Quando il diritto si pone l’obiettivo di disciplinare l’attività economica e l’innovazione tecnologica, deve sempre confrontarsi con tre esigenze fondamentali, che tuttavia non risultano facilmente armonizzabili tra loro:
● Efficienza economica: capacità di generare il massimo benessere sociale con il minor dispendio di risorse.
● Efficacia giuridica: capacità di produrre effetti giuridici, stabilire precetti e sanzioni, ed essere correttamente applicata.
● Giustizia sociale: garantire equità, tutela dei diritti e rispetto dei principi democratici.
Quello appena presentato è il quadro del “Regulatory Trilemma” (Trilemma Normativo) identificato dal giurista tedesco Gunther Teubner (nella foto) nel 1986. Già allora egli mise in evidenza una frontiera giuridica destinata a diventare centrale nei problemi dell’Unione Europea in materia di regolamentazione dell’innovazione.
Sono trascorsi circa trent’anni dalla formulazione del trilemma prima che venisse implementata una soluzione di portata internazionale.
È infatti dimostrato che, senza la crisi finanziaria del 2008 e la conseguente perdita di fiducia nel sistema bancario tradizionale, non si sarebbe creato lo spazio creativo necessario per l’affermazione di un vero e proprio settore Fintech (come ricorda il Routledge Handbook of FinTech, pp. 11-37). Proprio la rivoluzione Fintech ha restituito fiducia ai consumatori nei servizi finanziari, mostrando come l’innovazione – se correttamente veicolata, regolamentata e applicata – possa rafforzare la legittimità del sistema economico e generare nuove opportunità di crescita.
Il modello normativo: la SandBox
Il successo globale del Fintech è dovuto anche al modello normativo che ne ha favorito lo sviluppo: la sandbox regolatoria.
Letteralmente significa “scatola di sabbia”, l’ambiente protetto in cui i bambini possono giocare senza rischiare di danneggiare ciò che li circonda. Applicata alla finanza, la metafora diventa chiara: uno spazio regolatorio in cui le imprese innovative possono testare nuovi modelli di business, prodotti e servizi digitali senza confrontarsi da subito con la rigidità di un impianto normativo già consolidato. In altre parole, la sandbox è un laboratorio in cui la creatività incontra la prudenza.
La nascita del modello: Financial Conduct Authority
Il primo vero punto di svolta è arrivato nel 2016 con la Financial Conduct Authority (FCA) britannica, che ha lanciato la prima sandbox regolatoria al mondo nel settore Fintech. Londra ha trasformato questa iniziativa in un potente catalizzatore di innovazione infatti decine di startup hanno potuto testare in un ambiente controllato nuovi prodotti, dalla gestione digitale dei pagamenti all’uso dell’intelligenza artificiale per la consulenza finanziaria negli utlimi anni.
Sull’onda di questo modello, l’Europa continentale ha avviato una serie di iniziative normative che hanno segnato un cambio di passo. La PSD2 (Payment Services Directive 2), pur non essendo una sandbox in senso tecnico, ha avuto un impatto simile: imponendo alle banche di aprire i dati dei clienti a terze parti tramite API, ha favorito la nascita di una nuova ondata di startup nei pagamenti digitali e nella gestione finanziaria personale, dalle app di personal finance management ai portafogli elettronici connessi a più conti correnti.
Esempi dal mondo
Negli ultimi anni, le sandbox regolatorie sono comparse in numerose regioni – non solo nel Regno Unito. Alcuni esempi:
● Australia – Enhanced Regulatory Sandbox (ERS)
● Bahrain – Central Bank of Bahrain (CBB) Fintech & Innovation Unit
● Canada – Canadian Securities Administrators (CSA) Regulatory Sandbox
● India – International Financial Services Centers Authority (IFSCA) Regulatory Sandbox India
● Malaysia – National Technology and Innovation Sandbox (NTIS)
● Russia – The Bank of Russia's regulatory sandbox
● Singapore – Monetary Authority of Singapore (MAS) fintech regulatory sandbox
L’orizzonte oltre il Fintech: l’AI Act
L’obiettivo di questo articolo è evidenziare l’importanza del modello normativo. Se questo messaggio è chiaro, allora diventa immediato immaginare le potenzialità di applicazione che si prospettano per il futuro.
Un esempio concreto è l’AI Act dell’Unione Europea, che più di molti altri ordinamenti nel mondo dimostra sensibilità verso la necessità di regolare lo sviluppo e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. L’articolo 57 dell’atto stabilisce che, entro il 2 agosto 2026, ciascuno Stato membro dovrà istituire almeno una AI Regulatory Sandbox a livello nazionale.
L’Italia, al momento, non ha ancora presentato un progetto ufficiale, a differenza di altri Paesi europei già più avanti. Tuttavia, è lecito attendersi progressi significativi nei prossimi anni, anche grazie all’esperienza maturata con la sandbox finanziaria introdotta nel 2023.
Restano comunque numerose sfide all’orizzonte: la più urgente sarà riuscire a coordinare efficacemente 27 diverse sandbox senza disperdere le risorse che Stati e privati metteranno in gioco. È proprio in questa complessità che si coglie la portata storica del percorso normativo avviato con il Fintech e oggi esteso all’AI: la regolazione non è più una semplice cornice giuridica, ma strumento attivo di politica industriale e innovazione.