Andrea Orcel sembra ormai il re Mida della finanza italiana. Non tanto per i risultati che ha ottenuto e per ''le discese ardite e le risalite'' di cui si sta rendendo protagonista nel panorama bancario (italiano e no), quanto perché ad ogni esercizio, il Consiglio d'amministrazione sembra non avere altra preoccupazione che non quella di dilatare a dismisura le voci del suo compenso annuale.
Esagerazioni?
Beh, lasciamo al lettore giudicare, vedendo che il Consiglio d'amministrazione, nella sua riunione del 12 aprile scorso, ha deciso che bisognava dare un ''ritocchino'' all'insù alle voci della remunerazione dell'Ad.
Ma a quanto ammonta il ''ritocchino''?
Allora, se nel 2023 lo stipendio di Orcel, con le varie voci, era di 9,75 milioni di euro, per il 2024 è stato portato a 13,2 milioni. Cioè, all'incirca 287 mila euro al mese in più, che, se non cambiano la vita, quanto meno l'aiutano. E chissà come saranno contenti i dipendenti di UniCredit che guardando stupiti a quel che accade nei piani alti della banca, senza che nemmeno uno dei rivoli di denaro scenda sulla loro scrivanie.
Questo aumento, a riconoscimento del lavoro svolto, ha però visto molti no tra i grandi investitori internazionali forse refrattari al fascino personale che Orcel esercita. E, a scorrere i nomi di chi ha cercato di opporsi all'aumento delle retribuzione, non ci sono piccoli azionisti, di quelli che nelle assemblee hanno il loro momento di gloria quando contestano tutto, ma pesi massimi della finanza: Aviva, Axa, Bnp Paribas, Bridgewater, Candriam, Credit Suisse, Legal and General, Marshall Wace, Mercer, Neuberger Berman, Nordea, Putnam, Russell, Schroder, Scottish Widows, Ubs, Universal Investment e Zurich.
Ma il CdA non s'è fatto nemmeno sfiorare dal dubbio che una simile scelta potesse essere impopolare, andando avanti per la sua strada.
Guardando ai numeri dell'assemblea, si vede che il punto all'odg relativo alla remunerazione ha raccolto i voti dell'87,9 % del capitale. E sin qui, ci può anche stare. Ma se si vede che i contrari rappresentavano l'11,5 % del capitale ecco che il fronte dei dissenzienti si palesa come una forza rappresentativa in seno al capitale, supportati peraltro, in termini di linea assunta in assemblea, dai pareri di Glass Lewis e Iss che, proxy advisor molto accreditati, avevano da tempo puntato il dito contro il lievitare dello stipendio dell'Ad.
Andando a spulciare il verbale dell'assemblea emerge un altro capitolo interessante: tra gli astenuti, lo 0,45 % del capitale presente faceva capo a fondi emanazione delle Assicurazioni Generali.