Negli ultimi anni abbiamo visto una crescita senza precedenti del mercato, soprattutto per quanto riguarda le quotazioni di società che hanno investito abbondantemente in intelligenza artificiale, e in particolare, in LLM (Large Language Models), la tecnologia alla base di ChatGPT, Gemini, Claude e LLaMA, che ha catalizzato capitali e attenzione mediatica come poche altre innovazioni. Startup e big tech hanno raccolto miliardi, spinti dalla promessa di modelli capaci di rivoluzionare il lavoro, la ricerca e persino l’intera economia, ma ci sono, oltre all’ondata di entusiasmo, segnali che spingono a pensare che si tratti di una bolla. Infatti, se da una parte le IA in generale sono abbastanza consolidate, dall’altra i modelli LLM hanno catalizzato in pochissimo tempo la maggior parte dei capitali e gonfiato le valutazioni di mercato, ed è proprio su questi modelli che si concentra l’hype, ed è qui che, di conseguenza, si manifesta il rischio di una bolla.
Le società di consulenza non aiutano a chiarire i dubbi, anzi, cercano di pompare ancora più i numeri. Secondo Future Market Insight, il mercato dell’AI generativa varrà 167 miliardi di dollari entro il 2032. Dimension Market Research spinge la previsione a 266 miliardi. Fortune Business Insights punta a 970 miliardi, mentre Bloomberg Intelligence fa tombola con 1.300 miliardi.
Il solo fatto che previsioni sullo stesso fenomeno oscillino tra un così grande ordine di grandezza la dice lunga sulla loro affidabilità, in parte queste stime così gonfie funzionano come strumento di marketing travestito da ricerca economica, ovvero, creano attenzione, spingono le aziende a muoversi, e tendono a enfatizzare l’upper bound (lo scenario più ottimistico), perché fa più rumore e più business.
La corsa all’oro si vede anche nei capitali investiti. Secondo EY, nel 2024 le startup AI hanno raccolto oltre 100 miliardi di dollari a livello globale, con oltre il 60% dei deal di venture capital (capitale di rischio) dell’ultimo trimestre legati all’AI. In Europa, la sola Mistral AI è arrivata a una valutazione di circa 12 miliardi di euro dopo un round da 1,7 miliardi guidato da ASML.
Eppure, i ritorni non si vedono. Uno studio del MIT del 2025 rivela che, nonostante investimenti aziendali tra 30 e 40 miliardi di dollari, il 95% dei progetti pilota (sperimentazione di un progetto su piccola scala) di intelligenza artificiale generativa non produce alcun ritorno economico misurabile. Nello stesso studio (The GenAI Divide) rivela che, nonostante investimenti aziendali tra 30 e 40 miliardi di dollari, il 95% dei progetti pilota GenAI non produce alcun ritorno economico misurabili. La colpa non è dei modelli in sé, ma della difficoltà delle imprese nell’integrare gli strumenti nei processi.
Tuttavia, non tutte le esperienze sono fallimentari, infatti, secondo un’analisi condotta da Snowflake nel 2025 su oltre 3.000 organizzazioni evidenzia un quadro diverso, tra gli “early adopter” che hanno già integrato l’AI nei processi, il 92% dichiara ritorni positivi, con un ROI (Return on Equity) medio attorno al 41% per chi lo ha quantificato. La differenza sta nel fatto che per le imprese che hanno saputo spingere oltre il semplice “pilota” e ridisegnare processi e workflow i benefici si manifestano rapidamente.
Non sarebbe la prima volta che l’euforia tecnologica gonfi i mercati oltre misura. Tra il 1995 e il 2000 il Nasdaq quadruplicò di valore, spinto dall’idea che Internet avrebbe trasformato ogni settore. Migliaia di startup arrivarono in Borsa senza un vero modello di business; bastava aggiungere “.com” al nome per attirare capitali. Poi, nel 2000, la bolla esplose: l’indice crollò del 78%, la maggior parte delle società sparì, e solo pochi sopravvissuti come Amazon e Google emersero più forti. La bolla distrusse ricchezza finanziaria, ma la tecnologia di base non scomparve. È lo stesso rischio che corriamo oggi con gli LLM, enormi capitali su aspettative forse eccessive, molti fallimenti inevitabili, ma una manciata di player destinati a dominare il futuro.
