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L'Osservatorio Food Court ha presentato il primo studio verticale sul consumatore

di Confinprese
 
Qual è il profilo del consumatore che frequenta le moderne Food Court all’interno di centri commerciali e luoghi di viaggio? Quali i vantaggi, per landlord e tenant, nel puntare su questo format immobiliare? Raggiunto l’obiettivo, nel 2023, di dare una definizione di mercato alle “nuove piazze della ristorazione” e di stilare una prima mappatura su scala nazionale (circa 160 location in tutta Italia), l’Osservatorio Food Court cresce introducendo importanti elementi di carattere economico e presentando la prima analisi verticale sul comportamento del consumatore, firmata BVA Doxa. La seconda edizione dello studio permanente realizzato e promosso da Foodservice, con il patrocinio del CNCC e le partnership di ATRI, Assofranchising, Confimprese, Federfranchising e UBRI, cui si somma quella tecnica con il noto istituto di ricerca, è stata presenta ieri a Milano alle Officine del Volo in occasione del Food Retail Show, il main event annuale di Gruppo Food.

L’indagine BVA Doxa sul consumatore

Se l’importanza della Food Court nella scelta del centro commerciale viene riconosciuta in modo trasversale da oltre la metà dei rispondenti, laddove presente il 30% la considera anche una “destinazione in sé” (motivo in assoluto di frequenza), percentuale che sale al 48% nella Gen Z. Tra i molteplici punti di vista emersi dalla survey realizzata da BVA Doxa sul format della Food Court, questo è senza dubbio tra i più rilevanti. Nell’indagine, condotta su un campione di 1.506 persone intervistate online su Web panel proprietario, sono stati approfonditi aspetti come la frequenza e le occasioni di consumo, la capacità di attrazione della Food Court, il suo ruolo come “destinazione in sé”, i motivi o le barriere al consumo, i driver d’immagine, gli aspetti più graditi o da monitorare/migliorare.

Importanza della Food Court e frequenza di visita nei centri commerciali

L’importanza delle Food Court nella scelta di un centro commerciale è riconosciuta dalla maggioranza degli intervistati (52%), in modo trasversale a tutte le generazioni. In particolare, il maggior consenso è espresso dalle famiglie con figli conviventi (60%). I frequentatori più assidui sono invece le generazioni più giovani: Gen Z e Millennials hanno la quota più elevata di “high frequency” (più volte al mese), rispettivamente il 58% e il 42%, rispetto alla media totale pari al 38%.

Occasioni e abitudini di frequenza
Ci si ferma alla Food Court a consumare soprattutto quando si va al centro commerciale per fare shopping guardando le vetrine. La maggior parte dei consumatori visita la Food Court nell’arco dell’intera settimana, weekend incluso (41%) oppure nei fine settimana/festivi (37%). Il restante 22% vi si reca invece nei giorni feriali, percentuale che tuttavia cresce notevolmente considerando esclusivamente i Boomers (38%). Tra le diverse occasioni di consumo, prevale il pranzo (41%).

Percezione generale delle Food Court: centri commerciali e travel retail

Considerando l’insieme delle Food Court, la varietà dell’offerta è percepita come il principale punto di forza (media 7,0; voti da 8 a 10: 44%). Al contrario, la presenza di locali trendy (belli, alla moda) è l’aspetto che viene meno riconosciuto (media 6,6; voti da 8 a 10: 33%). Agire per continuare a migliorare gli ambienti, e quindi la stessa esperienza del consumatore, aumenta l’attrattiva delle Food Court. Per circa 6 rispondenti su 10 la presenza di Food Court più in linea con le proprie attese sarebbe un’occasione per frequentare o frequentare di più i centri commerciali, gli aeroporti e/o le stazioni di grande dimensione.

Centri commerciali: il food cresce sia nelle performance che nel tenant mix

Da mero servizio a vera e propria àncora, grazie anche alla crescente diffusione delle Food Court. Negli anni la ristorazione ha conquistato metri quadrati e numero di punti vendita all’interno degli shopping mall. L’andamento del food, tra le categorie monitorate dall’Osservatorio CNCC-EY, a cui partecipano oltre 300 strutture, corrispondenti a circa 10mila punti vendita dislocati su tutto il territorio nazionale, ha visto una crescita dei fatturati della ristorazione nel 2023 del 10,3% rispetto al 2019, a cui si somma un ulteriore +0,6% (dato YTD settembre 2024 vs settembre 2023), contro un totale galleria pari a +0,4%. Questo ha portato la ristorazione a incrementare la propria produttività, con un valore pari a 4.220 euro a mq/anno nel 2023 vs 4.209 euro a mq/anno nel 2022. Parimenti, migliorano le performance della ristorazione, registrando un fatturato medio per visitatore, in crescita da 1,66 euro nel 2019 a 1,84 euro nel 2022, con ulteriore evidenza rispetto ai centri di grande dimensione, che raggiungono i 2,52 euro vs i centri di media dimensioni, fermi a quota 1,14 euro. I rapporti contrattuali, invece, hanno una durata media di 7 anni e prevedono una parte variabile che incide per il 6/7%. Nell’evoluzione del mix merceologico dal 2013 al 2023, il numero di punti vendita di ristorazione è aumentato del 2,4%, arrivando a circa il 14% del totale galleria, differenziandosi dalle altre categorie che registrano, invece, una sostanziale stabilità. In termini di commercializzazioni (let+relet) nel 2023 il Food ha interessato il 20% delle operazioni, che vedono come protagonisti marchi nazionali e internazionali tra i brand più diffusi nelle Food Court italiane. Inoltre, di pari passo, crescono le proposte e i nuovi concept, con spazi migliorati e format rinnovati.

