La Federal Reserve ha deciso di tagliare nuovamente i tassi di interesse di un quarto di punto percentuale, portando il costo del denaro in una forchetta compresa tra il 3,75% e il 4%. È la seconda riduzione consecutiva dopo quella di settembre e segna la prima volta dalla fine del 2022 che i tassi tornano sotto la soglia del 4%, a conferma del cambio di rotta della politica monetaria americana dopo due anni di stretta.
La decisione, presa con ampia maggioranza dal Federal Open Market Committee (FOMC), arriva in un momento di forte incertezza, aggravato dallo shutdown del governo che sta limitando la diffusione di dati economici cruciali su inflazione e occupazione. Nel comunicato ufficiale, la Fed sottolinea che “l’incertezza sulle prospettive economiche rimane elevata” e che “i rischi al ribasso per l’occupazione sono aumentati negli ultimi mesi”.
La Banca centrale guidata da Jerome Powell ha inoltre annunciato che a partire dal 1° dicembre interromperà il programma di riduzione del proprio bilancio, ponendo fine alla fase di quantitative tightening avviata nel 2022. Una mossa che segnala l’intenzione di sostenere la liquidità del sistema e di evitare un eccessivo irrigidimento delle condizioni finanziarie.
Secondo la Fed, la crescita dell’economia statunitense procede a un ritmo moderato, mentre il mercato del lavoro mostra segni di rallentamento. I guadagni occupazionali si sono indeboliti, la disoccupazione è leggermente risalita e l’inflazione, pur in calo rispetto ai picchi del biennio 2022-2023, “rimane in qualche misura elevata”. Il doppio mandato dell’istituto, stabilità dei prezzi e massima occupazione, torna dunque al centro della strategia monetaria americana.
La decisione di oggi riflette anche la difficoltà di operare in un contesto di dati incompleti. Lo shutdown ha bloccato la pubblicazione di alcuni indicatori chiave, tra cui il report sull’inflazione di settembre, che secondo le prime stime mostrava una crescita dei prezzi leggermente inferiore alle attese.
All’interno del FOMC emergono posizioni diverse. Alcuni membri spingono per tagli più rapidi e profondi, mentre altri preferiscono un approccio graduale, in attesa di valutare l’effetto complessivo dei precedenti interventi e di chiarire il livello del cosiddetto “tasso neutrale”, quello che non stimola né frena l’economia.