La politica tariffaria imprevedibile degli Stati Uniti sta gettando un'ombra di crescente incertezza sulle imprese di tutto il mondo. È quanto emerge dal Global Survey 2025 di Allianz Trade, pubblicato oggi, che fotografa un netto cambiamento nelle aspettative di crescita e nella percezione dei rischi, inclusi i temuti ritardi nei pagamenti. Lo studio, che ha coinvolto 4.500 aziende in nove paesi chiave (Cina, Francia, Germania, Italia, Polonia, Singapore, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti) e condotto prima e dopo gli annunci tariffari del 2 aprile (il "Liberation Day"), rivela che nemmeno i recenti accordi commerciali bilaterali riescono a diradare la nebbia che avvolge il commercio globale.
Allianz Trade: "I dazi Usa affossano l'export con aspettative crollate al 40%"
I numeri parlano chiaro: quasi il 60% delle aziende prevede un impatto negativo a seguito della guerra commerciale, e il 45% si aspetta un calo del fatturato dall'export. Ma l'onda lunga dei dazi va ben oltre i volumi di scambio. Più di un'impresa su quattro sta considerando di sospendere temporaneamente la produzione, schiacciata dalla combinazione di dazi e volatilità valutaria, una situazione particolarmente critica per i settori che dipendono pesantemente da beni importati. Prima dell'ondata di dazi del 2 aprile, l'ottimismo sull'export globale era all'80%; oggi è crollato al 40%. Un impressionante 42% delle aziende prevede un calo del fatturato da esportazione tra il -2% e il -10%. Nonostante gli accordi raggiunti con Regno Unito e Cina, le stime di Allianz Trade indicano perdite globali da esportazione che raggiungeranno i 305 miliardi di dollari nel 2025.
Le imprese, tuttavia, non restano a guardare. Dopo aver affrontato una serie di shock dal 2020 in poi, stanno ancora una volta reagendo con strategie di adattamento. "Nell’attuale contesto commerciale, il successo dipende sempre più dalla capacità di adattamento," ha dichiarato Aylin Somersan Coqui, CEO di Allianz Trade, sottolineando che "Le aziende sono ancora in una posizione di svantaggio e fanno affidamento su meccanismi di adattamento come il trasferimento dei costi più elevati sui clienti, la diversificazione e la ricerca di rotte di spedizione alternative." Per trovare un po' di respiro, seppur temporaneo, le aziende continuano ad anticipare le spedizioni prima della scadenza delle sospensioni dei dazi (il 12 agosto per la Cina e l'8 luglio per il resto del mondo). Un dato significativo è che l'86% delle aziende statunitensi ha dichiarato di aver anticipato le spedizioni da Cina e UE.
Poche imprese intendono assorbire l'aumento dei costi o ridurre i prezzi di esportazione per mantenere la quota di mercato; in particolare negli Stati Uniti, dove oltre la metà delle imprese (54%) prevede di aumentare i prezzi. La diversificazione delle catene di approvvigionamento si conferma una strategia cruciale a lungo termine. Il 54% degli intervistati considera i rischi geopolitici, politici e i disordini sociali tra le principali minacce per le proprie filiere. Oltre un terzo delle aziende ha già trovato nuovi mercati verso cui esportare, e quasi due terzi intendono farlo. Per contenere i costi doganali, la maggior parte delle imprese sta esplorando rotte di spedizione alternative; il 62% delle aziende statunitensi è facilitato dalla diminuzione dei costi di trasporto (quasi il 50% in meno dall'inizio del 2025) e dal calo dei prezzi del petrolio.
Il "decoupling" tra Stati Uniti e Cina sembra destinato a continuare nel medio termine, nonostante la tregua temporanea sui dazi. L'intenzione delle aziende statunitensi di esportare in Cina è dimezzata, scendendo al 10% dopo il Liberation Day, mentre le aspettative delle aziende cinesi di esportare in Nord America sono crollate dal 15% al 3%. Le aziende statunitensi con produzione in Cina stanno sempre più cercando alternative al di fuori dell'Asia, con un quarto che guarda all'Europa occidentale e un altro quarto all'America Latina.
Françoise Huang, Senior Economist per l’Asia Pacific and Trade in Allianz Trade, ha commentato questa dinamica: "Anche se il nuovo accordo commerciale porta il tasso medio delle tariffe di importazione degli Stati Uniti sulla Cina al 39%, in calo dal vertiginoso 103%, questo rimane comunque molto più alto rispetto al tasso del 13% applicato prima della seconda amministrazione Trump. In questo contesto, il friendshoring è destinato a guadagnare ulteriore terreno: Europa e America Latina stanno emergendo come alternative attraenti per le aziende cinesi e le aziende europee sono anche sempre più interessate a esportare verso la Cina e l'Asia: in entrambe le opzioni, le intenzioni di esportazione sono aumentate fino al 36%, e l'interesse per il mercato del Sud e Sud-Est asiatico è raddoppiato, arrivando al 14%. Nel frattempo, l'America Latina sta emergendo come il Paese vincitore riguardo le strategie di deviazione e aggiramento dei dazi, con aziende sia cinesi che europee che guardano a questa area per accedere agli Stati Uniti a un costo inferiore."
La guerra commerciale ha inevitabilmente influenzato anche le aspettative sui termini di pagamento. Dopo il Liberation Day, il 25% degli esportatori prevede termini di pagamento più lunghi di oltre 7 giorni, con un aumento di 13 punti percentuali. Quasi la metà degli esportatori (48%) prevede un aumento del rischio di insolvenza, in particolare negli Stati Uniti, in Italia e nel Regno Unito, confermando un generale peggioramento delle condizioni commerciali globali. Solo l'11% delle aziende esportatrici continua a ricevere pagamenti entro 30 giorni, con cifre notevolmente più basse tra i principali esportatori come Stati Uniti, Cina e Germania. Circa il 70% delle aziende riceve pagamenti tra i 30 e i 70 giorni, con valori leggermente più alti nel Regno Unito (75%), Francia (73%), Italia (73%) e Stati Uniti (73%).
"Le aziende più grandi tendono a sperimentare ritardi nei pagamenti più lunghi, con il 26% di quelle intervistate – che hanno un fatturato superiore a 5 miliardi di euro – che affrontano termini di pagamento superiori a 70 giorni, rispetto al 18% della media complessiva del campione," ha evidenziato Ana Boata, Head of Economic Research di Allianz Trade concludendo che "Ciò suggerisce che le grandi aziende stiano assumendo sempre più il ruolo di banca invisibile per le aziende più piccole. Mentre gli esportatori affrontano cicli di pagamento più lunghi e crescenti rischi di insolvenza e sono sotto pressione per trasferire i costi, cercare nuovi mercati o addirittura riconsiderare l'intera loro presenza a livello internazionale."