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Payden & Rygel - Usa: in tempi incerti la flessibilità resta la chiave

di Jeffrey Cleveland, Chief Economist di Payden & Rygel
 
Payden & Rygel - Usa: in tempi incerti la flessibilità resta la chiave
Il nuovo regime tariffario introdotto dall’amministrazione Trump rappresenta uno dei cambiamenti di politica commerciale più radicali della storia moderna e si prevede possa causare un aumento dei dazi effettivi dal 2% al 30%, un livello a cui non si assisteva dagli anni Trenta. Per tracciare un parallelo storico, la svolta del 2 aprile potrebbe essere paragonata alla fine del Gold Standard del 1971, quando il presidente americano Nixon annunciò che il dollaro non sarebbe stato più convertibile e rimborsabile in oro. In un contesto di elevata incertezza come quello che gli investitori sono chiamati ad affrontare oggi, la presentazione del pacchetto tariffario Usa ha generato il caos sui mercati, soprattutto a causa dell’incoerenza della comunicazione e della scarsa logica economica su cui si poggia. La metodologia di calcolo, basata sui deficit commerciali piuttosto che sulle tradizionali metriche economiche, non ha fatto altro che aumentare le preoccupazioni degli investitori.

L’introduzione di nuovi dazi potrebbe essere ricondotta a diversi ordini di motivi: anzitutto la creazione di una leva negoziale nei rapporti con i partner commerciali e, sul fronte interno, di nuovi posti di lavoro, specialmente nel settore manifatturiero; da considerare anche le tensioni geopolitiche con la Cina e la necessità di generare entrate in presenza di un deficit di bilancio federale in aumento. Sebbene ciascuno di questi fattori possa giocare un ruolo, però, la motivazione principale è da ricondurre all’ossessione del governo americano per la riduzione del deficit commerciale, una visione che ignora la realtà dei vantaggi comparativi e del funzionamento delle catene di approvvigionamento globali. In questo scenario, la sfida non è rappresentata solo dall’entità delle tariffe, ma anche dall’incertezza sulla loro attuazione, che frena gli investimenti e le assunzioni.

Occorre ricordare che, sebbene possano essere utilizzati come strumento di negoziazione, i dazi hanno conseguenze reali e immediate sull’economia e rappresentano anzitutto una tassa che grava su imprese e consumatori americani. Le nuove tariffe porteranno a uno dei maggiori aumenti di pressione fiscale in tempo di pace nella storia degli Stati Uniti e avranno un impatto non indifferente sulla crescita economica, le cui previsioni sono state ridotte all’1% circa nei prossimi 6-9 mesi, con un aumento del rischio di stagflazione. Ad oggi crediamo che, dopo uno shock iniziale, il rallentamento dell’economia innescato dai dazi porterà a una normalizzazione dell’inflazione, mentre, sul fronte del mercato del lavoro, qualsiasi flessione nelle assunzioni o aumento dei licenziamenti potrebbe indurre la Fed a un cambio di rotta prima del previsto. Da considerare anche il fatto che l’introduzione di nuovi dazi rientra nella sfera di competenza dell’autorità presidenziale: il potere del Congresso in materia è limitato e la reazione legislativa, per quanto possibile, è impegnativa sotto il profilo politico e procedurale.

Sul fronte dei portafogli, l’incertezza sui cambiamenti di politica globale richiede prudenza: come Payden & Rygel abbiamo scelto di mantenere le allocazioni vicine al benchmark, con un leggero sovrappeso nel credito (anche se ridotto rispetto ai livelli precedenti a causa dell'ampliamento degli spread) e un’estensione della duration, principalmente nella parte breve della curva dei rendimenti statunitensi, in previsione di tagli dei tassi d’interesse. Restiamo leggermente sottopesati sul dollaro Usa, come riflesso dei rischi di politica interna. L’indebolimento del Biglietto Verde in un contesto di stress sui mercati azionari è una dinamica altamente insolita, indicativa dello scetticismo degli investitori nei confronti del clima politico negli Usa. Per quanto, ad oggi non esista una valida alternativa al dollaro come valuta di riserva, se l’attuale traiettoria dovesse continuare, la credibilità degli Stati Uniti come Sistema Paese sarebbe in pericolo.
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