto, corsa in tribunale, constatazione dello stato di gravidanza (che in estate allargherà a undici la colonia dei piccoli di casa Zahirovic), condanna a otto mesi di reclusione - pena sospesa per la sua condizione di gestante - e 200 euro di multa e quindi di nuovo libera.
La signora dei borseggi si fa ancora beffe della Giustizia: torna libera perché incinta
E c'è da giurare che tornerà presto in pista, a infilare le mani nelle tasche o nelle borsette dei suoi bersagli, sapendo che, se anche la dovessero beccare, dovrà solo ripetere la trafila di ieri.
Non sappiamo chi tenga i conti, ma l'ultima stima parla di condanne complessive per oltre trent'anni.
Al di là dei pochi giorni trascorsi in carcere, tra una condanna e l'altra, lei, fidando sulla propria fertilità, sembra decise a proseguire la sua attività di borseggiatrice avendo sempre un passaporto verso la libertà.
Per essere chiari: i giudici hanno solo rispettato la legge, che non prevede che una donna in stato interessante vada sempre in galera. Ma qui il caso è diverso, perché non parliamo di un incidente di percorso, ma di una condotta che viene reiterata nell'arco ormai di decenni. E, andando per calcoli spannometrici, se le denunce sono state complessivamente oltre 150, il numero vero dei reati sarà sicuramente molto più alto.
Resta però da capire - pur rispettandole - quasi siano state le considerazioni per le quali il giudice non ha fatto propria la richiesta del pm di arresti domiciliari, almeno come deterrente per le attività criminali della donna.
La notizia ha fatto clamore, non per il fatto che Ana Zahirovic (personaggio ormai noto alle cronache) non sia finita in galera, ma perché, davanti a casi del genere, la Giustizia ha strumenti molto relativi.
e una donna è in stato interessante o deve accudire figli molti piccoli (e sono queste le cause dei continui differimenti di pena per la taccheggiatrice), al giudice non resta altro che prenderne atto e chiuderla lì.
Ma qui il caso assume dimensioni talmente abnormi da imporre una riflessione perché, non dandole i domiciliari, ma un generico obbligo di firma, le si sta regalando un lasciapassare verso nuovi crimini.
Però, ci si consenta una considerazione: se al posto suo ci fosse stato un uomo, che avesse commesso gli stessi reati, oggi parleremmo in questi termini della Giustizia? No, perché il cumulo di pena è una tagliola alla quale non si sfugge. E, sino a quando saranno ancora le donne a partorire, sarà così.
Se la Giustizia deve essere uguale per tutti, non si dovrebbe consentire di usare una creatura (magari concepita proprio per questo) per scampare alla pena. E, infine, che fine ha fatto la possibilità di revocare la potestà genitoriale nel caso in cui non si diano ai figli istruzione, assistenza, ma soprattutto amore?