Al momento, si dà per scontato che ogni Paese emetta la propria moneta, ma c’è chi si chiede se questa sia la migliore opzione economica. A questo proposito il pensiero di Robert Alexander Mundell (1932-2021), economista canadese, vincitore del premio Nobel per l’economia nel 1999 –ha anche prodotto la teoria della zona monetaria più ragionevole. Trovare punti degni di studio in cose che sembrano essere date per scontate è anche un segno importante per distinguere tra grandi studiosi e frasi fatte. L’integrazione economica e finanziaria mondiale è ora più profonda che mai. Come dovremmo intendere una stessa valuta in questo senso?
Durante l’intervallo ventennale tra le due guerre mondiali, l’economia mondiale era estremamente instabile e le valute di vari Paesi si svalutavano una dopo l’altra. Nessuno aveva il tempo di preoccuparsi seriamente dei problemi economici. Quindi, dopo nel corso della seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti d’America e, in secondo ordine, la Gran Bretagna posero le basi per stabilire la loro leadership globale e sperarono di costruire un sistema monetario unificato: cosa che, del resto, già appariva difficoltosa, per l’esistenza di un campo socialista in fieri, poi diretto inizialmente dall’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.
Washington e Londra volevano stabilire una valuta per uso globale. Sia gli Stati Uniti d’America che la Gran Bretagna proposero i propri piani, ma poiché Washington aveva una forte forza di trazione, alla fine fu approvato e attuato il progetto statunitense, il Piano Keynes – da John Maynard Keynes (1883-1946), economista britannico, padre della macroeconomia. Poiché questa conferenza si tenne a Bretton Woods (New Hampshire, Stati Uniti d’America), fu chiamata Sistema di Bretton Woods – risultato di trattative tenutesi dal 1º al 22 luglio 1944 nella predetta conferenza e sfociati in accordi a guerra ancora in corso. Il significato generale può essere compreso come segue: il dollaro statunitense è agganciato all’oro e le valute degli altri Paesi sono agganciate al dollaro statunitense, con un tasso di cambio fisso. Ciò equivale a unificare la valuta globale in una certa misura.
Possiamo anche vedere dal predetto sistema che deve esserci un Paese con una forza complessiva molto forte per svolgere un ruolo di primo piano, e gli Stati Uniti d’America sono stati sempre ai vertici durante questo periodo. Il significato di ciò è che per unificare il tasso di cambio, ogni Paese non può stampare denaro a piacimento. Se si stampa troppo, il tasso di cambio sarà fuori controllo. Ciò equivale a controllare la quantità totale di valuta globale. Insieme a un tasso di cambio unificato, questo è il sistema più vicino a una valuta globale unificata. Il Sistema di Bretton Woods crollò il Ferragosto del 1971, quando il presidente Richard Milhous Nixon (1913-1994, pr. 1969-74) dichiarò l’inconvertibilità del dollaro, decretando di fatto la fine del sistema di Bretton Woods. Gli Stati Uniti non erano più in grado di garantire la convertibilità del dollaro in oro. L’intento della Casa Bianca era quello di costringere l’Europa occidentale e il Giappone a rivalutare le loro monete, per ridurre il pesante deficit della bilancia dei pagamenti americana: erano gli anni della guerra in Vietnam e gli Stati Uniti d’America videro ridursi le loro riserve auree da oltre 24 miliardi di dollari nel 1948 a 10 miliardi. Quando il sistema di Bretton Woods cessò di esistere, l’Europa si trovò nella necessità di stabilizzare i tassi di cambio intraeuropei per non mettere a repentaglio gli scambi tra i paesi della Comunità Economica Europea (e l’esistenza del mercato unico), costringendo di fatto a individuare quelle soluzioni che portarono nel 1979 alla nascita del Sistema monetario europeo.
Per cui quando lo sviluppo economico di un Paese non è all’altezza delle aspettative, la sua valuta si deprezza, aumentando così il vantaggio di prezzo dei suoi prodotti sul mercato internazionale. La conseguenza positiva è quella di promuovere le esportazioni e ridurre le importazioni (incoraggiare i cittadini a consumare prodotti nazionali e aumentare i ricavi delle imprese nazionali). Ma – e in ogni affermazione di natura economica dovrebbe sempre esserci un “ma” – il deprezzamento della valuta spingerà gli investitori stranieri a ritirare i propri capitali.
La valuta rappresenta in una certa misura gli interessi nazionali. Dove ci sono confini nazionali, ci sono valute nazionali. La premessa per un accordo monetario è che tutti i Paesi facciano parte di una grande comunità all’interno della quale le risorse umane e materiali fluiscano liberamente. Se unifichiamo la moneta, dobbiamo unire i Paesi. Se consideriamo il mondo come un Paese, allora ogni Paese è una banca o un’azienda. Se tutti si sviluppano in modo sano, tutto sarà pacifico. Se un Paese attraversa una crisi finanziaria, la sua valuta si deprezzerà e lo stesso vale per le aziende.
