Ambiente & Sostenibilità

Dobbiamo vendere sostenibilità, non comprarla

di Demetrio Rodinò
 
Dobbiamo vendere sostenibilità, non comprarla
All’Opening Event della Euronext Sustainability Week 2025: industria, transition finance ed energia per competere

La sostenibilità “non è un esercizio regolatorio. È la sfida industriale più importante di questa era”. E ancora: “Dobbiamo vendere sostenibilità, non comprarla”. Con queste parole pronunciate a Palazzo Mezzanotte a Milano, Carlo Alberto Carnevale Maffè (nella foto) (professore di Strategia, SDA Bocconi School of Management) ha messo i primi paletti della Euronext Sustainability Week 2025, che si è aperta con il panel “Driving Growth and Competitiveness through Sustainability”, centrato su semplificazione, sfide tecnologiche e ruolo della finanza nel supportare modelli di business più sostenibili. Sulla competizione globale, Maffè ha affondato:La Cina oggi ha interpretato la sostenibilità come un’occasione di leadership industriale. Ne ha fatto un business”. Ha ricordato che la Cina controlla una quota dominante di capacità in molte tecnologie verdi e lungo la filiera EV; sulle auto elettriche, "la partita è finita". Da qui l’invito a puntare su scienza e politica industriale: tecnologia, scala, reti e un prezzo di mercato che incentivi un’offerta competitiva e una domanda volontaria.

Tecnologia: “Stop burning, start building”

Francesco Starace, oggi alla guida della SBTi, ha riportato il dibattito sul lato della domanda e rilanciato la transizione “dal bruciare al costruire”: meno combustione e più asset elettrici progettati per durare. Ha sottolineato che le trasformazioni in corso sono imponenti ma supportate da tecnologie già disponibili, con un ritmo di sviluppo che rende la transizione non solo possibile ma conveniente. E ha aggiunto che serve anche un cambio di mentalità, prendendo esempio dalla decisione con cui la Cina ha puntato sulle nuove tecnologie.

Regole: semplificare senza svuotare

Dal lato regolatorio, Chiara Mosca (Consob) ha riportato l’attenzione sulla parola “semplificazione”: “La semplificazione non è uno slogan: senza regole più chiare e coerenti il quadro ESG si inceppa — lo abbiamo visto con lo stop-the-clock sulla CSRD (direttiva UE che standardizza e rende obbligatoria la rendicontazione di sostenibilità (ESG) nel bilancio d’impresa, secondo gli ESRS e il principio di doppia materialità). . La doppia materialità è un principio convincente ma complesso da applicare; se restringiamo troppo il perimetro creiamo asimmetrie informative proprio sulle PMI. Servono standard proporzionati, liste informative semplici e un’armonizzazione che tenga conto del contesto globale — anche su difesa ed energia”. L’obiettivo ora è standard chiari e coerenti e disclosure davvero utili alle decisioni.

Moody’s: guardare “oltre il green”

Swami Venkataraman, Global Head of Sustainable Finance Assessments di Moody’s Ratings, ha posto al centro la questione del finanziamento della transizione. Il gap da colmare vale diversi trilioni di dollari l’anno e non può essere risolto affidandosi soltanto ai progetti con etichetta “green”. Il mercato dei Sustainability-Linked Bond, in calo dal 2024 trimestre dopo trimestre (Europa sempre in testa ma in rallentamento), non ha coperto quello che ha definito il grande “spazio di mezzo”: investimenti e attività che riducono le emissioni ma non rientrano nelle tassonomie verdi tradizionali. “Il messaggio che voglio lasciare è semplice: dobbiamo guardare oltre il green”, ha detto Venkataraman. Cioè affiancare agli strumenti esistenti una corsia per i transition loan, prestiti in cui il fulcro non è l’etichetta del progetto ma il risultato di decarbonizzazione che l’azienda si impegna a ottenere con un piano verificabile, target misurabili e reporting solido. In questa direzione vanno la bozza di Transition Loan Principles della Loan Market Association, le linee guida sul methane abatement nell’oil&gas, le tassonomie “di transizione” in Asia e nel Regno Unito e i primi framework bancari per classificare questi prestiti evitando il greenwashing.