Ogni bolla segue un copione ricorrente:
- Prima arriva l’entusiasmo, una nuova tecnologia viene percepita come rivoluzionaria e tutti vogliono investire per non “perdere il treno”.
- Poi le valutazioni si gonfiano, i prezzi crescono a ritmi molto più veloci dei ricavi reali, nascono decine di startup, spesso senza un modello di business sostenibile.
- È a questo punto che affluisce capitale speculativo, attratto più dall’hype che dai fondamentali.
- La fase successiva è lo scoppio: quando i risultati non rispettano le aspettative, gli investitori si ritirano, i prezzi crollano e molte aziende falliscono.
- Solo a questo punto sopravvivono, attraverso la selezione, le imprese con modelli solidi e sostenibili, che diventeranno i leader di lungo periodo. Se davvero ci trovassimo in una bolla, allora saremmo alla terza fase, il che vuol dire che la prossima fase sarebbe lo scoppio della bolla.
Dopo la terza fase possiamo prevedere tre possibili scenari:
Crescita sostenuta
Lo scenario più ottimista. L’hype si traduce in adozione di massa: i costi di addestramento e di utilizzo scendono, nascono strumenti più efficienti, e i casi d’uso si moltiplicano in quasi tutti i settori, dalla sanità alla finanza, dall’industria alla pubblica amministrazione. Le aziende che oggi sperimentano su piccola scala iniziano a integrare gli LLM nei processi principali, ottenendo risparmi, nuove fonti di ricavo e un vantaggio competitivo. L’IA generativa diventa parte strutturale dell’economia e quindi indispensabile per lo sviluppo tecnologico del mondo.
Soft landing
Lo scenario intermedio e il più probabile. Dopo la fase di euforia, i mercati correggono, quindi le valutazioni si ridimensionano, gli investitori diventano più selettivi e molte startup nate solo sull’onda dell’hype falliscono o vengono acquisite. In questo processo di selezione naturale, i grandi player, come Microsoft, Google, Amazon, Nvidia, escono rafforzati, perché hanno già modelli di business solidi, capitali ingenti e infrastrutture globali. L’AI generativa resta centrale, ma con aspettative più sobrie e un ritmo di crescita meno frenetico, sarebbe un atterraggio morbido con capitali ridimensionati ma nessun collasso sistemico.
Hard crash
Lo scenario più drammatico. Le valutazioni crollano, i capitali si ritirano e centinaia di aziende falliscono nel giro di pochi mesi. L’ecosistema entra in contrazione, i progetti in corso vengono congelati, e i CFO tagliano gli investimenti in AI considerandoli troppo rischiosi. Sarebbe un molto simile alla bolla dot-com. Qui l’effetto sarebbe simile, miliardi di dollari bruciati e pochi sopravvissuti che, col tempo, potrebbero dominare il settore. Un crollo di questo tipo avrebbe conseguenze anche sull’occupazione e sulla fiducia del pubblico verso la tecnologia che porterebbe a un circolo vizioso di inutilizzo delle LLM.
Perfino Sam Altman, il volto più riconoscibile delle LLM, ha ammesso che siamo nel mezzo di una bolla. Quanto a lungo potrà reggere l’euforia e quanto ancora i mercati saranno disposti a pagare valutazioni stellari senza ritorni concreti? La risposta determinerà il destino delle startup e dei giganti della tecnologia, ma anche il modo in cui questa generazione di innovazione verrà ricordata: come una parentesi speculativa o come l’inizio di una nuova infrastruttura dell’economia globale?