L’emissione di valuta è una manifestazione della sovranità di un Paese e un riflesso del suo potere fiscale. Nelle attuali condizioni economiche mondiali, resta da discutere se i Paesi siano disposti a cedere il loro potere fiscale a un’organizzazione internazionale unificata. Anche se lo fossero, la composizione e i metodi di voto di questa organizzazione sono anch’essi problematici.
In secondo luogo, se il mondo vuole una moneta unificata, avrà bisogno di un sistema unificato, che non è ancora stato formato. La moneta è una manifestazione di ricchezza e sovranità. Una moneta unificata significa ridistribuire la ricchezza e abolire parte della sovranità dei Paesi in tutto il mondo. Le difficoltà coinvolte in questo passaggio “teorico” possono immaginarsi.
L’unificazione della moneta si basa sullo sviluppo economico. Quando c’è un enorme divario nello sviluppo economico tra due Paesi, i loro prezzi del lavoro e altri fattori sono diversi, ma se la moneta è unificata, ciò causerà grandi fluttuazioni nei prezzi, incoraggerà una grande quantità di comportamento speculativo e porterà all’instabilità finanziaria.
Per cui le ragioni fondamentali per cui si impedisce l’unificazione della moneta mondiale sono tre:
1. Le diverse regioni hanno una collocazione geografica ovviamente dissimile e le loro dotazioni di risorse e i livelli di produttività variano notevolmente. Dopo la moneta unificata, il problema della differenziazione economica tra regioni diventerebbe più serio, date tali diversità.
2. Energia limitata e una popolazione in continua espansione costringeranno inevitabilmente alcuni Paesi ad adottare varie misure per espandere i propri interessi e, attraverso mezzi di mercato, questi Paesi saranno saldamente confinati nell’intervallo in cui vogliono altri lo siano. Si dividerebbe ogni luogo in cui vi sia la tendenza alla nascita di organizzazioni e alleanze nazionali che mettano a repentaglio gli interessi della banca centrale che gestirebbe la teorica moneta unica. E ciò è dovuto a pretti interessi economici di parte, che in linea ideale non dovrebbero esserci. Solo quando il diritto di emettere moneta è controllato in maniera rigorosa, e senza vantaggio per una parte specifica, si può avere influenza positiva sulle economie nazionali. Pertanto è chiaro che, nel mondo attuale, l’integrazione globale è probabilmente una lunga strada da percorrere.
3. Il problema più realistico è che la nostra famiglia umana è composta da molti gruppi etnici con lingue, costumi, confessioni, culture, ideologie e identità diverse. Per non parlare del fatto che l’integrazione e unificazione monetaria porterebbe inevitabilmente a una maggiore mobilità della popolazione, che causerebbe una serie di conflitti dovuti alle differenze culturali, linguistiche e religiose. In generale, la moneta è una combinazione delle culture di ogni Paese. Ma attualmente questo è solo un sogno; la realtà sono guerre, discriminazione razziale per cui razzismo, e Nord del mondo che tenta in ogni modo di sfruttare il Sud del pianeta, vestendo paramenti kantiani.
Tuttavia, possiamo vedere che il mondo si sta muovendo verso questa direzione a poco a poco. La stessa volontà dei BRICS di studiare una valuta comune, almeno fra gli aderenti al Gruppo, n’è testimonianza. Il mondo, sia pure a stento e con dolorosi passi, sta diventando integrato, convergente, eliminando le differenze e “standardizzandosi” a una cospicua velocità. I progressi si notano attraverso lo sviluppo delle comunicazioni, attraverso più veloci aerei, navi, treni, reti 3G e wireless, navicelle spaziali, ecc. Il rapido sviluppo delle tecnologie informatiche, dell’intelligenza artificiale, e delle capacità di trasporto ha superato i limiti geografici, rendendo il mondo e tutti i gruppi etnici più strettamente connessi. Le giovani generazioni stanno diventando sempre più simili tra loro, secondo però modelli importati dai social media, da internet, e dai canali di diffusione televisiva e/o simili. Va anche detto che con il miglioramento e la diffusione dell’istruzione, le barriere linguistiche stanno gradualmente scomparendo.
Per cui solo in futuro molto lontano, quando tutte le persone avranno coscienza di essere uguali, e di avere parità di condizioni economiche e benessere, potrebbe essere possibile unificare la moneta mondiale. Un’unica moneta come frutto di un’acquisizione prima di tutto umana e psicologica, e solo dopo di fattori macro- o microeconomici.
Nella foto: il Prof. Giancarlo Elia Valori con Henry Kissinger 56° Segretario di Stato degli Stati Uniti d'America