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Pharus: Il Caos Commerciale USA: Opportunità o Pericolo?

Caos calcolato: secondo molti potremmo definire così l’approccio della politica commerciale del presidente Trump. Un modus operandi che a tratti può sembrare disordinato e imprevedibile, ma che forse nasconde una strategia precisa: creare disordine per disorientare i partner commerciali, costringerli a reagire e poi negoziare da una posizione di forza, magari facendogli sottoscrivere bond Americani. Nell'ultima settimana i mercati hanno vissuto dentro questa logica. Dopo la discesa delle ultime settimane, abbiamo assistito a un piccolo rally azionario ed una ripresa dei titoli growth, alimentato dalle voci secondo cui i dazi voluti da Trump sarebbero flessibili e negoziabili, ma non è passato nemmeno un giorno che lo stesso presidente ha annunciato un dazio del 25% verso i paesi che acquistano petrolio dal Venezuela, ed il nervosismo del mercato è aumentato ulteriormente dopo le dichiarazioni su nuove tariffe auto, con un 25% generalizzato su tutte le importazioni, e la prospettiva di una guerra commerciale globale che sta rapidamente riducendo la propensione al rischio degli investitori.
E non sono solo gli stati uniti ad accusare, ma anche i mercati azionari esteri si stanno indebolendo poiché gli investitori si rendono conto che i dazi di Trump sono una cattiva notizia non solo per l'economia USA, ma per molte altre economie in tutto il mondo.
Insomma La confusione regna sovrana, e tutto sembra ruotare intorno alla data del 2 aprile, quando gli Stati Uniti dovrebbero annunciare tariffe reciproche verso i paesi con il maggior deficit commerciale nei confronti degli USA. L’auspicio è che questo porti a negoziati bilaterali per abbassare le tariffe, ma con Trump nulla è scontato.
A peggiorare il quadro è arrivato il dato sulla fiducia dei consumatori americani di marzo, che ha mostrato un forte deterioramento. Con L'indice sceso ai minimi da gennaio 2021, con la componente delle aspettative precipitata a 65, un valore che non si vedeva da dodici anni.
Il Policy Uncertainty Index, un indice costruito prendendo le storie politiche dei 10 maggiori quotidiani americani che contengono parole che denotano incertezza, l`11 marzo ha raggiunto il suo livello più alto in oltre 40 anni, superiore all'11 settembre, alla guerra in Iraq, alla crisi finanziaria e al Covid-19. Questo calo di fiducia è legato anche al recente andamento dei mercati azionari. La percentuale di consumatori che si aspetta un ribasso dei prezzi azionari nei prossimi 12 mesi è salita dal 21% di novembre al 45% di oggi.
È vero che, da una prospettiva contrarian, un sentiment così negativo ha spesso anticipato minimi di mercato, ma al momento manca un elemento chiave ovvero la cosiddetta Fed Put oppure Trump put, ovvero interventi a supporto del mercato. Con una Fed che non ha fretta di tagliare i tassi, vista la resilienza dell'economia e i rischi inflazionistici legati ai dazi, è probabile che i mercati restino vulnerabili ancora per qualche tempo. Nonostante il PCE ovvero la misura di inflazione preferita dalla FED sia uscita in linea alle attese ed in linea al mese precedente.
Soprattutto in un mercato "instabile e caotico", serve razionalità. Evitare di inseguire il rumore, concentrarsi sui fondamentali e mantenere un orizzonte di medio-lungo periodo. E ad oggi i fondamentali di lungo periodo ci parlano di un ciclo di utili ancora in crescita, certamente in fase di revisione a ribasso, ma questo non ci sorprende, anzi era un processo dovuto considerando le elevate aspettive incorporate nelle crescite delle aziende americane fino ad un mese fa.
Con i mercati azionari americani sotto pressione, si sente sempre più spesso la narrativa sulla possibile fine di quello che viene definito come l'eccezionalismo statunitense. L'eccezionalismo statunitense è l'idea che gli Stati Uniti differiscano intrinsecamente (e talvolta siano superiori) alle altre nazioni a causa del loro sviluppo storico unico, del loro sistema politico e dei loro valori. La nascita del termine viene attribuito a un pensatore politico francese che descrisse La democrazia in America nel 1835 come "eccezionale" a causa delle loro strutture politiche e sociali uniche. Il termine eccezionalismo viene oggi spesso frainteso nel senso di superiorità quando una descrizione migliore sarebbe unicità. Il fatto che l’economia USA possa rallentare oppure avere un trimestre negativo nell'S&P 500 e un paio di azioni delle magnifiche 7 che hanno subito una correzione di oltre il 20%, ci sembra davvero esagerato per definire la fine degli stati uniti. Per ora, sembra una tipica correzione del 10% piuttosto che la fine del paese.
Gli asset di rischio statunitensi saranno instabili nel breve termine perché una correzione era dovuta, ma nel lungo termine, il ritorno sul capitale investito negli Stati Uniti resterà elevato e sta inoltre aumentando anche a causa della deregolamentazione e di un governo comunque molto pro business e a sostegno del settore privato. Questo è per altro vero indipendentemente dal presidente in carica ed è la storia che ce lo dimostra: analizzando le performance degli indici azionari americani si può facilmente osservare come i mercati siano sempre saliti mantenendo un tasso di crescita intorno all`8% all’anno indipendentemente da chi sia stato alla casa bianca. Guarda caso questa crescita dell`8% medio all’anno segue la crescita media storica degli utili aziendali, unica vera variabile che spiega la crescita dei mercati azionari nel lungo periodo, mercati che sono guidati dagli utili, non dalla macroeconomia.
I mercati europei possono salire nel breve termine su questa narrativa di spesa fiscale europea, ma gli Stati Uniti continueranno a sovraperformare nel lungo termine a meno che l'Europa non apporti cambiamenti strutturali per diventare più "amichevole con il capitale" e quindi meno regolamentata.
Quando si attraversano questi periodi così incerti, dobbiamo sapere che esiste un riparo dalle incertezze macroeconomiche e dalle tensioni geopolitiche. Basta concentrarsi sui punti di forza fondamentali dei titoli o in generale degli asset che si posseggono nei portafogli. Dobbiamo quindi pensare alla solidità del bilancio, ovvero avere in portafoglio modelli di business durevoli, società che non sono economicamente fragili e che sono in grado di attraversarsi i periodi di dislocazione, shock, boom e crisi. Società guidate da un team di management che ha dimostrato nel tempo di avere la capacità di adattarsi, di sostenere e rappresentare i propri azionisti, ma anche di resistere alle mode e alle bolle che periodicamente si presentano sui mercati.
Penso che oggi questa attenzione ai fondamentali sia più importante che mai. È più che mai nei momenti di incertezza e nei mari in burrasca che dobbiamo ritrovare la serenità e la tranquillità legata al fatto di avere in portafoglio aziende durevoli con bilanci solidi, team di gestione comprovati in grado di far crescere il business nel lungo periodo, non necessariamente in linea retta, e nemmeno i beniamini dell'iper crescita, ma piuttosto una crescita durevole e resiliente che può essere acquistata a prezzi interessanti.
Se i nostri portafogli hanno queste caratteristiche, la correzione di mercato non può preoccupare ma deve essere vista come opportunità.