La finanza come moltiplicatore

Se i mercati non hanno regole e strumenti per quello “spazio di mezzo”, una fetta enorme del credito resta fuori dalla transizione. Con gli SLB in frenata e un gap da trilioni, il ponte è intuitivo: usare i green bond/loan quando c’è un progetto chiaramente verde; ricorrere ai transition loan quando si tratta di migliorare attività “grigie” ma decarbonizzabili, pretendendo piani, target e dati che dimostrino i tagli di CO₂; e, soprattutto, valutare l’azienda nel suo complesso — CAPEX, governance, esecuzione — premiando chi fa davvero progressi. È lì che si distingue lo storytelling dal capitale che accelera la transizione reale.

La “nuova normalità” ESG: pragmatismo, sicurezza, crescita

Dalla mattinata è emerso un tratto comune: approccio scientifico e pragmatico, meno ideologia. La semplificazione normativa serve a superare quel “narcisismo regolatorio” che rallenta la competitività. «Non possiamo avere la migliore legislazione in Europa costringendo le imprese ad adottarla mentre il resto del mondo si comporta diversamente», ha osservato Chiara Mosca. La sostenibilità, se usata bene, diventa una leva strategica per una transizione efficace, efficiente e misurabile — dentro un contesto geopolitico che influenza scelte e performance e impone maggiore attenzione a sicurezza e resilienza.

Filiera e KPI: un caso industriale

A raccontarlo è Maria Cristina Bifulco, Chief Investor Relations, Sustainability and Communication Officer di Prysmian. L’azienda, leader nei cavi per energia e telecomunicazioni, ha scelto un percorso “scienza prima dei claim”: cinque anni fa ha agganciato i propri obiettivi alla SBTi (l’iniziativa che verifica se i target di riduzione sono allineati alla scienza) e oggi lavora molto sulle emissioni “Scope 3 downstream”, cioè quelle che si generano quando i cavi vengono usati dai clienti lungo tutta la loro vita utile. In concreto significa progettare prodotti con eco-design per consumare meno energia in esercizio, usare l’analisi del ciclo di vita per misurare l’impatto ambientale dall’inizio alla fine e aumentare il contenuto riciclato — spingendo, ad esempio, i fornitori di rame a fornire più materiale recuperato. “Uso la normativa per forzare il cambiamento: non è colpa mia, è la legge”, ha sintetizzato Bifulco. Quando le regole sono chiare e spiegabili, diventano un acceleratore: aiutano a far crescere le competenze interne e rendono più semplice il confronto tra stabilimenti e Paesi.

Imprese familiari: valore lungo, KPI corti

Nel panel dedicato, Ferragamo ha legato durabilità, riparabilità e certificazioni della catena della pelle (LWG) a obiettivi concreti su emissioni e scarti; Green Oleo ha insistito su efficienza e materie seconde, segnalando due freni molto reali — energia cara in UE e concorrenza degli oli tropicali a basso costo in diversi impieghi industriali; Technogym ha messo in primo piano circolarità e impatto sociale: programmi di refurbish, plastiche riciclate dove la performance lo consente, e un ecosistema digitale da oltre 40 milioni di utenti che spinge comportamenti più sani (meno sprechi, uso più efficiente dei beni).

Il messaggio dell’Opening Event è lineare: meno burocrazia compiaciuta e più esecuzione industriale; tecnologia e semplificazione per dare velocità; finanza capace di guardare oltre il green, definendo e scalando la transition finance. In questo incrocio — tra politica industriale, reti energetiche e capitale — si decide se l’Europa venderà sostenibilità o continuerà a comprarla.
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