Il Travel retail e le nuove piazze della ristorazione

Le Food Court all’interno di aeroporti e stazioni ferroviarie sono realtà piuttosto giovani, nate nella maggior parte dei casi o poco prima o durante il Covid. Mentre la ristorazione, come offerta, vanta una forte storicità e soprattutto un ruolo primario in termini di numero di punti vendita e fatturato aggregato. Nel campione degli aeroporti analizzati, la Gla commerciale dell’immobile (destinata a Retail – F&B – Duty free) è pari a una media di circa 8.800 mq, di cui 4.200 appannaggio della ristorazione. Tradotto in unità commerciali, a fronte di una media di 51 per aerostazione, 18 sono food. Le Food Court (4 nel campione, a cui si aggiunge quella dell’aeroporto di Venezia non inclusa nel conteggio), vantano una Gla media di 2.100 mq, pari al 37% della Gla allocata al food e a quasi il 14% della Gla commerciale dell’immobile. Il tasso di occupancy è pari al 96% e la rotazione dei punti vendita è molto bassa. Il brand mix delle piazze della ristorazione è composto per il 51% da formule slow, il 40% da formule fast e il restante 9% da format takeaway, con il franchising che cuba il 70% dei locali. Nel dettaglio dei contratti di concessione, la media dichiarata dai landlord nei contesti di Food Court è pari a circa 3.900 euro a mq/anno, cui si aggiunge circa un 3% medio di oneri di gestione. Ma quali sono i driver indicati dalle società di gestione aeroportuale per la commercializzazione di questi spazi? In primis la necessità di trovare brand locali, nazionali e internazionali; definire un’offerta che abbraccia l’intero arco della giornata; infine evitare formule sovrapponibili.

Lato stazioni, GS Retail ha elevato a best practice la Food Court di Napoli Centrale (le altre mappate sono a Roma Termini, Torino Porta Nuova e Milano Garibaldi, quest’ultima del portfolio Altarea-Cogedim). Nello scalo partenopeo, caratterizzato da un’offerta consolidata da circa tre anni, la Food Court si estende per circa 2.800 mq, distribuiti su due livelli, dove insistono 14 locali. Il tasso di occupancy è pari al 100% mentre i locali gestiti in franchising sono quattro. Tra i brand più iconici aperti recentemente, Cuori di Sfogliatella “perché è la prima pasticceria che ha valorizzato e innovato il prodotto sfogliatella declinandolo in decine di versioni, questo le permette di non cannibalizzare il fatturato delle altre pasticcerie, e Nonna Titti, la prima rosticceria con un’offerta pensata per il travel che attrae anche il turista straniero”, rende noto l’azienda.

Ristorazione: Food Court, valore aggiunto?

Da diversi anni la Food Court è divenuta un canale di sviluppo per gli operatori della ristorazione a catena. Il campione di oltre 20 insegne nazionali e internazionali, preso in considerazione in questa edizione dell’Osservatorio, ha evidenziato un piano di sviluppo pari in media a oltre 3 nuove aperture nel 2024 e altrettante nel 2025. Ma, oltre alle new opening, il focus ha interessato direttamente il modello di business delle insegne all’interno delle Food Court. Interrogate sull’incidenza media dei rent sul fatturato in Food Court, è emerso un valore pari all’11%, contro un desiderata di un paio di punti più basso, un’incidenza della parte variabile intorno al 9% e un 6,5% di oneri di gestione comune sul totale del contratto di locazione per punto vendita. In contrapposizione ai contesti stradali o alle gallerie commerciali ma fuori dalle Food Court, il 60% del campione ha dichiarato una marginalità maggiore in Food Court, contro un 14% che ha comunicato un dato inferiore. Nel dettaglio del price point della catena all’interno delle Food Court, il cluster 10-20 euro si conferma anche quest’anno il più rilevante, con una percentuale del 59%, mentre il 32% dichiara un dato inferiore ai 10 euro e il restante 9% sopra i 20 euro. Parimenti, il 41% dei brand ha inoltre dichiarato che questo dato varia in base alle differenti aree Nielsen, con una percentuale di variazione compresa tra 0,1% a 5% per il 45% del campione e tra il 5,1% e 10% per un altro 45% del campione. Il franchising, altra leva di business di primario livello, cuba circa il 18% dei punti vendita presenti in Food Court, con un ruolo sempre più importanti per i cosiddetti “Mumbo” (multi unit, multi brand operator), che incidono per una quota del 43%. In definitiva, quali sono però i punti di forza e i punti di debolezza delle Food Court secondo i player della ristorazione? Tra i plus, spiccano i flussi (77%), la capacità attrattiva della Food Court (55%) e la presenza di intrattenimento (27%); tra i minus, invece, si segnalano la presenza di competitor diretti (41%), la mancanza di soluzioni di intrattenimento e le limitazioni alle strategie di retail marketing, quest’ultime ex aequo con il 36% delle preferenze.
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